Quanto aspettavo di scrivere questa recensione.
Ricordo ancora quando 2 anni fa Simone mandò sul gruppo “Record Deal”, la prima traccia di “Globo”. Mi taggò e “Frà, questa è roba tua”. Una giovane rapper di periferia, le atmosfere di Turbe Giovanili, la noia della Svizzera borghese, un’attitudine da anni ’90 confermata a furia di barre e incastri sui kick e gli snare di beat jazz rap, funk rap, soul rap, old school. Sono rimasto folgorato
Per molti Ele A ha rappresentato un’enfant prodige, la stella HipHop in controtendenza alle melodie della trap, controcorrente rispetto ad un rap italiano sempre più ibridato ad un indefinibile urban. Eleonora rappa, e basta. Lo fa strizzando gli occhi ai giganti di cui cavalca il dorso. Nella sua ossatura ci sono Biggie, Nas, 2Pac, le Turbe di Fibra, la ballotta di Neffa, il Piombo a Tempo di Guè.
Eppure la rapper svizzera, con le tasche piene di pilastri HipHop, non è mai risultata stantia alle mie orecchie: rimescolare il passato per rileggere il presente, divorare i classici per digerirli, metabolizzarli e farli propri. In bilico tra passato e futuro, lì, nell’interstizio tra due dimensioni temporali antitetiche ci sono i pixel di Ele A.

“Pixel”, il disco di esordio di Ele A, è disponibile su tutti i digital store a partire dal 10 ottobre del 2025 ma se quella stessa copertina fosse uscita il 10 ottobre del 2005, nessuno avrebbe storto il naso.
Pixel Art, baggie jeans a vita bassa, occhiali da sole tecnici e veloci, Asics e New Balance Silver, The Sims e le WordArt, Paint, Internet Explorer, Anastacia e il Millennio che sta per far saltare tutti i computer del pianeta.
La campagna di lancio di “Pixel” lancia chiunque se ne imbatta indietro di 30 anni, in quel giro di vite tra il 1995 e il 2005.
Ele A ha ammantato la promozione del suo primo progetto di un’atmosfera vintage, ma non antica: lontana nel passato per chi lo guarda dal nostro presente, ma futuristica e avanguardistica se ci si cala nei panni di un adolescente che conta gli istanti che lo separano dal Millennium Bug.
Alessio sul gruppo è stato icastico: “è la promozione di una star disco – dance degli anni ’90”.
Ele A gioca con i tempi, da degna esponente della generazione Z, e ruba a piene mani dal passato più prossimo che ha a disposizione, gli anni ’00 e l’estetica Y2K. Così, prima ancora di parlare di musica, “Pixel” è impregnato di “nostalgia futura” e la sua autrice è l’aliena di un futuro appena passato.
Passiamo alla musica. Ele A rappa. Ci tengo a ribadirlo. Lo fa per 13 brani e 34 muniti, per l’interezza del suo disco.
Il suo rap è senza compromessi, senza industria che lo blandisca o melodia che lo addomestichi. In questo senso, “Ti aspetto”, la traccia che apre il disco, è una dichiarazione a lettere di fuoco:
“Io non so stare su IG, non so come si fa un post (No)
Ele A – Ti Aspetto (Pixel, 2025)
Sono cresciuta con Biggie, non so come si fa il pop (No)”
Su un beat degno dei club di 50 Cent curato da Shune, Ele A manda via le apparenze dei social network, via il fan service, c’è solo tanta autenticità. Il brano segna l’asticella, definisce la posizione della rapper nella scena, ne sottolinea lo status attuale e potenziale. Barre su barre, rime su rime.
Se c’è un elemento che distingue l’artista svizzera da altri Mc’s della sua generazione è un’attenzione particolare alla scrittura, non solo intesa in senso liricistico (il testo profondo), quanto piuttosto come arguzia, tecnica nella costruzione della frase, ricercatezza nella disposizione, in una sola parola punchlines.
Ascoltare Ele A vuol dire confrontarsi con uno degli arcani dell’HipHop, ossia la stratificazione linguistica. L’artista ti impone il riascolto, ti costringe a mandare indietro il brano, a leggere il testo, a cogliere i riferimenti, le citazioni e le sfumature di una scrittura che anche quando è mera autocelebrazione in realtà è cesello artistico.
I primi brani di “Pixel”, forse la sezione più aggressiva del progetto, sono la testimonianza di un lavoro di scrittura che è maturato rispetto alle prime prove dell’artista, arrivando nel disco a una maturità nuova, come vediamo in “Con Le Mie G”, in collaborazione con Guè:
Ele A – Con Le Mie G ft. Guè (Pixel, 2025)
La scrittura di Ele A è tagliente e consapevole. “Con le mie G” reinterpreta il tema, tradizionalmente presente nel rap, della crew come famiglia: ma lo fa da una prospettiva nuova, che valorizza la sorellanza e la solidarietà.
Non imita modelli maschili, ma rivendica la sua femminilità con forza, con libertà, con identità. Lo fa da sé scegliendo di ridefinire le regole degli stilemi dell’hiphop attraverso la propria esperienza di genere. Ele A non rappa come un uomo, non vuole, non deve, non può farlo.
“Le G sanno tutto, è una mafia, nessuna parla (Shh)
Ele A – Con Le Mie G ft. Guè (Pixel, 2025)
Nessuna è parrucchiera, ma mi tengono i capelli in serata”
Nel disco c’è tanto. La voglia di denaro, la noia annichilente di una periferia marcita dal benessere, la consapevolezza di aver dato vita a uno status definito nella scena italiana.
Ele A rimescola i concetti, li lascia trapelare all’ascoltatore che senza rendersene conto, grazie a una miriade di Pixel, riesce a formarsi un’immagine definita di Eleonora, del suo orizzonte di pensiero, della sua fame e della sua voglia di arrivare.
Questo accade nei primi 7 brani, poi il disco cambia tenore e si ripiega su sé stesso. I brani diventano introspettivi, più delicati, la scrittura di Ele A si fa più lieve e profonda, più carica di temi personali.
“X Te”, su una beat elettronico a tinte dubstep, ci mostra un lato quasi inedito della rapper, che si lascia andare a una lirica d’amore sincera ma mai smielata.
C’è un “tu” che aleggia in “Pixel”, una persona a cui l’artista si rivolge tra le righe, con delicatezza e timidezza, spesso per tracciare i lineamenti di un rapporto complesso. In “Mai” in collaborazione con Gaia:
“Oh, oh, sto piena di consigli, ma solo per gli altri (Solo per gli altri)
Ele A – Mai ft. Gaia (Pixel, 2025)
Mi divido in due per te, finisco per ledere entrambe le parti, scusa”
Parliamo di produzioni. Il disco è curato nella sua interezza da Disse, storico produttore della rapper svizzera, che cura le atmosfere di Pixel e gli permettono di essere il bug digitale che la sua “estetica internet” promette.
Disse colloca Ele A in un buco temporale, le fornisce basi elettroniche, distorte, futuristiche, synth, toni dubstep e vocoder, atmosfere marziane e avanguardistiche, preservando la cifra vintage dell’artista che fa del quattro quarti il suo terreno privilegiato, del jazz rap e del funk rap le sue firme d’autrice.
Pixel suona classico senza mai sembrare vecchio, fresco senza sembrare troppo sperimentale: hai il colore dell’argento dei glitter dei primi anni del Nuovo Millennio. Vecchio e nuovo si incontrano non solo sul piano sonoro, ma anche per quanto riguarda i featuring a cui la rapper svizzera da un significato profondo.
Ele A crea relazioni intergenerazionali, collaborando con Guè (con cui si è arrivati alla terza collaborazione) e Colapesce; e consolida legami intragenerazionali, come dimostra “Buon Esempio” con Promessa e Sayf, due artisti con cui Ele A ha condiviso il Players Club del ’25. Unire vecchio e nuovo, senza distinzioni.
Concludo. Ho detto che il progetto è artisticamente nella sua interezza a cura di Disse. Ho mentito. C’è una traccia che è sfuggita al controllo del produttore ed è il brano che chiude il disco, “Atlantide”, scritta e prodotta dalle stessa Ele A.
Faccio una menzione d’onore alla traccia che, per stile e sonorità, appare come la scheggia impazzita dell’album. “Atlantide” è un brano intenso, intimo, profondo in cui l’autrice lascia trapelare le sue fragilità, parla di una perdita, di una separazione, di un addio. Il brano è straordinario, ne consiglio l’ascolto.
“Scusa se perdo la voce come un ultrà
Ele A – Atlantide (Pixel, 2025)
Che va domenica allo stadio per piangere
La scusa dei fumogeni per le lacrime
Con il ghiaccio negli occhi”
Chiudiamo. “Pixel” è il disco che mi aspettavo: un album coeso, coerente, stilisticamente definito e riconoscibile, che porta a compimento l’evoluzione che Ele A ha intrapreso dagli ultimi due anni ad oggi. Il disco definisce la scrittura dell’artista, la rende riconoscibile, ne sancisce una maturità che nei primi progetti si poteva soltanto intravedere.
Anni fa auguravo a Ele A di stringere il Globo tra le sue mani, oggi, a distanza di due anni, ci è ampiamente riuscita.
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