“King Del Rap” non è solo un disco, ma un’affermazione di status impossibile da ignorare per il pubblico così come per la scena. Un’autoproclamazione così impattante non può lasciare nessuno indifferente e obbliga chiunque a posare lo sguardo su chi ha avuto questo ardore, segnando un punto di svolta nella carriera di Marracash.
Come Giordano ha scritto nel capitolo precedente della “Marragrafia”, dopo il debutto, c’è la gavetta, dopo la gavetta, se tutto va bene, il successo, poi infine l’affermazione, che è il fine ultimo di questo terzo album del rapper di Barona.
Marra gioca sul significato della parola come quando scrive i testi, passando da quello professionale in cui “affermazione” simboleggia il consolidamento del proprio nome all’interno della scena, a quello linguistico, dove l’affermazione diventa l’atto con cui si dichiara un fatto o un’opinione. Letteralmente afferma la propria affermazione, incoronandosi re del rap italiano.
La figura del re implica già di per se una serie di sfaccettature: il sovrano si occupa di politica, di guerra, diventa leader e condottiero, ricavandone dei benefici e degli agi consoni a tale carica.
Marra ne comprende ogni aspetto, identificando la strada da percorrere per dare autorevolezza alle sue parole; sa che gridarlo al mondo lo porrà istantaneamente sotto la lente di ingrandimento, nel bene e nel male, rendendo indispensabile che questo album sia il più possibile inattaccabile.
Se in “Marracash” era un emarginato che osservava tutto dall’esterno, con “Fino a Qui Tutto Bene” ha avuto la possibilità di entrare in contatto con ogni lato del mondo che lo circonda, studiandone le carenze e offrendo delle soluzioni nel momento in cui sarà il “King Del Rap”.
La prima parte dell’album è la dichiarazione vera e propria, in particolare l’intro e title track, dove Marra conferma una volta in più le sue qualità da rapper con tecnica di altissimo livello e ostentazione, accostando i temi hip-hop di “Rapper/Criminale” ad altri più leggeri, figli dell’agio a cui è arrivato, come “Didinò” o “Giusto Un Giro”.
Qui conferma anche le qualità da leader mostrate in “Roccia Music 2”, concedendo un’occasione a un giovane dalle belle speranze, un “Emis Killa” ancora a inizio carriera e poco più che emergente (cosa che farà anche con un giovane sardo nell’ultima parte del progetto).
“È il ritorno del principe, Marra Terzo il Terribile
Marracash – King Del Rap (King Del Rap, 2011)
Rap Osiride, tu come osi riderne?
Solo chi non è capace dice che è impossibile
Sfondo quel limite, e dico fuck, fac-simile”
Questa necessità di imporsi, di venire riconosciuto , è figlia del disco solista precedente “Fino A Qui Tutto Bene” che non è stato in grado di convincere completamente, ricordato ancora oggi come il capitolo più vacillante della sua intera carriera. Un soldato colpito dalle lame delle critiche, che si lecca le ferite e ritorna più forte e consapevole, pronto a rifarsi destituendo chiunque si trovi davanti alla sua strada fino alla cima della catena alimentare.
Tuttavia questo bisogno quasi morboso di mettere una pezza ad alcuni errori non porta solo pregi ma anche qualche difetto: molte tracce risultano forzatamente indirizzate verso altri generi come l’EDM e la dubstep, come “Didinò” e “Marragaddon”, che straniscono l’ascoltatore se affiancate ad una maggioranza più tradizionalista e fedele allo stile di Marra. Coi dischi successivi sarà in grado di guardare più lucidamente alle tendenze extra rap riuscendo a migliorare anche la sua anima più pop, che raggiungerà il suo apice in “Noi, Loro, Gli Altri“.
Il blocco centrale del disco dimostra che Marra può essere un condottiero, capace di guidare un esercito. Qui troviamo in rapida sequenza la créme della créme del rap italiano con i Co’Sang (in italiano, quasi a riconoscere di essere al cospetto del re e all’interno del suo reame), Guè, Fabri Fibra, Jake La Furia, Salmo (ai tempi anche lui in non ancora affermato, ma col sennò di poi possiamo citarlo tra i grandi), Entics e J-Ax.
Qui rende la sua figura di re legittima, mostrando di saper leggere il mondo e le sue dietrologie, ponendosi a guida in grado di sollevare problemi e proporre soluzioni, un diplomatico che non teme il confronto con nessuno, dalle istituzioni ai media passando per pubblico, industria musicale e chi più ne ha più ne metta.
“È miraggio, che basti essere capaci
Marracash – Sabbie Mobili (King Del Rap, 2011)
Quanti ne ho visti scavalcarmi, rampolli, rapaci, raccomandati
Quanti ne ho visti fare viaggi, e dopo non tornare
E restare, spaccare e affermarsi”
“”Nessuno lascia le poltrone, niente si muove
Marracash – Sabbie Mobili (King Del Rap, 2011)
Nessuno osa e nessuno dà un’occasione
Impantanati in queste sabbie mobili, si muore comodi
Lo Stato spreca i migliori uomini”
“Baby, ti dico amiamoci, non possediamoci
Marracash – Ne Cura Ne Luogo (King Del Rap, 2011)
Non prendiamoci in giro
Che già tutto il resto è uno schifo
Ma tu eri di tutti come l’accendino e io non vivo
Ora che ho più scadenze della roba che ho nel frigo
Nella prossima vita vorrei essere uno sportivo
Così se sono il più bravo, cazzo, è oggettivo
Il capitalismo mi ha reso competitivo”
Ma questa sua totalità nello schierarsi di fronte al male del mondo pesa su di lui, sa di essere umano dopotutto e sceglie di non nasconderlo, di umanizzare quella figura inarrivabile che così rimane in contatto con la gente comune.
Riflette su cos’ha sacrificato per giungere sul trono, su quegli aspetti che i soldi e lo status non possono comprare come gli affetti, la libertà e l’amore. Si trova perfino ad intrattenere un discorso con la morte “in persona“, immaginando cosa ne sarà del suo regno quando sarà morto, visualizzando il suo lascito e la percezione che il mondo avrà di esso.
“Spararsi è come confessarsi, ammettere di essere anormali
Marracash – …Quando Ero Vivo feat. J-Ax (King Del Rap, 2011)
E ora perdonatemi tutti i peccati
Che pena, si fingerà mio amico ogni collega
Gente che da vivo sopportavo a malapena
E qualcuno c’ha basato una carriera intera
Se eravate miei amici, dove eravate quella sera?
È strano il destino, da divo a divino
Incido più sul mondo ora che coi dischi che ho inciso”
Le ultime due tracce sembrano quasi essere un risveglio dal suo delirio di onnipotenza, in cui Marracash si rende conto di essere solo un rapper e che, dopotutto, non serve necessariamente fare politica per scrivere musica, e lascia la presa con due brani meno complessi, “In Down” e “Marragaddon”.
Come abbiamo detto precedentemente, “King Del Rap” porta con sé delle scorie. Lo è nello svolgere la funzione che abbiamo analizzato finora, ma non è esente da critiche, e non è invecchiato nel migliore dei modi. Innanzitutto il comparto delle produzioni, molto figlio dei primi anni ‘10, a risentirlo oggi risulta incastrato nel passato, con quei sound che abbiamo citato in precedenza, che sono durati pochi anni nel rap e non (per fortuna).
In alcuni pezzi, inoltre, la frivolezza dei temi trattati cozza un po’ con le tracce più impegnate. Non sto dicendo siano pezzi brutti anzi, ma è giusto dare un’occhiata anche all’altro lato della medaglia.
Anni dopo Marra dirà: “Ho detto King Del Rap e nessuno a detto beh”, sottoscrivendo come nessuno abbia mai messo in dubbio o controbattuto alle affermazioni uscite da questo album. Marra supera il disco dell’affermazione brillantemente, sedendosi sul trono in cima alla catena alimentare e indossando la corona che lo identifica come numero uno.
A questo punto della sua carriera non ha più niente da dimostrare, ma ha finalmente la possibilità di sedersi e riflettere, nonostante di li a poco sarà chiamato a difendere il suo “Status”.
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