Nel 2010 il rap italiano iniziava ad entrare dentro ogni club: il genere, fino a dieci anni prima considerato spacciato, si dimostra invece più vivo che mai.
Pure se in modi diversi, Fabri Fibra, i Club Dogo e Marracash raccontano una scena milanese sulla quale è da poco calata la sera e sulla quale di conseguenza si sono appena accesi i riflettori.
Lontano dalle piazzette e dai navigli, dai salotti, lontano dall’infinita e cupa notte milanese, invece, sta albeggiando.
Una Roma abbandonata dalle istituzioni si staglia dinanzi a noi. Quel che vediamo è una città decadente, dove fa talmente caldo che muoiono anche le mosche, che ti vive e ti consuma, che potrebbe tranquillamente essere uscita da “Mad Max” tanto è inospitale e polverosa. L’afa ci fa perdere il fiato e le parole si fermano in gola, le uniche con cui descrivere questa scena rimangono solo quelle di Noyz:
Fuori albeggia, splende il sole sui palazzi, sulla breccia
Noyz Narcos – Zoo De Roma (Guilty, 2010)
pe strada solo il suo della macchina che sfreccia
si sporca la città, mentre la vista mi si intreccia
sta vita te sfregia, primo non se cazzeggia!
[…]
Live dal nascondiglio, a fanculo il Presidente del Consiglio
De lo Stato ‘ndò so’ nato e non so’ fijo
Fanculo il sindaco Alemanno e i tirapiedi
Questo posto è merda per convince a crescerci i miei eredi
Noyz, l’ultimo e il primo dei reietti, si fa simbolo non solo della sua città, ma della lotta alle istituzioni che hanno abbandonato l’Urbe a se stessa. Il rapper si scaglia direttamente contro il presidente del Consiglio, all’epoca Silvio Berlusconi, ed apertamente contro l’allora sindaco Alemanno, vicino ad ambienti di estrema destra. Qua non siamo in “Angeli e Demoni” di Ron Howard ma in “Demoni” di Lamberto Bava e Dario Argento: in un posto che ti uccide senza che tu possa opporti, solo l’arte ti può salvare.
La “svolta in major“. Che paura. Non tutti sono riusciti a passarci senza rimanere indenni, chi prima chi dopo, e la generazione dell’ottavo Re forse è stata una di quelle più penalizzate da questo fastidiosissimo dente da togliersi per raggiungere il benessere.
In questo momento è normale firmare con Warner, Sony o chi per loro; quando la carriera inizia a decollare, nel 2010 si trattava ancora di uno scendere a compromessi mal visto dalla scena.
Avevamo visto artisti incastrati dentro al loro personaggio, depoliticizzarsi, semplificarsi e più in generale “vendere l’anima al diavolo“. Vista da questa prospettiva, l’astio verso le major era comprensibile.
Cosa c’entra tutto ciò con Noyz Narcos? Beh, come poteva “vendere l’anima al diavolo” il Diavolo in persona?
Noyz scrive “Guilty” puntando ad uscire con una grande etichetta, ma alle richieste di quest’ultima di rendere il progetto più conforme e ripulito, la doppia Enne non ci sta e pubblica il “disco della svolta” da indipendente, prodotto dalla sua Propaganda Records(poi distribuito da Universal).
“Guilty” quindi non è stato pensato come un capitolo successivo, quanto come un entry point per il nuovo pubblico che la major avrebbe portato, senza ovviamente dimenticare il passato. Un reboot-sequel, un Re-quel: lo Scream V di Noyz Narcos.
Cambia anche il modo di raccontarsi, alla scrittura aggressiva e strozzata del primo Noyz si affianca un personaggio più riflessivo e profondo, che ha iniziato a tirare il freno appena in tempo per salvarsi, ma troppo tardi per non vedere da vicino molti suoi compagni di viaggio schiantarsi.
Noyz fa ancora il tatuatore quando scrive “Guilty”, ma allo stesso tempo si rende conto che i tempi del raccolto sono maturi: si può vivere di musica. È quindi doppia l’anima che si prospetta in “Guilty”: il ragazzo affamato incontra l’icona diventata simbolo di una città e cantano in simbiosi unendo la rabbia del giovane con la consapevolezza del maturo.
“Spingo forte, non c’è problema
Noyz Narcos – M3 (Guilty, 2010)
Com’era zi’? “Nema problema”
Gratto soldi e sorrisi molti, ma ‘n c’è problema
Negli arnesi roba seria
Sgobbo mesi e sto in miseria
A fotte’ co sti figli di puttana te ne vai in miseria”
È da brividi il modo in cui Noyz nella title track del progetto renda ben chiaro che il concetto di colpevolezza espresso nel titolo ruoti in primo luogo attorno al senso di colpa del sopravvissuto, di chi è l’unico tra i suoi amici ancora persi tra dipendenze e crimini, ad avercela fatta.
Ho visto la sconfitta dentro gli occhi dei miei mejo amici
Noyz Narcos – Guilty (Guilty, 2010)
[…]
So quanto vorrei tirare i miei fratelli fuori dalla merda
Vederli sorridere una volta senza venti grammi d’erba
[…]
Mi rompo i pugni sulle superfici
Colleziono sopra il corpo segni, tagli, tatuaggi e cicatrici
E il fuoco degli amici morti brucia dentro i nostri corpi
Sempre scoglionati o storti ecco perché non li sopporti
Cambia la scelta dei featuring aprendosi alla scena, i tre nomi citati ad inizio articolo non sono solo tre simboli di quella scena lì, sono tutti e tre presenti nel disco, rendendolo effettivamente interessante pure per chi era estraneo alla scena di Roma. Quelle tre collaborazioni però non hanno solo scopo commerciale, servono ad integrare Noyz come “uno di loro”. Ci stanno dicendo “Noyz Narcos è uno dei big della scena“.
La conferma di ciò avviene quando, accompagnati dalla leggenda J-Ax, tutti gli artisti citati si riuniranno due anni dopo in “Le Leggende non Muoiono mai” di Don Joe e Shablo, traccia simbolo di quella scena in cui Noyz fa da apripista per gli altri. E gli storici collaboratori di Noyz? Ci sono tutti(quasi).
Appaiono Cole e Metal Carter nella traccia manifesto “Musica Truce“, appare ben tre volte Duke Montana, accompagnato anche da Chicoria ne “L’ultima chiamata” ed appare un altro simbolo dell’underground, anche se non romano, Nex Cassel. Quindi di nuovo, un incontrarsi di due mondi, letteralmente mettere i Club Dogo nella stessa traccia con DJ Gengis.
Cambia il modo di produrre. Il disco è affidato quasi interamente a Sine che ne cura quindi ogni dettaglio e crea una vera e propria colonna sonora al racconto di Noyz. I suoni grezzi e aggressivi della batteria, del piano e dalla chitarra vengono continuamente accostati da queste supersaw acidissime sulle quali Noyz sembra nato per rappare. Un’accoppiata non inedita, che verrà anche spesso riproposta (con mia somma gioia), ma che funziona dannatamente bene.
A me piace definire Noyz “un rapper d’atmosfera“, capace di enfatizzare molto il mondo che il produttore vuol creare, mischiandolo però con “Il Truce“, generando quindi delle vere e proprie esperienze, quasi cinema senza immagini, ma figlie dell’unione di due visioni diverse(vedrete tra due settimane con Localz Only). Con Sine no. Con Sine Noyz dà il 100% e disegna a parole la sua Roma come mai prima d’ora.
Cambia Noyz. Perché, ormai abbiamo di fronte un king dell’underground in grado di sfidare a testa alta le major senza compromettere la sua attitudine grezza, fatta di «rabbia e sangue tra cassa e rullante». Facendo un’ulteriore citazione a “Sotto Indagine”, con “Guilty” Noyz ha scritto il nome bene in alto per davvero. D’altronde, il cielo resta il limite da superare.
Con la collaborazione di Matteo Mirabella.
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