In occasione dell’uscita di “Andata e Ritorno“, il nuovo album di Gianni Bismark, abbiamo avuto il piacere di parlarne insieme a lui. Tiziano è un artista che ambisce a grandi traguardi e che non si pone limiti. Roma gli scorre nelle vene, tanto da aver ribadito, tra le altre cose, il suo sogno di volersi esibire allo Stadio Olimpico un giorno.
Leggi l’intervista per leggere del rapporto con i featuring, del futuro, dell’importanza della malinconia e molto altro.

Rompiamo il ghiaccio. Come stai e come stai vivendo l’uscita del tuo nuovo progetto “Andata e Ritorno”?
GB: Sto una bomba. Sono molto contento di questo disco, era proprio quello che volevo far uscire.
Il disco è volutamente diviso a metà, già il titolo e le modalità di uscita di ”Andata e ritorno” sono abbastanza esplicativi, con il rap e il cantautorato che si incastrano. Spiega un po’ il concept del progetto.
GB: Il concept è venuto proprio automatico perché avevo due dischi, uno rap e uno cantato. Ho provato a mischiarli e a fare una tracklist unica ma non veniva una cosa figa. Non aveva senso, non matchavano bene. Quindi abbiamo deciso proprio di dividere per una volta le due cose, il rap e il cantato.
Nonostante il cambiamento la tua identità resta ben salda, e questo credo sia fondamentale. Senti che ti viene riconosciuta questa genuinità?
GB: Sì, lo vedo molto anche che si vede questa parte e quindi sono molto contento e spero di continuare così.
Parlando dei featuring: ti sei messo in gioco con questo disco e hai chiamato delle personalità forti e fuori dal novero dei classici featuring. Come sono nate le collaborazioni con Noemi e con Tiromancino? I pezzi sono molto potenti.
GB: Grazie! Con Federico (Tiromancino) siamo amici, ci troviamo spesso a mangiare insieme. Un giorno gli ho chiesto se volesse stare nel mio disco e lui ha accettato. Ci siamo chiusi e abbiamo fatto il pezzo. Mentre con Noemi è nato tutto da una session a Milano, ci siamo beccati a Milano e dovevamo fare un’altra canzone. Poi alla fine ci siamo guardati e abbiamo detto “perché non facciamo una canzone un po’ più de core?”. E pure lì ci siamo messi e abbiamo fatto il pezzo. Due grandi persone loro. Tra l’altro il pezzo con Noemi è quello che mi piace più di tutti, lo sento molto mio.
Noyz Narcos è una leggenda per il rap italiano, una divinità per Roma e i romani. Suppongo sia stato fonte d’ispirazione per te fin da quando eri un ragazzino, com’è stato collaborare con lui?
GB: Noyz c’ha cresciuto a tutti, quando eravamo ragazzini ascoltavamo solo lui. Penso che se noi a Roma abbiamo avuto il sogno di rappare è grazie a lui. Noi sono anni che ci scriviamo e cerchiamo di fare un pezzo, poi chi da una parte e chi dall’altra non siamo mai riusciti. E forse questo era anche il momento peggiore dato che gli era appena uscito l’album. Sono stato contentissimo, è un traguardo per me questo feat.
C’è anche bresh nel disco. Anche lui ha sempre un po’ avuto una predisposizione al cantato, non ha mai fatto rap nel senso stretto del termine, sarà anche merito della città. Probabilmente in questo Genova e Roma sono molto vicine. Quanto ha influito l’essere nato a Roma in questa tua evoluzione?
GB: Tantissimo. La mia vita che passo a Roma incide tantissimo. Poi a me piace molto raccontare magari delle esperienze o delle cose che ho visto, per me Roma è tutto. Mi levi Roma e mi levi una grande parte del lavoro. Poi non è che sempre voglio cercare di mettere Roma dentro, però magari dico quella parola che fa riferimento, non puoi scappare. Quest’anno ho voluto fare una canzone dedicata a Roma (La mia città), proprio una dedica come se fosse una cartolina.
L’idea che passa è che ovunque tu vada poi, per un motivo o per un altro, torni sempre dove sei cresciuto, nella tua zona, fai molti riferimenti di questo tipo al tuo passato, alla tua compagnia. Tiziano è un ragazzo malinconico? Se sì, lo consideri come un punto di forza dal punto di vista artistico?
GB: Sì, lo prendo come un punto di forza perché, secondo me, essere malinconici ti fa parlare diversamente. Ti piace raccontarti o raccontare quella determinata cosa con un occhio più forte, con molte più emozioni. Per me è un punto di forza, poi non lo so. Visto dagli occhi degli altri magari non è così. Secondo me la musica deve dare qualcosa, io ci metto le parole, poi tanta gente ci mette le basi o altre cose. Per me la musica è dare qualcosa, la parola “musica” proprio è enorme.
Ricollegandoci alle basi, qual è stato l’iter che ti ha portato a scegliere determinate basi? Hai lavorato a stretto contatto con i produttori? Ci sono molte strumentali di Yoshimitsu nel progetto.
GB: Ho lavorato molto a stretto contatto con Yoshimitsu, stavo quasi tutti i giorni insieme a lui che è il mio produttore da ormai 4-5 anni. Sono stato molto con lui. Diciamo la parte più cantata l’ho fatta tutta quanta con lui, tranne “Vita Mignotta” che è stata fatta con lui e G Ferrari insieme. Mentre per la parte rappata mi sono voluto prendere 2-3 basi di Lester, questo nuovo ragazzo che fa rap, che a me piace tantissimo. Mi sembra il Gionni Gioielli del 2023. A me questa cosa fa sballare, quindi ci siamo beccati, mi sono fatto mandare le cartelle e ho preso tre basi. Grande Lester.
Gli hai fatto un bel complimento con zero pressione tra l’altro. Gionni Gioielli è forte.
GB: Sì, lo riempio di complimenti a lui. È fortissimo.
Fabri Fibra, in occasione dell’uscita di “Fenomeno”, durante un’intervista disse che lui aveva capito da subito quanto lo stile esplicitato in quel disco lo avrebbe rappresentato per molto tempo. Anche tu senti di aver trovato il tuo equilibrio o è ancora presto?
GB: Sì, magari lo sarò per un po’, ma magari è quello che è giusto che accada oggi. Io ora ho 32 anni, non mi prende più di rappare come prima. Cioè, magari sì, mi piace un sacco il rap. Lo faccio, lo continuo a fare, però non faccio più quella vita di una volta. E quindi, diciamo, mi piace di più questo cantato. Ma non è vero che non faccio più il rap. Se c’è una base come quella che abbiamo fatto con Noyz, della quale so’ innamorato, e sto facendo un disco cantato, io la metto nel disco. Non mi voglio porre limiti.
Dove vedi Gianni Bismark da qui a tre anni?
GB: Dentro un’altra casa (ride, ndr).
E come obiettivi musicali?
GB: Il sogno è farmi lo Stadio Olimpico. L’ho sempre detto, faccio l’Olimpico e smetto di cantare. È un punto d’arrivo per me.
Siamo giunti alla fine, vuoi dire qualcosa ai nostri lettori e ai tuoi fan?
GB: Sul mio disco vorrei dire di ascoltarlo in cuffia, che ha tutta un’altra uscita. Poi io in realtà non mi sento mai di dare consigli, soprattutto ai ragazzetti più giovani, ne abbiamo fatte tante di cazzate pure noi, quindi non mi sento proprio quello giusto a dar consigli. Però se posso dare un consiglio nella parte artistica, se cantano o se rappano, io dico sempre di mantenere e mettere sempre il loro. Essere sé stessi è tutto.
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