Giovedì 31 agosto, per Artist First, Don Said pubblica “tHug”, il suo nuovo EP che mette sotto lo stesso tetto tutte le tracce uscite quest’anno e che, ad esse, aggiunge l’inedito “Why not”, prodotto da Jiz.
Un abbraccio prima di partire, una felpa calda nei primi freddi pseudo-autunnali di settembre, le cose non dette ma solo ammiccate, tHug è un po’ questo e anche altro, ma invece di dirvelo noi, te lo lasciamo dire dal Don; in occasione dell’uscita del progetto, abbiamo avuto la possibilità di fargli qualche domanda utile a comprendere l’EP.
Prima di tutto, ciao Don Said, come stai? Come ti fa sentire la concretizzazione del tuo ultimo anno musicale in un progetto ben definito che prima erano solo singoli sparsi?
DON SAID: Benissimo, adesso tutto si è conciliato e abbracciato dando un’identità al progetto.
Il titolo che hai scelto di dare a questo progetto, “tHug”, gioca sul significato della parola “delinquente” (thug) ma che al suo interno racchiude anche “abbraccio” (hug), con una maggiore sottolineatura a questa seconda parte, come lo palesa anche la cover dell’EP. Vuoi dirci di più sulla scelta del titolo?
DON SAID: La scelta del titolo è stata molto spontanea, ho attraversato vari periodi e sperimentato tanto, avevo solo bisogno un attimo di staccarmi e abbracciare qualcuno: abbracciare sé stessi fa bene.
Dato che questo EP è un riassunto del tuo ultimo anno, cosa rappresenta per te dal punto di vista artistico? In “Pain Party” un ipotetico spostamento di baricentro musicale era solo abbozzato, qui invece si sente la volontà di svilupparlo. “tHug” è uno spartiacque che dà una chiara direzione della tua carriera o è solo un momento della tua produzione?
DON SAID: Sono tanto imprevedibile purtroppo. Non mi va di etichettarmi, tHug EP va ascoltato bene, avrò tempo per capire cosa regalarvi.
Dato che il verbo “tatuare” ricorre spesso nei tuoi brani, che “Why Not” ce l’hai tatuato addosso, come tutte le tracce di questo progetto, sono curioso di chiederti: che valore attribuisci al tatuaggio in quanto tale? Che corrispondenza hanno i tuoi tatuaggi con i tuoi brani?
DON SAID: Il tatuaggio per me è una cosa un po’ catartica. Spesso riaffiora ciò che c’è già sottopelle. “Why Not” l’ho fatto anche per mio fratello Zano che mi ha detto “e allora why not”, mi ha convinto, bella g.
Nei tuoi brani le istantanee di eventi effimeri e transitori come i tramonti, “le orme sui castelli di sabbia”, i ricordi si contrappongono ai tatuaggi, alle scritte sui muri, e alle canzoni stesse che rimangono. Qual è la tua congiunzione tra questi due dimensioni?
DON SAID: Sono attratto e ispirato da tutto. Ho letto poco nella mia vita ma ricordo che Marcovaldo di Italo Svevo vedeva ciò che gli altri sottovalutavano in un ambiente anche sterile. A volte mi sento così.
Nonostante l’attraversamento di generi new pop, indie, electro-dance la matrice testuale e l’approccio musicale rimangono comunque rap, seppur con le dovute differenze dai brani presenti in “Luna Park” e “Pain Party”. Come sei riuscito a coniugare il tuo background rap a queste sonorità inedite? Il rap rimarrà sempre centrale nella tua produzione musicale?
DON SAID: Io nasco come musicista e morirò tale. La mia carriera rap è stata fondamentale e non smetterà mai di essere un mio progetto.
Ti ringraziamo per il tempo che ci hai dedicato, ti auguriamo le migliori cose per i progetti futuri. Cosa vuoi dire ai lettori di Rapteratura e ai tuoi ascoltatori? Dì tutto quello che vuoi, hai carta bianca.
DON SAID: Per rassicurarvi vi dirò che non avrò mezze misure. Grazie a voi delle domande e dell’attenzione, un abbraccio, Don Said 10 e Lode.
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