In seguito al rilascio di “Plaza” – secondo album in studio del rapper salernitano – è evidente che le aspettative nei confronti dello stesso non fossero certamente alle stelle. Al contrario, in molti si domandavano quale strategia sarebbe stata adottata per cercare di rivitalizzare un progetto come quello targato ‘Capo Plaza’, rimasto schiavo di una formula ormai scricchiolante e assolutamente insufficiente in termini di soddisfazione. La risposta è arrivata qualche settimana fa con “Goyard” – qui positivamente recensita – che, senza particolari stravolgimenti, si era fatta manifesto di un certo tipo di attitudine appartenente al noto artista. E, in questo senso, evitare forzature e soprattutto inutili discorsi riguardo una (presunta) raggiunta maturità artistica avrebbe potuto giovare in passato all’immagine di un ragazzo che, dopotutto, non ha mai voluto abituare i suoi sostenitori più accaniti a qualsivoglia genere di sperimentazione.
Ma bando alle ciance, ‘Hustle Mixtape‘, nuovo attesissimo progetto del salernitano, è stato subito descritto, al momento del suo rilascio, come un fine “esercizio di stile“, capace di metterne in luce due aspetti fondamentali quali coerenza e versatilità. Ebbene, in tutta onestà, non potrebbe esistere nulla di più distante dal vero. Poiché il cosiddetto “esercizio di stile” non è composto, ahimè, da alcun genere di novità, e no, non bastano certo le venature in stile anni ’80 contenute in brani come “Capri Sun” per giungere ad una conclusione simile. Hustle Mixtape, al contrario, non è nient’altro che l’ennesima riproposizione dell’immaginario artistico del più classico Capo Plaza, che se una volta poteva dare l’impressione di aver stancato a causa dell’adozione di una simile strategia, ora potrebbe tranquillamente considerarsi colpevole di tale reato.
Perché se è vero che l’immaginazione avesse palesemente cominciato a scarseggiare già dal precedente ‘Plaza’, è altrettanto vero che il nuovo mixtape, principalmente drill-oriented, non abbia certo ovviato a tale problema. Così, la “coerenza” – in realtà sinonimo del conservatorismo più sfacciato – finisce per trasformarsi nella solita, stantia formula, ripetuta all’infinito, e con un particolare accento posato su una gradita variante aggressive; mentre la “versatilità” è praticamente relegata ad appena due/tre brani piuttosto sottotono all’interno di un progetto che ne conta in tutto una dozzina: stiamo parlando della già citata “Capri Sun”, della deludente “Giungla” ma anche di “RapStar“, un brano dal gusto più classic che, a differenza dei suoi limitrofi compagni, sembrerebbe convincere sotto numerosi punti di vista.
Insomma, è difficile immaginare in che modo potrebbe cambiare da qui in avanti il percorso musicale del salernitano in seguito a questa nuova fatica. Se cercherà di operare una strategia di rinnovamento, per intenderci, o se più semplicemente preferirà continuare a battere lo stesso terreno di appartenenza, e con tutti i rischi che potrebbero derivarne. ‘Hustle Mixtape’, in fin dei conti, rasenta la sufficienza e non sfigura di fronte al capitolo precedente – di gran lunga ben peggiore -, ma nel contempo non entusiasma e non accresce certo alcun tasso di interesse, nonostante la presenza di nomi altisonanti del panorama internazionale come Russ Millions, Gazo, Leto e Koba LaD. In altre parole, rimane al suo posto e si inserisce in punta di piedi all’interno della discografia del rapper, quasi confidando in una dimenticanza del pubblico, lo stesso che meno di un anno fa era impegnato ad ascoltare un’altrettanto deludente deluxe edition. E per (semi)citare le parole di una grande penna come quella di Erich Maria Remarque, si potrebbe concludere con un titolo come “Niente di nuovo sul fronte Capo Plaza“, il quale, però, a sua volta finirebbe per suggerirci un serio interrogativo circa la sua musica: per quanto tempo potrà ancora resistere un tale stato di cose?
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