Ti capita mai di chiederti cosa sia rimasto di quel disco che, un mese fa, all’uscita ha fatto tanto fragore? A me sì e questa volta mi sono posto questa domanda sul mixtape della Seven 7oo. Cosa è rimasto, a distanza di un mese, del mixtape della Seven 7oo?
Chi è la Seven 7oo? La Seven 7oo è un collettivo milanese, formatosi nel 2019, composto da Rondodasosa, Neima Ezza, Sacky, Keta, Kilimoney e Vale Pain. Il gruppo portavoce di San Siro è stato capace di mischiare le carte sul tavolo della scena rap italiana con una violenza impressionante ma prima di ricavare, se non un giudizio, quantomeno un’idea esplicativa, andiamo per gradi.
Parlare male di questo giovane collettivo, soprattutto quando si hanno gusti musicali già formati su una generazione precedente e si è influenzati dalle vicende di cronaca è facile, tanto quanto cadere nello stereotipo da loro perpetuato, difficile invece è restituire un ritratto che faccia capire, almeno vagamente, la realtà che è e cosa porta con sé. C’è davvero qualcuno in grado di credere che il loro successo sia casuale e dovuto alla sola ignoranza del pubblico rap?
Surclasseremo qui tutti gli argomenti inerenti all’appropriazione culturale e cercheremo invece di ampliare la nostra prospettiva di veduta tramite il loro modo di esprimersi, cercando di leggere il mondo tramite i loro occhi, attraverso la loro musica, al fine di avere un quadro meno “bianco o nero” e più limpido.
“Seven Zoo è famiglia
INTRO – feat. Neima Ezza,Nko
Seven Zoo è culto
Seven Zoo è tutto
Le autorità contro di noi
I quartieri contro di noi
Il quartiere senza regole
La torre di Sеlinunte la puoi guardare dai balconi
Abbiamo visto la fame
Abbiamo dovuto stringеre i denti per arrivare a fine mese
Ed è per questo che non saremo mai alla pari
Senti che flow c’hanno le case popolari”
Cos’è la Seven 7oo? Tutto.
La Seven 7oo più che un gruppo musicale è un surrogato familiare fondato sul multiculturalismo come condizione necessaria d’esistenza. Il collettivo di San Siro nasce come risposta al degrado della periferia milanese che, per un contraccolpo capitalista, avanza incessantemente fagocitando tutto ciò che gli si para dinanzi. Proprio quando le colate di cemento si solidificano dando vita a case popolari, e le famiglie, messe a dura prova dalle condizioni economiche, si disintegrano, la Seven 7oo crea un’alterità radicata nella musica, una cellula familiare inclusiva, fatta di fratelli cresciuti in strada, pronti l’uno per l’altro nel momento del bisogno e tutti direzionati a rispondere all’obiettivo di sfondare ricercando una vita migliore. In un contesto in cui vige l’hobbesiano concetto “dell’uomo lupo per l’uomo” e le autorità statali, che dovrebbero garantire la sicurezza, diventano nemiche, si genera una diversità umana in grado di produrre un proprio sistema di valori e di storie, questa è la Seven 7oo.
Il mixtape, di 17 tracce (con durata complessiva di 50 minuti), condensa la volontà di rappresentare la drill in Italia e si permette anche il lusso di ospitare rapper esteri del calibro di Gazo, Central Cee, Freeze Corleone e Ashe 22; sottolineiamolo, al primo disco ufficiale in quanto collettivo, i membri della Seven hanno già collegamenti, credibilità e interesse esteri, procurati tutti con una velocità tale da aver doppiato Sfera (che, ricordiamolo, collaborava già con SCH nel suo secondo disco ufficiale). La massiccia presenza di beatmaker italiani e non (Arena, AVA, BlackSurfer, Blssd (ITA), Don Joe, Flem, Lawro Beats, NKO & Peter Bass) rende il disco europeo, coeso, omogeneo; che se ne dica, un mixtape fatto con un’attitudine e una volontà che suonano identitarie. Tralasciando il singolo “SEVEN 7OO” a trainare l’album, le altre (pensiamo a RAP, FUCK THE INDUSTRY, NVNSNP) sono tutte tracce che, pur non sottostando alle regole di mercato italiano canonico, si presentano come vere hit rap, sicuramente aiutate dalle coreografie virali su Tik Tok dotate di grande carica propulsiva. Un po’ ripetitivo nelle tematiche, ma non è questo quello che importa ora, perché vero o non vero ciò che raccontano – concediamo il beneficio del dubbio – la Seven 7oo parla per una macchia di realtà adolescenziale che poche volte, forse mai, ha trovato uno spazio espressivo così grande e così forte nel panorama musicale: nessun artista rap, in Italia, ha mai avuto una tale risonanza all’età di 19/20 anni. La Seven 7oo porta con sé tutta la rabbia, la frustrazione e l’insicurezza che gran parte degli adolescenti ha, sovraccaricata da situazioni personali travianti. Ragazzi orfani di modelli, abituati a stare in piazza non per puro divertimento, convinti di mollare la scuola per lavori immediatamente retribuiti, dediti alla piccola criminalità organizzata e finalizzata al profitto, immigrati di seconda, terza generazione che hanno subito discriminazioni: la Seven 7oo è il prodotto di tutto questo e istintivamente parla in maniera grezza, obliqua, indiretta, per tutte queste categorie di persone appena elencate, inscena tutti i problemi nazionali, e noi non possiamo mettere la testa sotto la sabbia.
Tramite un melting pot linguistico (italiano, inglese, arabo, francese, lo spagnolo, tutti declinati nei vari slang) di facile comprensione, disossato da tutte le strutture linguistiche difficili, sparano a colpi decisi dei racconti non da modello – poi sta a chi ascolta se crederci o meno – che veicolano gli argomenti più cari all’Hip Hop: il riscatto, la fame sociale e i paradossi societari affiorano a fine ascolto.
Se i Club Dogo raccontavano la Milano dei primi 2000, la Seven 7oo racconta la stessa città ma da prospettive diverse, da pulpiti differenti, che venti anni prima non erano tanto logorati quanto lo sono ora. Ciò che però colpisce, ancora una volta, se paragonati ai Dogo, è la semplicità di scrittura tanto impattante quanto dissacrante, soprattutto per gli errori grammaticali (vedi le loro Instagram Stories) e la fatica nel coniugare verbi: se tutto ciò in primo tempo fa – pirandellianamente- ridere, in secondo tempo fa riflettere. Quando più membri civile di una comunità, che si presume debbano essere – come la legge stabilisce – scolarizzati e in grado di esprimersi tramite la propria lingua d’appartenenza, fanno fatica ad articolare pensieri, significa che siamo davanti a un fallimento statalista e, di conseguenza, scolastico di tutto quanto il sistema educativo. Non sarò certo io con un articolo a evidenziare come il sistema scolastico oggi faccia fatica ad essere attraente, ma se un giovane abitante della periferia preferisce o, peggio ancora, si trova obbligato a dover scegliere di non istruirsi per puntare all’immediato guadagno, significa che qualcosa, a monte, ha funzionato e funziona per alcune categorie e ceti sociali. “Chi apre la porta di una scuola, chiude una prigione” diceva Victor Hugo e io, di mio, sento di non dover aggiungere nulla.
Quindi a distanza di un mese, cosa ci è rimasto del mixtape della Seven 7oo?
Del mixtape della Seven, se le canzoni sono scivolate via, ci resta in primis la quasi certezza di essere davanti a una nuova realtà della musica italiana che, rimanendo fedele a sé stessa, punta a voler esplodere subito in ambito europeo accelerando il processo d’internazionalizzazione (già iniziato con Sfera) e installandosi come nuova realtà indipendente. In secondo luogo, se quanto detto nelle canzoni non basta, un’analisi leggermente più attenta del collettivo ci fa capire che siamo davanti a un gruppo che, imbevuto di rap estero e facilitato dalle abilità sonore multilinguistiche, riproduce – soprattutto con il linguaggio – delle pieghe oscure e delle piaghe troppo spesso tralasciate e non sempre viste da chi si trova in tutt’altre situazioni. Concludo con un unico appunto di tipo morale tramite le barre di Tedua, con cui mi trovo in accordo:
“E la gabbia mentale, si sa, non va al di là degli orizzonti (No, mai)
Tedua – Gironi (2021)
Certi pivelli che spaccano, ma dopo sbagliano il modo di porsi”
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