Recensione di Garbage
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“GarbAge” è un disco noioso, ripetitivo, piatto e pieno di cliché.
Questo è quello che probabilmente direbbe nell’approcciarsi all’ascolto dell’ultima fatica di Nitro un ascoltatore prevenuto che si rimpinza di memes scadenti basati sulle idee malsane diffuse nel web.
In realtà “GarbAge” è un disco molto interessante sotto moltissimi punti di vista, soprattutto se confrontato alle ultime uscire nel panorama hip hop.
Il titolo del disco è un gioco di parole illustrativo che si appropria del significato di “garbage” ( che in inglese, significa “spazzatura”), rinforzato dalla maiuscola di “Age” (ndr. anno) facendo sì che il nome del progetto abbia anche l’ulteriore sfumatura di “periodo della spazzatura”, come a voler sottolineare, grazie all’aiuto della cover del disco (Nitro che dorme sopra un trono di spazzatura), che la stragrande maggioranza della musica prodotta oggi è di plastica e soprattutto è usa e getta inquinante.
Già dal secondo dopoguerra, diversi movimenti artistici come il Noveau Realisme o il New Dada guardarono i rifiuti come un materiale artistico da utilizzare in quanto essi erano, e sono, l’essenza del consumismo e della produzione industrializzata; in virtù di tale concetto gli artisti sovvertirono il modus operandi artistico, realizzando opere belle con “cose brutte”, come la spazzatura.
E’ questo probabilmente il file rouge che lega tutto il disco del rapper vicentino, contornato dall’aura di un’araba fenice che, dopo il fuoco dei primi due album, rinasce dalle ceneri dell’ultimo disco.
“GarbAge”, oltre ad essere il titolo del progetto, è anche la prima traccia e come ogni buona intro che si rispetti, il brano deve essere in grado di presentare il tutto e deve essere capace di dare un antipasto stuzzicante a chi si appresta a fruire del prodotto. All’ascolto della prima traccia si può subito capire che ci si trova davanti ad un disco prettamente introspettivo, fatto in primis per sé stesso e poi per gli altri. La prima strofa è una lunga auto-descrizione che tramite immagini esemplificative descrive la condizione dell’io lirico e stigmatizza tutte le paure,le ansie e i timori dell’inettitudine contemporanea che vorrebbe evitare, la seconda parte della canzone è invece un ego-trip fatto di avvitamenti tecnici atti a colmare le insicurezze illustrate poc’anzi (non a caso in “Avvoltoi” con Fabri Fibra lo stesso Nitro dirà “Siamo figli della noia e l’ego trip”).
Se provassimo infatti a fare una disanima dell’intero corpus di tracce che ci troviamo davanti, si potrà notare, subito a primo impatto, che le tracce sono divise tra quelle connotate da una melodia più greve e cupa e quelle caratterizzate da sonorità perfettamente adiacenti ai sentimenti più privati e intimi.
Seppur campeggino principalmente due stati d’animo, l’album offre al fruitore una vasta scelta di prodotti tranquillamente recidibili e collocabili nelle proprie playlist: se “OKAY”, “No Privacy/ No Caption Nedeed”, “MURDAMURDAMURDA” e “Come non detto” saziano i mai paghi di tecniche e incastri, i più sentimentali e bisognosi di musica che accarezzi le loro orecchie si rifugiano in “Saturno”, “Wormole” e “Libellule”.
“Avvoltoi” con le chitarre elettriche sporche del grunge, “Gostoso” dai sample tipici del funk brasiliano e “Blood” caratterizzata dai synth dubstep elettronici ripagano chi invece, saturi delle classiche sonorità, spera da tempo di sentire i flow di Nitro su tappeti musicali evoluti, innovativi ed inediti.
I featuring nostrani (in ordine: Lazza, John Thiele, Fabri Fibra, Tha Supreme, Gemitaiz, Dani Faiv, Giaime e Doll Kill) concorrono ad apportare al disco delle rifiniture che se avesse applicato Nitro sarebbero risultate monotone, infatti le strofe metricamente imponenti di Lazza o Gemitaiz portano freschezza tecnica evitando così pesantezza e ripetitività. Fibra, in ottima forma, e Giaime mettono piede in due ambientazioni quasi appositamente create per loro per agevolarli nell’espletare le proprie peculiarità al fine di donare al disco ulteriore una maggiore spinta. Menzioni d’onore le meritano Ward 21, il gruppo giamaicano dancehall che porta con sé una sonorità tipicamente raggae nel brano “MURDAMURDAMURDA”, (tributo a Lou X , con sample e citazione a “La ragione e l’odio” , “sono un bastardo senza dio né stato”) e a Ocean Wisdom, esponente del garage, del’hip hop made in UK, che giunge nella Penisola e registra un atipico formidabile extrabeat, come a voler dare sfoggio di una grande prova di abilità, segno che il rap italiano inizia ad avere un segnalino di riferimento sulla cartina europea.
Oltre all’impalcatura di Garbage, alla struttura dei singoli brani e dei featuring, è giusto anche dare importanza alle prove canore offerte da Nitro nel pacchetto musicale durante 43 minuti. Nei precedenti lavori abbiamo avuto alcuni assaggi di un’ottima estensione vocale che facevano presagire l’intento del rapper vicentino di esercitare il suo particolare timbro di voce per metterlo a servizio dell’approccio canoro; infatti in questo progetto ciò che si può rinvenire, oltre ai canonici vocalismi, falsetti e qualche acuto, sono anche i tentativi di growl, tecnica vocale gutturale impiegata negli emisferi musicali metal. La volontà di aver messo dentro un’abbondante componente cantata e il minimo impiego d’autotune, fa sì che tale disco sia stato percepito, già nel suo stadio embrionale, come qualcosa da suonare in live; una specie di rito purificatorio che il cantante-performer, a mo’ di sacerdote, deve intonare dal vivo per far sì che lui e suoi fan , cantando insieme, si scrollino di dosso i pesanti massi che si portano appresso.
Un progetto con tale titolo e con una copertina simile può fare in modo che subito, nell’ascoltatore più diffidente, si innesti il ricorrente giudizio affibbiato a Nitro del sobillatore complottista delle folle ribelli pronto a somministrare verità preconfezionate, ma questa volta non ci troviamo davanti ad uno sputa sentenze: in “GarbAge” Nitro non vuole educare, vuole solamente sensibilizzare. Le frecciatine politiche e i riferimenti sociali possono apparire spiccioli per un giovane adulto sulla via della formazione, ma esse possono avere invece acquistare il valore di un pizzicotto per i teenagers o per i più piccoli che imparano il testo a memoria senza preoccuparsi del contenuto. Oltre alle stoccate politiche e sociali, sono presenti anche riferimenti pungenti alle due principali piattaforme plasmatrici del gusto musicale sui social network (Esse Magazine e la pagina di meme “Chiamarsi MC tra amici senza apparenti meriti lirici”), accusate rispettivamente di mancanza di criterio e di farsi carico di un giudizio critico inadatto.
A permettere la chiusura dei sipari c’è “Libellule”, che nell’ultimo bridge, come ricompensa per essere arrivati alla fine, lascia all’ascoltatore la definitiva chiave di lettura, il passepartout per comprendere il fine ultimo del progetto:
“E sceglierò la via più semplice/Di plasmare la materia usando i decibel, yeah, yeah/La mia dimensione è qui/Un punto fermo nello schermo di un drive-in”
L’artista in questione può dare vita ad un’opera selezionando, prelevando, assemblando. Costruire vuole anche dire accendere la scintilla dei processi di pensiero; è così che Nitro prende dei reperti diversamente destinati all’oblio, la spazzatura ( intesa come gli argomenti del disco e la musica stessa), li afferra dal destino di merce inutile e inutilizzabile e, tramite la voce, dà loro nuova vita, non producendo un prodotto imperituro, ma un composto di materiale edibile e assimilabile per l’ascoltatore. Dietro tutto ciò c’è la consapevolezza che la propria produzione artistica è solo un puntino esposto in un punto in cui si passa di sfuggita, ma comunque lì presente, davanti agli occhi di tutti quelli che vorranno osservarlo, senza mai dimenticare che in un mondo di plastica, è più facile produrre che smaltire.
Di Riccardo Bellabarba
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