Levarsi le cuffie dopo aver ascoltato un disco è l’atto che precede la creazione di una forma embrionale di giudizio. Da lì poi muta, si intaglia, come si fa con il legno. Il confronto fa riflettere e se non sei una persona onnisciente (tranquillo, non lo sei), è probabile che risulti fondamentale per la costruzione finale del tuo pensiero sul progetto.
A maggior ragione se il protagonista dell’ascolto è Niky Savage. Le discussioni sono fioccate come la neve in inverno, le opinioni contrastanti in redazione hanno fatto emergere un’unica grande verità: parlare di Niky Savage è più difficile di quanto possa sembrare.
Il rapper milanese, di origini napoletane, ha pubblicato da pochi giorni “RAPPER”, il suo primo album ufficiale. Il progetto è il risultato di anni di singoli ed EP propedeutici alla costruzione di un personaggio che si nutre tanto dell’amore dei fan quanto dell’hating.
Egocentrismo, gossip, sicurezza nei propri mezzi: Niky è un rapper che fa discutere, è divisivo come pochi altri nella scena attuale e il motivo va oltre il gusto musicale. Nicholas crea scompiglio, è diretto, si è messo contro Tony Effe e un’intera fanbase (per poi chiarirci), è esplicito nei testi, e potrei continuare. Ma quindi?
Intendiamoci, Niky Savage sarà pure diretto a livello testuale, alcune delle sue barre risulteranno per qualcuno sessiste e di cattivo gusto, nell’atteggiamento risulta un personaggio spocchioso, ma non si tratta del primo rapper nella storia a costruire un’identità su aspetti di questo genere.
Ma allora perché sembra dare così tanto fastidio?

Quando si parla di lui, sembra si tenda a parlare tanto del suo modo di essere e meno della sua musica. Il suo immaginario risulta antipatico a molti, perché è stereotipo di ciò che piace alle nuove generazioni e che a quelle precedenti risulta indigesto. Se non ti piace Niky Savage è perché non sei tu il target di riferimento e non c’è niente di male in questo.
Questo non vuol dire che sia incriticabile, anzi. I suoi testi non spiccano, così come il suo flow che tende ad essere decisamente monocorde. Si punta all’immaginario e alla sinergia con Blssd, il suo producer di fiducia. Spesso non è abbastanza.
Nicholas usa una struttura che si ripete, ha una sua formula dalle liriche poco complesse, un timbro super particolare ma che, allo stesso tempo, per molti può essere considerato come uno dei suoi pregi e uno dei suoi tratti distintivi.
Guai però a fermarsi sulla superficie: in “RAPPER” c’è più di quanto sembri, Niky Savage regala pezzi di sé tra gli scorci di bella vita e li mette in rima proprio come fanno i rapper (strano eh?).
“Questo che mi giudica, penso: “Non è nessuno”
Niky Savage – SLOT ft. Lazza (“RAPPER”, 2025)
Davvero non vedе che c’è carne sotto il fumo?
Ho sofferto il doppio di quеlli che ascolti tu, bro
Se ‘sta roba non va, puoi andartene a fancu–”
L’album è come un figlio per un artista, il primo poi è giusto che sia lo specchio di ciò che sei e di ciò che vuoi far vedere. La commistione di queste due cose deve trovare il modo di stringere la mano al mercato in cui, diciamolo, Niky Savage è comunque ben inserito.
Nel disco infatti sono presenti nomi importanti come Lazza o Artie 5ive, ma ci sono anche nomi inusuali pensando a figure come Niky. Non è un caso che l’autore abbia scelto di chiamare anche Nayt e Jamil, il primo un partner perfetto per realizzare un brano più intimo come “COSE CHE NON POSSO DIRE”; mentre il secondo, un po’ uscito dai radar, gode della stima di Niky e fitta benissimo con la sua musica per stile e attitudine.
Se vogliamo, Niky Savage è un po’ il Jamil della sua generazione, entrambi si nutrono dell’hating, trasformando il dissenso in un valore e fidelizzando chi invece è dalla tua parte. L’importante è che se ne parli.
Quando hanno iniziato a parlare di “Rapper” di Niky Savage, avrai notato la sua comunicazione, soprattutto se segui i principali media di settore. Avrai notato sicuramente la fantasia camo dominante, sia negli striscioni che nella cover del disco, dove Niky è al centro della scena in questa eccentrica e lussuosa cameretta, in cui ogni cosa sembra essere decorata da questa fantasia che si esprime in diverse sfumature di colore.
Le varie sfumature di camouflage sono la chiave per leggere il primo disco di un artista estremo e controverso, ma allo stesso tempo in target con i trend. Il ruolo del camouflage è proprio quello di permettere una migliore mimetizzazione in un ambiente dominato da una tonalità di colore, e Niky nel corso del progetto ne veste di diverse.
Proprio come si fa indossando una tonalità camouflage, Niky Savage si mimetizza nei vari ambienti del rap del nostro tempo, tinge in vario modo il costume del rapper medio del momento: bel faccino, tatuaggi in vista, esaltazione di uno stile di vita eccentrico e dispendioso fatto del banale trio “money, p*ssy e alcohol”, come ci insegna il buon Pusha T.
Ma quindi, cos’è che dà fastidio di Niky Savage? Forse è veramente un discorso di carattere, apparenza e differenza generazionale. La sua sfacciataggine e il suo modo di atteggiarsi pesano sul giudizio della gente, non tutta. In molti apprezzano il suo personaggio.
La domanda però sorge spontanea: perché nella stragrande maggioranza dei casi questo approccio alla musica viene elogiata come attitudine, mentre con Niky Savage viene considerato un atteggiamento sbagliato? Non si va oltre il preconcetto.
A questo punto sarebbe più giusto dire che Niky Savage non piace per la sua musica, ma una critica basata unicamente sul personaggio è da ipocriti. Niky Savage fa il rapper, proprio come tutti gli altri e forse meglio degli altri che dopo anni ad essersi professati tali oggi rinnegano il loro passato.
Il suo primo disco è un calcio in faccia a chi credeva che Niky fosse solo un artista da trend, niente di più niente di meno. L’artista mette in chiaro che lui è un rapper e da tale vuole essere considerato, dimostrando nell’intero disco l’appoggio di tanti elementi della scena sia di spicco che in rampa di lancio, sia di chi sembrava più compatibile al suo stile (Lazza, Artie 5ive, Rhove, 22simba), sia di chi all’apparenza sembrava non esserlo (Nayt e Jamil).

Il rapper per antonomasia è ambizioso, materialista, spesso figlio di un passato difficile. Niky è il perfetto esempio del ragazzo della sua generazione alla ricerca di qualcosa di grande a tutti i costi, la sua voce graffiata e bassa sembra essere il mezzo per il raggiungimento di questo risultato. Un figlio del capitalismo, col sogno di diventare qualcuno, come se ne vedono da generazioni.
In alcuni brani più sentiti, Niky Savage ha raccontato la sua storia, quella di un ragazzo di strada milanese che non studia e pensa al divertimento, proveniente da una famiglia povera con dei disagi, come l’assenza di un padre. Ma ciò che rende Niky Savage un prodotto diverso dagli altri è che non ha minimamente l’intenzione di uscire dallo stereotipo che egli stesso rappresenta.
Sono veramente encomiabili le diverse citazioni, passando da alcune barre di Marracash, di Jake ai tempi dei Dogo, dei primi brani di Giaime, del gioco di parole di Ghali in “Dende” che fa riferimento alle varie evoluzioni di Abra, di Jamil in “Most Hated”. Tutto ciò dimostra che Niky ha sempre puntato al rap di qualsiasi tipo, lo ha sempre osservato.
È proprio questo l’impatto che dà “Rapper”: il disco di un artista che vuole essere il rapper per eccellenza, probabilmente diventare anche un simbolo, vuole fare di tutto e in tutto si è cimentato, mescolando le varie tonalità dell’hip-hop italiano (nella title track ci sono persino gli scratch).
Ma c’è ancora tanto lavoro da fare e va dato a Niky Savage il tempo giusto di costruire la sua strada. Intanto una cosa l’abbiamo capita: Niky Savage non vuole solo fare jingle. Ora non gli si può più dire di non essere un rapper, lo è diventato a tutti gli effetti. Anche se un po’ un perso nel suo personaggio, ma forse a lui va bene così.
Di Valerio Bellabarba e Simone Locusta
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