Leggo da quando ho 6 anni. Da più di vent’anni, mi siedo, apro un libro, accendo il proiettore dietro le mie pupille e immagino. Creo persone, voci, ambienti, oggetti; li vedo, li percepisco come reali, come se fossero sempre stati nel mio orizzonte di vita. Ho bisogno di trovare concretezza tra le parole scritte, di rendere tridimensionale quel flusso d’inchiostro bidimensionale; se non riesco a farlo, mi perdo.
Quando ho messo in play la prima traccia di “Futuri Possibili“, sono riuscito a trovare gli stessi appigli che anelo leggendo la pagina di un romanzo. Libri usati, magliette oversize, una piantina di basilico che ha bisogno di essere annaffiata; un paio di Ray-Ban sistemati su un comodino, un vecchio vinile di Battisti e un armadio strabordante. Cose, oggetti ritratti di scorcio, ma capaci di raccontare una vita intera, con tutte le sue contraddizioni e complessità. Ho attivato la cinepresa e ho iniziato a immaginare, canzone dopo canzone, per 13 tracce, per 40 minuti; e non mi sono perso.
La voce narrante, malinconica e delicata, è quella di Franco126.
Nella mia stanza tutto è lasciato a caso
Franco126 – Nottetempo feat. Giorgio Poi (“Futuri Possibili”, 2025)
Pile di libri usati e di magliette oversize
C’è il poster di un film horror sulla parete
Ed un basilico che muore di sete
Nella tua stanza tutto trova il suo posto
Anche quel paio di Ray-Ban che una volta era mio
C’è un disco di Battisti su uno scaffale
Ed un armadio pieno fino a scoppiare
“Futuri Possibili” è il terzo album in studio di Franco126, arriva dopo ben quattro anni dal suo predecessore, “Multisala“, ma a soli due da “Cristi e Diavoli“, il joint album della Love Gang.

Il disco sembra scritto di getto, come se il suo autore avesse avuto l’incontenibile urgenza espressiva di raccontarci qualcosa. L’album, infatti, narra la fine di un amore, intreccia i fili della fine di una storia, descrive la parabola discendente di un sentimento. Lo fa, come dicevo poco sopra, soffermandosi sugli oggetti che una rottura abbandona nella vita di ciascuno.
Fin da “Polaroid” la scrittura di Franco126 si è distinta per la sua materialità, per la capacità di dar vita ai sanpietrini, ai nasoni, alle sigarette e alle birre; a tutti quegli oggetti immersi nella quotidianità che portano tatuati le impronte digitali di chi le usa. Scene di vita di poco conto, ma testimoni di tutta un’esistenza. “Futuri Possibili” non tradisce le aspettative e costruisce un vero e proprio inventario di un’assenza: la storia di un amore che si spegne si riverbera in tutti ciò che che materialmente ha reso reale la relazione passata.
Come credi possa essere un addio
Franco126 – bella mossa feat. coez (“Futuri Possibili”, 2025)
Se il tuo spazzolino è ancora accanto al mio?
Resta un orecchino
Franco126 – Ancora no (“Futuri Possibili”, 2025)
Le tue chiavi, il tuo maglione blu
Niente di più
Come ho detto, Franco non mi ha fatto perdere. Mi ha preso e mi ha traghettato nel dolore nauseante di una rottura, nella rassegnazione malinconica di chi sa di aver perso una parte di sé, tra gli infiniti rimpianti e tutti i futuri (im)possibili. Lo ha fatto, però, usando parole bellissime. Il disco risulta curato parola per parola e, tra l’infinità di oggetti affastellati a testimoniare l’amore che è stato e che non ritornerà, c’è una cura poetica, che rende Franco126 degno del blasonato titolo italiano di “cantautore”.
“Prima dell’alba“, la sesta traccia del disco, ha una struttura anomala rispetto alle canzoni dell’album: il brano, infatti, è composto da un’unica lunga strofa, incastrata tra due ritornelli. Tra i versi, Franco racconta l’ultimo incontro con lei, prova immaginare ipotetici scenari diversi, riscritture di una storia che ha un finale già noto. Lo fa con un’attenzione formale incredibile:
Sembravi così triste che ho avuto l’impressione
Franco126 – Prima Dell’Alba (“Futuri Possibili”, 2025)
Che il mondo si zittisse e non trovasse le parole
Che fossero sparite, finite chissà dove
Nascoste in piena vista come le persone sole
Nella contraddizione tra parole comuni e immagini metaforiche, tra i “vabbè” e i “ci sta“, c’è Franco126 che inietta nell’insignificante vita di tutti i giorni la potenza della poesia.
Sembra banale dirlo, ma “Futuri Possibili” è pieno di solitudine. La voce narrante smania da solo nel letto, macina chilometri cercando un riflesso nei finestrini dei treni, vaga irrequieto per le due vie che la separano dalla casa di lei. Quasi in uno stato di alienazione, Franchino riesce a descrivere il ritiro sociale che racconta molto dei nostri tempi. Oltre a Franco126 e all’assenza della persona a cui si sta rivolgendo, non c’è nessun altro. L’unica che assiste a questo dialogo senza interlocutore è la città di Roma, onnipresente nell’intera produzione del membro della Love Gang. Così in “Quattro Fermate“:
La città non dorme più di quattro ore filate
Franco126 – Quattro Fermate (“Futuri Possibili”, 2025)
Ha il sonno leggero e basta un fiato a farla svegliare
Mi accompagna nelle notti lunghe come autostrade
In cui i miei pensieri prendono le uscite sbagliate
Se da un punto di vista tematico il disco è monopolizzato dalla fine di una relazione, dal punto di vista musicale regna la sperimentazione. Il progetto è interamente curato da Golden Years, giovane producer romano che si è occupato dell’impianto sonoro dell’album, riuscendo a fornire varietà e leggerezza ad un progetto che rischiava di morire schiacciato dal peso della monotonia.
Golden Years sembra specchiare Franchino, riflettendolo e capovolgendo il segno delle sue parole: molte tracce, infatti, presentano una discrasia tra la malinconia del testo e la leggerezza del comparto sonoro. In questo modo, il disco acquista una godibilità musicale che oltrepassa la sofferenza dei singoli brani.
Tracce come “Nottetempo” in collaborazione con Giorgio Poi e “Quattro Strade“, dalle sonorità più scanzonate, accolgono l’ascoltatore con melodie dolci, batterie vivaci e un tripudio di luminosità, nonostante le liriche. Se in “Due Estranei” con Fulminacci Golden Years costruisce su Franco una base quasi up-tempo, in “Vampiro” con Ketama le atmosfere si fanno quasi rock.
La sperimentazione non si ferma qui e la varietà sonora arriva a toccare anche il rap. A differenza di “Stanza Singola” e “Multisala”, molto lontani dall’anima hiphop di Franco126, “Futuri Possibili” si fa forte dell’esperienza di “Cristi e Diavoli” e accoglie anche tracce smaccatamente rap: l’indie rap di “Bella Mossa” con Coez convive con le sonorità più trap di “Angelo“, senza mai raggiungere lo smaccato boom bap dal sapore più old school di “Occhi Ingenui” con Ele A.
13 sono gli scenari immaginabili, 13 i futuri possibili che Franco conta sulle sue mani; altrettante sono le rassegnazioni, gli sbalzi d’umore, la convinzione di aver fatto la scelta giusta e la certezza che sarebbe potuta andare diversamente.
Il disco termina e con sé porta qualche sorriso amaro, tanta malinconia e molta tristezza, la stessa che definisce l’immaginario che gravita intorno al suo autore. Franchino rappresenta l’anello di congiunzione tra il cantautorato della Roma notturna, lo sporco delle rime sul cemento e la leggerezza dell’itpop all’Italiana e “Futuri Possibili” condensa al meglio la sua pluralità artistica.
Tolgo le cuffiette, ma non spengo la cinepresa dietro i miei occhi. Scorrono imperterriti tutti i “Futuri Possibili”. Li lascio immaginare anche voi. Dietro questo disco si cela la dolcezza di tutto ciò che sarebbe potuto essere, ma che non sarà mai.
C’è un futuro in cui ti svegli sempre prima di me
Franco126 – Futuri Possibili (“Futuri Possibili”, 2025)
Esci in fretta e non fai in tempo neanche a bere il caffè
Un altro in cui sei sempre via
E casa tua è anche casa mia
Uno in cui abbiamo un mutuo, un figlio e un cane
E una pila di bollette da pagare
In cui non ti ho mai detto una bugia
E non si è mai spenta la magia
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