Disclaimer: l’articolo è stato scritto a quattro mani con la collega Alice Tonello.
Avete visto i canvas e le promo del nuovo disco di Elodie? Inutilmente espliciti, provocatori, volgari quasi, come se la prima impressione volesse attirare solo due estremi di persone: gli squali attirati dal sangue, e coloro che decidono di andare oltre la superficie per vedere se gli autori di quel prodotto hanno qualcosa da dire. Niente vie di mezzo quindi. O si discute o si ragiona, non sappiamo per certo se quello era o meno l’intento dietro Red Light, ma ora che siamo rimasti solo noi, pronti a discutere o a ragionare, vorremmo raccogliere tutte le reazioni e sensazioni collezionate in questi giorni e mettere nero su bianco una considerazione più globale, per cercare di capire cosa stia succedendo.
Guardiamo subito negli occhi “l’elefante nella stanza” e diciamolo: la maggior parte delle artiste, in un modo o in un’altro, è stata o viene tutt’ora sessualizzata dal mercato a partire dalla metà degli anni novanta. Questo di certo non va ad influire sulla qualità della musica, è ovvio, ma ci porta a farci altre domande, spostando, fin troppo spesso, il focus dalla qualità del contenuto, alla qualità del “contenitore”, detta metaforicamente.
Innanzitutto, perché? Una risposta facile sarebbe: “perchè per attrarre il fruitore all’ascolto, una bellezza dirompente e sfacciata è sicuramente una buona arma”.
Una tesi più elaborata noterebbe quanto: “questi progetti viaggiano al di fuori dei confini con lo scopo di ampliarli, di eliminare tabù, uno scopo nobile, quindi”.
E ci sarebbero mille altre risposte possibili. Quale sarà quella vera? Beh, lo sono un po’ tutte.
Il mercato musicale e l’assetto comunicativo che gli orbita intorno sono alcuni dei meccanismi più complessi che si possano analizzare. Nessun progetto discografico avrà mai un solo messaggio, target o intenzione, è tutto rivolto a grandi numeri che generano variabili potenzialmente infinite.
Ma torniamo a noi: Elodie (e chi per essa), che ha combinato? In realtà ha solo fatto il suo lavoro, ha inciso un disco e lo ha pubblicizzato secondo quel che è il suo progetto editoriale, la polemica nasce appunto sull’impronta che si è data alla comunicazione.
Elodie si presenta ammiccante come non mai, spudorata e svestita di ogni vergogna nel raccontarsi all’interno di Red Light, ma secondo molti ha esagerato rasentando il volgare ed il cattivo gusto.
“Mi vorrebbero vestire, mi vorrebbero coprire
Elodie – Elle (Red Light, 2023)
Ma sono qui per provocare”
La stessa artista gioca all’interno del progetto sulla provocazione, sa bene che il pubblico darà un giudizio su quel che sta facendo, cerca di rendersi, come ci dice la stessa artista a La Confessione, intervistata da Peter Gomez, una “Jennifer Lopez italiana”. Cantante, ballerina, attrice, showgirl, addirittura cubista – nel caso di Elodie – e modella. JLo è un paragone tosto da reggere, ma la nostra sembra benvoluta dal pubblico, l’attrattiva non le manca di certo, il talento men che meno, cosa può andare storto?
Il progetto ha diviso l’opinione comune: chi ha recepito il messaggio e colto la libertà sbandierata fra una movenza sexy ed un nudo ammiccante, e chi dichiara fermamente tutto ciò abbia oltrepassato i limiti. Il visual passa oltre la musica, la vista supera il suono e ciò che ci resta dopo l’ascolto è più l’immagine di lei che l’immagine che lei avrebbe voluto creare.
Ma la colpa è di Elodie? Eppure suo intento era anche nobile e come ci insegna Paolo Bonolis, quando lavori con lo spettacolo oltrepassare il limite è necessario per non diventare uno dei tanti.
Se la colpa,invece, fosse del pubblico che vuol vedere solo l’aspetto esteriore di un’opera? No, lo abbiamo detto prima, l’artista sceglie il suo pubblico. Ma la colpa non è neanche dell’artista, allora di chi? Confrontandoci, un primo concetto a noi è sorto chiaro. Di recente pare vi sia una sorta di pattern, uno schema operativo messo in atto non solo dall’artista, ma in primis dalla discografia italiana, reale factotum di questa circostanza. Lo schema è “cantante sì, ma anche modella. O così, o resti nella nicchia“. La sfera sessuale ormai è argomento sdoganato, anche e soprattutto, finalmente, nei progetti delle artiste italiane. Eppure, vi sono molte modalità con le quali viene scelto di parlare di sesso e di libertà sessuale.
C’è chi fa leva su uno stile e un’eleganza unici, come per esempio Rose Villain o Annalisa, i cui album ribadiscono gli stessi concetti appena citati, ma oltre all’appearance questi arrivano al pubblico attraverso i testi. C’è poi chi punta sui piccoli dettagli, uno storytelling incisivo, tagliente, spesso intricato, appagando il desiderio di “proibito” nei testi, come Madame. E poi c’è chi, come Elodie, sceglie di puntare tutto (o quasi) sulla sua bellezza dirompente ed un’ottima presenza scenica.
Per tirare le somme di una questione che, dopo queste riflessioni rimane più aperta che mai, Elodie non è altro che l’ennesima cantante-burattino che per “sopravvivere” o per far passare il suo personale messaggio è dovuta sottostare alle leggi di mercato, o la satira, lo scandalo, le discussioni aizzate erano esattamente i risultati che voleva ottenere?
Starà ai posteri dire se, qualunque sia l’intento, sia riuscito o meno. A clickbait sicuramente è un successo. Ma tu, ascoltatore o ascoltatrice, Red Light lo ricordi per Elodie e il suo fascino disarmante, o per la musica, i pezzi, i testi?
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