Napoli è una delle città più belle d’Italia, un polo artistico ricchissimo di storia ed influenze, ed oggi abbiamo fatto una chiacchierata proprio con uno degli artisti emergenti più promettenti della città: Ugo Crepa.
Di seguito un estratto della nostra intervista.
Intervista a Ugo Crepa
Ciao Ugo, iniziamo col parlare un po’ di te, da quanto segui questo percorso?
Allora io faccio rap da anni, ma seriamente da un paio d’anni, un anno e otto mesi circa.
Quindi non da molto. Com’è nata la tua collaborazione con Squarta? E com’è lavorare con una leggenda come lui?
La collaborazione è nata in modo completamente casuale, io con Francesco (Squarta ndr), che ora è come un fratello maggiore, ho avuto contatti tramite live dei Cor Veleno e simili, ma nulla di che, lui è una persona molto schiva, o almeno all’apparenza è molto schivo.
Un giorno mando queste mie barre a Fabrizio Grosso, il mio produttore, che le fa arrivare a Squarta, che mi scriverà su Instagram. Da lì in 2 ore realizzo il pezzo con lui e da lì nascerà la nostra collaborazione. Per me è stato un segno del Destino, ho sempre seguito i CorVe e poter lavorare in quello studio, nel microfono dove hanno registrato Primo e Grandi mi dà un adrenalina incredibile.
Restando in tema collaborazioni, con quali artisti ti vedresti collaborare? E quali sono le tue influenze musicali, nella scena e non?
Giovani forti ce ne sono, se devo dirti un nome ti dico Nayt, che è fortissimo, oppure Johnny Marsiglia, sarebbe un onore collaborare con lui, poi se devo andare su nomi importanti, oltre Clementino col quale ho già collaborato in tritolo, ti dico Jorja Smith, che sarebbe praticamente il mio sogno. Per quanto riguarda le influenze, queste vengono soprattutto dal cantautorato e della musica napoletana, ma non la parte neomelodica (ride).
Dall’estero credo tutta la Musica Black.
Di rap non ne ascolto per paura di farmi influenzare, quel che faccio deve essere mio al 100%, se magari faccio un pezzo e riascoltandolo sento che per qualche motivo è ispirato al altro, lo cestino.
Cambiando argomento, come ha influito la situazione che stiamo vivendo sulla tua musica?
Durante il primo lockdown non ho scritto neanche una parola, l’ho vissuta davvero male. L’estate senza Live invece mi è servita per scrivere i pezzi di Sanremo, in quanto eravamo nei Sessanta di Sanremo, ma la cosa non è andata in porto. Questo lockdown invece lo sto vivendo meglio e sto scrivendo molto, da quel punto di vista artistico mi è indifferente.
In conclusione, che progetti hai per il futuro? Un disco magari o qualche coaborazione?
Il disco ce l’ho in mente da quando ho iniziato, ma non è il momento, non si suona live e nel 2020, se non sei qualcuno, non ha senso fare un disco. Credo che la cosa migliore sia continuare a macinare singoli su singoli per arrivare a più persone possibili con la mia idea. Le collaborazioni invece ne ho rifiutate tante, non sono contrario al collaborare, ma per ora tutti gli emergenti con cui sono stato in contatto, alcuni anche più grandi di me numericamente, non erano in linea con il mio progetto, quindi non avrebbe avuto senso. Ho questa convinzione qua, putroppo o per fortuna.
Grazie per il tuo tempo Ugo, vuoi dire qualcosa ai nostri lettori prima di salutarci?
Vorrei innanzitutto ringraziarli.
Waiting for… questo è soltanto un saluto.
Di Giordano Conversini.
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