Recensione di Acquario
Subito dopo l’uscita di Acquario, il nuovo album di Coco, come siamo soliti fare successivamente alla pubblicazione di ogni progetto, noi della redazione ci siamo scambiati opinioni e pareri su quest’ultimo; mi è rimasta impressa un’espressione utilizzata da Alessio (meglio conosciuto come @not8am), che condivido in pieno, per parlare dell’album ma anche del personaggio che rappresenta Corrado in Italia: “Se Coco fosse nato in Canada sarebbe milionario”.
La reference alla musica di artisti di origine canadese come The Weeknd, Drake o Tory Lanez però non è nuova e chi ha l’abitudine di guardare anche oltre il proprio giardino lo sa.
Coco è sempre stato un “rapper moderno”, capace di rappare
su diverse tipologie di beats a ritmi più o meno lenti, spesso contaminati da
palesi influenze Pop o RnB. Infatti, la prima caratteristica che salta subito
all’orecchio è la compattezza di un mood radicato da tempo nella musica di
Coco, un mood che si rifà a quell’urban pop d’oltreoceano e che il rapper
campano ha mantenuto costantemente dai tempi di “Perso con te”, se non da prima
ancora.
Acquario è l’evoluzione di un personaggio che ha mantenuto
quelle bad vibes che un po’ lo distinguono dagli altri artisti della scena
urban e che invece lo accomuna ad un artista come Mecna, con il quale vanta
diverse collaborazioni all’attivo e un certo feeling nei brani veramente
invidiabile, così come dimostra “Se mi perdo altrove”, featuring presente in
questo progetto con la partecipazione inedita di Ernia.
C’è una tristezza di fondo in tutti gli strumenti
comunicativi utilizzati da Coco, un senso di incompletezza per la sua vita e
per quella di chi vuole bene, come se tutti gli sforzi non fossero mai
abbastanza. Accanto ad un blocco unico di tracce nelle quali il mood verte
verso suoni e argomenti non proprio happy abbiamo “Carillon”, la traccia in
collaborazione con Luchè (i due artisti campani sono soliti a collaborare, anche
perché fuori dal business sono grandi amici), e “Non ho più amici” featuring
Gemitaiz (i due avevano già collaborato solo una volta in Qvc 7, mixtape del
rapper romano).
I brani più “forti” all’interno dell’album sono sicuramente
i primi due singoli: “Bugie diverse” e “Dietro front”. Entrambe hanno in comune
un’atmosfera coinvolgente che si sposa perfettamente con lo stile di Coco e il merito
è di D-Ross, produttore di fiducia di Corrado e Luchè, il quale ha prodotto la
maggior parte dei brani. Gli altri produttori che hanno contribuito alla
realizzazione dell’album sono Geeno, Yung Snapp, Star-T-Uffo, Srabi Machine,
Valerio Nazo e Dat Boi Dee.
Ciò che conferisce vitalità a quest’album è il fatto di avere molti brani “forti” e per diversi motivi, nonostante quelli già citati, a mio parere “Forse no” è la traccia migliore del disco, la traccia che mi ha fatto esclamare “wow”: ho un debole per questo genere di strumentali con la chitarra, inoltre l’utilizzo dell’autotune particolarmente azzeccato e la melodia del ritornello han fatto sì che rimanessi fermo sulla mia idea, la quale si rinforzava ascolto dopo ascolto.
L’album si conclude con “Mio (freestyle)”, un flusso di
pensieri ricco di concetti interessanti anche con un risvolto sociale, come ad
esempio: “Non ti rispetto se sei bianco, fra’, e porti le trecce / Non ti
rispetto se usi la parola con la ‘n’ (loser) / Non ti rispetto se lo fai nei
pezzi e, fra’, sei un rapper / Fuori da qui non durereste nemmeno un
trimestre”. Il tema della parola con la ‘n’ ultimamente anche in Italia sta
acquisendo valore e soprattutto rispetto da parte di tutta la scena italiana.
L’universo tormentato di Coco si percepisce però in ogni sfaccettatura di quest’album, anche nelle tracce più leggere. Il nome dell’album infatti non è stato scelto a caso. Per Coco, l’acquario rappresenta tutto ciò che lo circonda, tutto ciò che gli accade intorno, gioie e delusioni, amori e illusioni, un ambiente che però è problematico già dal profondo: l’acquario è un habitat chiuso che altera la visione di ciò che vi è al di fuori, nel quale i pesci, così come Coco, sono fuori luogo, perché la loro vera casa è il mare.
Di Simone Locusta
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