Questo editoriale, scritto a 4 mani, è un lavoro che si propone di tracciare una linea sull’ormai tramontato 2023 e, al contempo, farla proseguire nell’anno nuovo grazie al filo conduttore che caratterizza il biennio. “2023-2024: Il Biennio Viola” cerca di porre delle domande e di dare delle risposte sulle conseguenze e sui motivi che hanno portato l’industria a spingere sull’effetto nostalgia. All’interno dell’editoriale, verranno evidenziate alcune delle tappe che hanno scandito l’anno appena trascorso e che getta le probabili indicazioni dell’anno che verrà. L’articolo potrà sembrarti corposo, ma prenditi un attimo di tempo e arriva fino alla fine. Buona lettura.
Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che manca.
“Nostalgia, nostalgia canaglia / Che ti prende proprio quando non vuoi” cantavano Al Bano e Romina Power in un tempo ormai troppo lontano. La verità è che noi questa nostalgia la bramiamo da sempre, la cerchiamo e ne siamo diventati assuefatti. Nella musica i ritorni si acclamano all’unisono, non importa quale sarà poi il risultato finale perché non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che manca.
E il 2023 dell’industria discografica ha avviato un processo di restaurazione della musica, soprattutto nel rap, che ha riempito i cuori di milioni di fan. Siamo stati ascoltati, resta da vedere se siamo pronti ad accettarne le conseguenze.
Ritorno al campionamento
Il trait d’union che ha collegato la scena nell’ultimo periodo e anche per l’anno a venire è la tendenza a campionare grandi classici del passato, per poi reinterpretarli in chiave moderna con linguaggi e suoni più vicini all’artista. Gli esempi sono molteplici, basti pensare a “LE BAMBINE FANNO OH” di Saadturs e KIID, i quali hanno ripreso la hit di Povia e l’hanno attualizzata con l’aiuto di Anna, Nerissima Serpe e Papa V; oppure a “Parole Vuote (La Solitudine)” di Tedua, con la quale si richiama la storica canzone di Laura Pausini; tornando nella doppia acca, Sfera Ebbasta con “VDLC” ha ripreso la celebre “Vida Loca” dei Club Dogo, una celebrazione impensabile fino a pochi anni fa soprattutto se si considera l’utilizzo degli scratch in un brano di colui che è stato soprannominato “Trap King”, ma questo dimostra solo quanto sia un errore considerare Rap e Trap due cose distinte.
Oltre a singoli brani (impossibile citarli tutti) e al campionamento, il richiamo al sentimento della nostalgia viene chiamato in causa da piccoli gesti, da affermazioni e unioni d’intento, come il ritorno di gruppi storici come gli Articolo 31 e i Club Dogo, mentre si parla anche di un possibile ritorno dei Co’Sang. Per non parlare poi dell’uscita di “X2VR” e “Pizza Kebab vol.1”, attraverso i quali Sfera e Ghali hanno saziato la nostra fame, riempito il vuoto scavato e cullato dal sentimento di nostalgia che attanaglia il pubblico del rap italiano. Poi non avrà saziato tutti, ma rispecchia la creazione dell’offerta della domanda che noi abbiamo esplicitato, e qualcuno probabilmente si sarà anche pentito di aver urlato a gran voce “eri meglio prima” a chi, come prima, non potrà più tornare ad esserlo.
Crono vs Zeus, vecchio contro nuovo, ma per vendere
Aggiungiamo un tasselo in più. Secondo noi, per comprendere al meglio quanto è accaduto 2023 e quanto accadrà successivamente l’Outro di “Tutti Hanno Paura” di Ernia fa al caso nostro, soprattutto i 3 versi evidenziati.
A breve sarò anch’io fuori dai venti
Ernia – Tutti Hanno Paura feat. Marco Mengoni (Io Non Ho Paura, 2022)
I grandi mi tengon sotto, i piccoli crescon svelti
Dovrei donare ai primi la fine che fa Saturno
Ed ingoiare i secondi per rimandare il mio turno
È forte perché forte è la vita ed è spaventosa
Ognuno, se non le ha, lotta con le armi che trova
Sono solo un middle child che non riposa
Che non sa che scelte fare perché tutti hanno paura di qualcosa
Ernia, infatti, per parlare del nuovo che avanza e della paura di essere messo da parte, fa riferimento al mito di Saturno (per i Romani, Crono per i Greci) contro Zeus.
Tutto ha inizio quando Crono, il Titano del tempo, detronizza il padre Urano grazie a un colpo astuto suggerito dalla madre Gaia. Tuttavia, Crono teme una profezia che prevede la sua stessa sconfitta per mano di uno dei suoi figli. Per evitare questo destino, Crono decide di ingoiare i suoi figli appena nascono (ndr. per questo “il tempo divora tutto”).
Questa pratica crudele continua finché Rhea, moglie di Crono, stanca della perdita dei suoi figli, decide di ingannare il marito. Quando Zeus nasce, Rhea lo nasconde sottraendolo a Crono e dandogli una pietra da ingoiare al suo posto. Zeus viene poi cresciuto da ninfe e creature mitiche.
Allevato in segreto, Zeus raggiunge la maturità e decide di sfidare suo padre Crono. Una guerra divampa tra i Titani e i nuovi dèi olimpici guidati da Zeus. Nella Titanomachia, Zeus riesce a sconfiggere Crono e gli altri Titani, scacciandoli dal potere. La vittoria di Zeus segna l’inizio dell’era degli dèi olimpici sull’Olimpo, la sconfitta dei vecchi titani e l’inizio di un’epoca regolata da leggi, con una nello specifico che vieta l’uccisione dei genitori.
Ecco, la situazione nel rap italiano è analoga. Una nuova generazione, quella dei Players Club ’23 – incredibilmente originale e capace a rappare – associabile a Zeus, sta sgomitando e quella anziana, rodata e presente da tempo – associabile a Saturno -, si riassesta per reggere l’impatto. Questo tipo di attrito è percepibile dentro i progetti di tutti i big del settore: l’appena citato Ernia, le barre dirette ai giovani di Salmo e Noyz in CVLT (Noyz ha infatti spiegato che nel disco è stato inserito Kid Yugi perché, tra gli emergenti, è quello che somiglia di più a loro) le frecciatine anonime di Gué, le critiche di Artie 5ive e Rondo sui social e nel loro joint album.
Questo ritorno indietro nostalgico, da parte di chi ha fatto la storia, segnala proprio un tacito conflitto interno e una sottile paura di detronizzazione. Il ritorno al rap tradizionale, iniziato con Fast Life 4 di Gué, ha dimostrato che ritornare indietro con successo è possibile e che, oltre a portare comunque profitto alla major, ha riportato tra le file degli ascoltatori i fan più datati che malvolentieri accettano la nuova scuola.
Il leggero re-invecchiamento della fanbase (gli ascoltatori e le ascoltatrici che hanno più di 20 anni) del rap italiano, di per sé molto giovane, riesce ad riallargare ulteriormente il bacino d’utenza del rap, ma soprattutto genera maggiore movimento; una fan base più adulta acquista il merch e partecipa agli eventi con più libertà.
Se Saturno/Crono – la vecchia scuola – vince contro Zeus – i nuovi arrivati -, non avremo più un ricambio generazionale, ma se vince Zeus, l’Italia, il Paese demograficamente più vecchio d’Europa, non potrà garantire lo stessa continuità di successo. La direzione infatti sembra quella della ricerca di una stabilità che, alla luce viola della nostalgia, passerà prima per una prima fase di gavetta e spremitura delle nuove leve. Chi resisterà lotterà con Titani.
Ma se i “vecchi”, come i Club Dogo, gli Articolo, la gen 2015, ritornano per ristabilire le gerarchie sovvertite dai nuovi e rispolverano la storia per ammantarsi di uno statuto intoccabile, cosa significa? Che il rap italiano, finalmente appetibile e remunerativo,- sta vivendo, proprio in questo istante, un nuovo momento formativo per la propria identità e ha scelto proprio la nostalgia per compiersi.
Ma perché proprio la nostalgia?
La prima risposta, la più semplice, perché ora vende. Si pensi all’industria di Hollywood, ai film che usciranno in sala nel 2024, a quanti reboot sono pianificati, ma torniamo al rap.
La seconda risposta. Perché il ricordo del passato, ripulito da tutto ciò che ci ha ferito, ci permette di avere un confortevole telo bianco su cui proiettare tutto i nostri ricordi migliori senza farli intaccare da tutte le sofferenze precedentemente subite. Ma spieghiamoci meglio.
Abbiamo parlato di nostalgia per tutto l’articolo, ma cos’è? Il buon vecchio Wikipedia ci verrà in soccorso per comodità: la nostalgia (parola composta dal greco νόστος, ritorno, e άλγος, dolore; “dolore del ritorno”) è un’emozione caratterizzata da un senso di tristezza e rimpianto per la lontananza da persone o luoghi cari o per un evento collocato nel passato che si vorrebbe rivivere. Serviva mettere una definizione? probabilmente no. Ognuno di noi, in un modo o nell’altro, ha chiaro nella mente cosa significa provare questo sentimento, anche senza dargli una forma con le parole, perché si può quasi toccare con mano. Ma le parole sono importanti.
La relazione tra nostalgia e musica è un tema che con ogni probabilità necessiterebbe un maggiore approfondimento accademico. Abbiamo cercato un modo per sistematizzare empiricamente il concetto, o almeno di dargli un fondamento basato su degli studi.
In riferimento a ciò, G. Ramshaw, W.C. Norman e H. Cho hanno realizzato uno studio volto a creare un modello concettuale per il rapporto tra sport e nostalgia. Gli studiosi hanno categorizzato la nostalgia in quattro dimensioni e noi, a modo nostro, abbiamo scelto di traslare lo studio dallo sport alla musica poiché, spostando il punto di vista, il risultato era comunque comodo e utile per la nostra prospettiva.
- l’esperienza. I sentimenti nostalgici e ricordi positivi si legano ai luoghi e agli ambienti infondendo loro una certa aura di storicità e, quindi d’intoccabilità, con tutti i suoi difetti pronti a diventare pregi nel ricordo. Pensiamo ai concerti che verranno nel 2024: Emis Killa riporta L’erba Cattiva, 10 anni dopo, in tour, facendo 6 sold out di fila. I Club Dogo, all’annuncio della loro reunion, hanno fatto ben 10 date tutte esaurite, scrivendo un record storico. Gli artisti nominati, esponenti della scena del nord Italia, hanno scelto Milano non a caso. In una scena sempre più milanocentrica e sempre meno provinciale, la loro patria artistica ben si presta a legare l’esperienza alla musica.
- La socializzazione: la nostalgia è legata ad eventi passati, spesso condivisi con altre persone. Quando usciva un brano o un album avevi il tuo gruppo di riferimento per parlarne: da un brano potevano nascere dialoghi, discussioni, piccoli scontri, che cementavano l’unione. Chi però alle medie ascoltava, per l’appunto, “L’Erba Cattiva“ o “Una Volta Sola” ora, magari, è nel mondo del lavoro e la musica accompagna gli intervalli della sua vita o i suoi spostamenti. Il ricordo delle scaramucce tra amici o dei bei momenti passati ascoltando un brano o un album diventano pensieri fugaci da tenere stretti.
- L’identità personale. I sentimenti nostalgici si legano al nostro vissuto e proiettano al di fuori la nostra idea. In un certo senso, sappiamo chi siamo perché possiamo raccontarci la nostra storia. Ad ogni brano che riconosciamo, ci colleghiamo un ricordo e sai anche chi sei grazie ai tuoi ricordi. Già Fibra toccava l’importanza dei ricordi e prendendo di striscio il tema affine della nostalgia, in un’intervista a “Il Senso della Vita”, condotto da Paolo Bonolis, disse: «Secondo me il senso della vita, se devo dirtelo, è cercare di portarsi a casa più ricordi possibili, più bei momenti possibili. Perché la vita è piena di brutti momenti e quelli buoni servono per darti forza». Si parla di vita, non solo di musica, ma il concetto rimane.
- Identità di gruppo. La nostalgia si lega, molto spesso, agli eventi di gruppo socializzati. Simone, ad esempio, quando uscì Machete Mixtape 4 uscì dal pub e andò in macchina con gli amici ad ascoltare il disco, o quando ascoltò XDVR in freedownload, nel 2015, lo fece in piazza, sempre con gli amici. Con l’uscita di X2VR, s’innescò infatti il bellissimo gioco del “ti ricordi quando”? L’ascolto condiviso, l’esperienza condivisa, rende unico e indelebile un progetto, non tanto il valore e la qualità intrinseca del progetto.
Andando a toccare tutte queste note sensibili per gli ascoltatori e le ascoltatrici, il mercato, l’industria, gli artisti e chi aderisce a questa rievocazione, contribuisce a costruire la narrazione di un passato aureo, in cui il ricordo diventa il mezzo e il fine per comprendere e far parte della sempre crescente comunità del rap italiano.
Avrai avuto anche tu un gruppo di amici e amiche, magari ti sarà capitato di accogliere membri nuovi, non senza un pizzico d’astio e di diffidenza perché ignari di quanto ci fosse prima. Ecco, questo accade ciclicamente anche nel nostro genere d’interesse. Ti ricordi com’è stata accolta la trap? Per costruire un’identità serve costruirci attorno anche una narrazione. Serve scrivere una storia da insegnare e da far recepire a chi arriva dopo, modellando la coscienza collettiva; l’industria sta modellando un racconto da vendere sia a chi c’era prima e a chi sta arrivando adesso.
La ristrutturazione nostalgica del genere porta con sé, inevitabilmente, anche un adattamento alla realtà locale: il rap italiano è in continua evoluzione e, al contrario di come si possa pensare, la sua identità inizia a saldarsi e inizia a imporsi, seppur in ritardo rispetto a scene di altre nazioni.
Prima i rapper italiani erano molto bravi a rappare, ma non avevano né i mezzi né il bacino d’utenza, i rapper di oggi invece hanno ciò che quelli di prima non avevano, come ha dimostrato anche il Marrageddon. Restaurando il genere, si può cercare di portare alle nuove generazioni ciò che in passato non ha del tutto funzionato.
Conclusione propedeutica al 2024
La cultura ha bisogno di essere aperta, di accogliere gli stimoli esterni, altrimenti ristagna e poi implode su sé stessa. L’industria e il rap italiano stanno andando a riaprire lo scrigno del passato per apprendere da questo i segreti e per dare continuità a quanto fatto? O semplicemente per andare sul sicuro, visto che molti progetti e artisti sperimentali non hanno riscosso quanto speravano? Non rischiamo di andare contro «ciò in cui credevamo e che poi da adulti abbiamo adulterato»? Che strada si andrà ad imboccare? Siamo curiosi di scoprirlo.
In collaborazione con Simone Locusta.
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