Recensione di Occhiali da luna
Cala la notte
e la città dorme, <s’accascia su=”” un=”” fianco=””> e il ritmo delle cose
rallenta, tutto è avvolto nell’oscurità, tutto è nero anche ad occhi aperti. Lo
scrittore con gli occhiali da luna vede nella notte quello che gli altri non
possono vedere, per lui il ritmo, ora calmo, della citta è silenzio che si fa
melodia e in una cornice evocativa fatta di cose che diventano personaggi, come
la pioggia che e Tenebra che gioca con i lampioni, vive
un’altra esperienza. si presentano le
condizioni per la poesia e i pensieri, solitamente evanescenti e difficili da
definire, nel momento dell’ispirazione si fanno più accessibili. Così, , perché scrivere un racconto o una canzone, nel
caso di Murubutu entrambi, ha inevitabilmente a che fare con la finzione e in
questo senso si tratta di una bugia ma con l’arte un uomo riesce a dare alle
idee e ai sentimenti concretezza. Scambiando il
finto diventa reale.</s’accascia>
La finestra
poetica si chiude, come tutte le cose belle è transitoria e con Dutch Nazari cambia
il punto di vista, è lo scrittore ora a prendere la parola, . Conoscere o conoscersi per curare le
sofferenze è un tentativo di sopravvivenza vecchio come il mondo, ti estì
avrebbe detto Socrate, beata ignoranza avrebbe detto mia nonna. Tra
questi due poli si trovano i primi quattro versi, tra il conoscere per curare e
il soffrire perché si conosce. L’artista si mostra anche lui più umano, meno
speciale, l’atmosfera da surreale si fa quasi quotidiana e così il linguaggio, dal
vocabolario del rap spunta fuori e con questo l’artista con
tutto il pubblico è trascinato fuori dalla dimensione dionisiaca della prima
strofa. Si inserisce nel racconto un altro personaggio di cui non conosciamo i
tratti ma capiamo che c’è dall’inaspettata premura dello scrittore che si fa
piccolo respirando . Chi è nel letto è come la
puerile studentessa di Albachiara, quando è assorta,
e per questo non deve essere svegliata.
Possiamo immaginare
che la notte stia oramai per giungere al termine, Willy Peyote fa uscire dallo
studio lo scrittore scendendo . La persona rimasta
in camera paradossalmente si fa per noi più nitida, è una donna e forse si è
accorta dell’uscita. Amare qualcuno implica la condivisione degli aspetti più
intimi della propria vita, conoscerli, parlarne, permette di costruire una
relazione che superi la naturale insicurezza iniziale per poter arrivare poi a una
certa libertà di esprimersi nei confini della coppia. Se ciò è vero per un
verso dall’altro , considera lo
scrittore, perché stringere un rapporto può voler dire anche lasciare in mano all’altro
un po’ di sé e sacrificare un po’ della propria libertà fino a sentirsi
costretti a un guinzaglio. L’uomo può ritrovare quindi la sua intimità solo
uscendo nella città deserta, così si spiega la necessità di correre giù per le
scale. L’uscita nasconderebbe allora i tratti della fuga e se così fosse la
studentessa di prima è agli occhi dello scrittore in realtà più come la donna
di “Una canzone per te” di Vasco Rossi. Ormai troppo grande per riconoscersi in
una canzone che la dipinge , per cui chiedersi:
perché ostinarsi a parlare di lei? Ma finisce che non si sa perché, e nell’estatico momento dell’ispirazione è lei ad
apparire nei pensieri dello scrittore.
Finisce che <sull’asfalto bagnato=””>, nella nuova solitudine, il nostro uomo si sente come Robert Neville di “Io sono leggenda” per lo meno finché tutti dormono. Il passaggio di un’auto accende in lui un’epifania perché mentre la notte scivola in un altro racconto con essa l’artista perde i suoi poteri, dileguandosi alla luce del sole.</sull’asfalto>
Di Ludovico De Santis
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