Composto da un prefisso “sopra, oltre”, e da una radice che significa “peso, forza, violenza” il termine hýbris presente nella tragedia e nella letteratura greca rappresenta nella sua etimologia l’oltraggio, la tracotanza, la superbia.
Più nello specifico, un accecamento mentale che impedisce all’uomo di riconoscere i propri limiti e di commisurare le proprie forze: chi ha ambizioni troppo elevate e osa oltrepassare il confine posto dagli dei alla propria natura pecca di hýbris pretendendo di eguagliarsi agli stessi attirando così la loro “invidia” e causando sciagure umane generate dalla loro ira.
L’orgoglio che, derivato dalla propria potenza o fortuna, si manifesta con un atteggiamento di ostinata sopravvalutazione delle proprie forze che porta inevitabilmente alla condanna e alla caduta.
L’ascesa vertiginosa di Kid Yugi rappresenta proprio la costante ricerca di travalicare i propri limiti culminata nel rilascio di “The Globe“, album d’esordio del giovane rapper tarantino.
Ricerca che sfocia in un immaginario delineato di citazionismo e atmosfere cupe che fanno da contorno a uno spiccato liricismo tra il crudo e il sopraffino , caratteristiche che hanno determinato l’ascesa vertiginosa del talento proveniente da Massafra.
Kid Yugi con “The Globe”, riferimento all’omonimo teatro costruito nel 1599 dalla compagnia a cui William Shakespeare apparteneva, i Lord Chamberlain’s Men, ci porta nella sua personalissima rappresentazione teatrale formata da 12 tracce, 4 ospiti e 11 produttori. Ed è proprio il teatro il fil rouge che accompagna l’ascoltatore lungo tutto il progetto e che si può apprezzare già dai titoli dei diversi brani oltre che alla moltitudine di riferimenti presenti nelle barre capaci di spaziare dal teatro al cinema fino alla letteratura e ai videogiochi.
Si apre il sipario, si accendono le luci della ribalta e l’artista/attore entra in scena sul palcoscenico con l’introduzione mentre in platea cala il silenzio, “Hybris”, prima traccia del disco, ci catapulta in quello che sarà il topos ricorrente di tutto il percorso, il preannunciare della catastrofe, l’antefatto che darà vita alla tragedia stessa e gli argomenti che in seguito verranno trattati e le dirette conseguenze sull’animo dell’artista.
Introspezione che si protrarrà lungo tutta la tracklist condita di citazionismi e riferimenti come “Kabuki”, in cui il dramma tradizionale giapponese dalle maschere caratteristiche diventa metafora della rottura degli schemi, creando una spaccatura nei canoni musicali della scena portando qualcosa di nuovo e differente senza espedienti, “No Gimmick” appunto, raccontando con autenticità quello che vive unendo lo slang americano al dialetto dando un tono identitario alla sua figura apprezzabile in “Grammelot”, così chiamato da Dario Fo in riferimento al linguaggio scenico agrammaticale e asemantico fatto di versi e imitazioni a lingue e dialetti utilizzato dai giullari nella commedia dell’arte.
“Questa vita è un teatro ma io non ho un personaggio”
Kid Yugi – No Gimmick (The Globe, 2022)
Si figura così l’oltreuomo Kid Yugi, “Sturm und Drang”, sesta traccia piena di significato già dal titolo in riferimento alla corrente letteraria e movimento culturale tedesco, da vita con toni apocalittici a quell’inquietudine moderna rappresentata dal desiderio dell’impossibile, motore che permette all’artista di andare avanti e sopravvivere.
I toni diventato più crudi, sul palcoscenico non è solo ma ad accompagnarlo durante lo spettacolo ci sono Kira, Sosa Priority, Artie 5ive e Tony Boy, molto più che semplici collaboratori ma veri e propri personaggi secondari che fanno il loro debutto nel viaggio personalissimo iniziato dall’artista.
In sottofondo una folta schiera di produttori, 11 in totale tra cui Ksub, Depha Beat e Junior K che giocando con le sonorità più cupe e profonde creano atmosfere suggestive che contribuiscono alla forte introspezione presente in tutto il disco.
Pur avendo riscontrato nel breve periodo un successo tale da farsi notare anche dai big della scena nostrana, non ci sono nomi altisonanti in The Globe; e sappiamo bene che tramite la major sarebbe stato estremamente facile ottenere un featuring che all’interno dell’andamento globale del progetto lo avrebbe fatto schizzare in classifica , magari raggiungendo anche una fetta maggiore di utenza, ma l’artista decide comunque di non intraprendere questa strada, apparentemente più breve, ma rischiosa, sotto il punto di vista della realtà dei fatti da narrare.
Continua così lo spettacolo che a piccoli passi da amatoriale e indipendente diventa colossal, trasformandosi ben presto in tragedia, si figura così l’ultimo atto a contatto con quelli che saranno i demoni interiori non solo dell’artista ma della persona stessa. Il mood del disco cambia radicalmente con l’avanzare delle tracce, volendolo definire ci troviamo davanti ad una vera e propria catabasi dantesca; è come se il giovane artista decida di portarci con lui nei meandri più cupi ed infernali del suo animo, come diretta conseguenza di ciò anche le tematiche si fanno sempre più importanti e personali dando forte impronta alla componente umana. Kid Yugi pur essendo molto giovane ha un bagaglio di esperienze non indifferente e le tematiche affrontate sono tutt’altro che leggere parlandoci appunto della sua infanzia, delle sue esperienze, del suo stile di vita che lo ha portato a spingersi all’eccesso fino ad arrivare all’amore.
La parte più intima e introspettiva di The Globe si apre con tappeti melodici più morbidi e solenni dando modo di ampliare la narrazione e dare la possibilità al protagonista di iniziare il suo monologo con “Paradise Now”, il primo passo verso la ricerca di una redenzione dal suo passato, ma pieno di ostacoli e fantasmi che lo inseguono facendolo affogare in quello che sarà il suo inferno.
L’artista scava sempre più a fondo, il monologo si fa più tragico, ripercorrendo l’amore viene fuori la catastrofe, “l’ira degli dei”, la diretta conseguenza dell’andare oltre i limiti imposti raffigurando così quello che si accennava nell’intro, la sciagura che porta alla rassegnazione dell’attore verso la morte e i propri rimpianti che lo porteranno alla dannazione.
“Ho il terrore della morte perché è quello che mi spetta
Kid Yugi – Il Filmografo (The Globe, 2022)
Lo so che lei mi aspetta e vuole fare in fretta”
Il colpo di scena finale, “Il ferro di Cechov”, in riferimento all’omonima pistola, tecnica narrativa in cui una situazione o a un altro elemento della storia appare all’inizio della vicenda ma di cui si comprende il significato, attraverso una improvvisa rivelazione, solo più avanti.
Il vissuto viene a galla, la maschera dell’attore protagonista va in frantumi, l’io dell’artista comunica direttamente con l’ascoltatore diventato vero e proprio spettatore del dramma messo in scena, comunicando le proprie fragilità, i dubbi, le rassegnazioni mentre inerme si appresta a ricevere la propria condanna per le sue trasgressioni.
Si chiude il sipario, sul palco è rimasto Francesco, spoglio delle vesti dell’artista/attore Kid Yugi, il precipitare nell’inferno delle sue paure diventa reale e non più raffigurazione teatrale, ma la rassegnazione lascia spazio alla rivalsa e da punito ne esce simbolo, un anti idolo che dei peccati ne ha fatto la propria forza per rialzarsi e portare con orgoglio le cicatrici a testimonianza del suo passato.
“Finché non mi ossido, finché non marcisco
Kid Yugi – Il Ferro di Čechov ( The Globe, 2022)
Finché mi consolo con cose che uccidono
Finché mi abbandonano senza un addio
Finché mi critico dico: “Fallito!”
Finché la fine sarà un lenitivo”
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