“MEZZI” è la prima esperienza di Garelli non solo in veste di produttore, ma anche come rapper.
Dopo essersi consolidato come produttore di rapper come Tedua, Bresh o Armani Doc, Garelli si rimette in gioco dall’altra parte dello studio di registrazione. “MEZZI” è un vero e proprio disco-pendolare che attraversa la savana urbana sotto la Madonnina descrivendo Milano da un capolinea all’altro. Il filo rosso del disco è in realtà una linea, urbana o ferroviaria che sia, un binario su cui scorre tutta l’esperienza biografica di Garelli.
Grazie a COCO District, in occasione del suo primo disco, noi di Rapteratura, abbiamo avuto il piacere di ascoltare il progetto in anteprima e di parlare con Garelli. Il rapper e produttore milanese ci ha raccontato “MEZZI” e la sua visione artistica tra esperienze biografiche e aneddoti interessanti.
Ciao Garelli, ormai a breve uscirà “Mezzi”, il tuo primo disco. Come ti senti? Cosa ti aspetti da questo disco?
Allora, come sto? Sto bene. Mi sto un attimo riadattando al fatto di uscire dallo studio, perché ho sempre fatto il produttore, comunque, metterci la faccia per me è una cosa abbastanza nuova. Cosa mi aspetto dal disco? Di essere riconosciuto anche come rapper. Quello che ho ottenuto come produttore lo voglio anche ottenere come rapper, diciamo.
Ascoltando “MEZZI” ho avuto la percezione che si trattasse fin da subito di un “disco-pendolare” e proprio come un treno o come un autobus può arrivare a tanti temi-destinazioni diverse. Quanto è stata fondamentale per te l’esperienza del viaggio da pendolare, nel bene e nel male, per la stesura di questo disco ma anche per la tua carriera in generale?
Allora, beh, per la stesura di questo disco direi fondamentale. Cioè, parlando di “Mezzi” comunque nei mezzi ho avuto tutto il materiale per poter stendere i miei racconti, diciamo; i mezzi, secondo me, sono molto uno specchio della società dove puoi trovare tutti i tipi di persone, capito? Lì dentro vedi tante cose. Sicuramente è un’esperienza che ti forma nella vita e in tutto.
Nella tracklist del disco i titoli sono accomunati ad alcune linee urbane e ferroviarie di Milano. Le linee che hai scelto quanta importanza hanno avuto nella tua vita? Sono proprio frutto di un’esperienza autobiografica? Ad esempio, la linea in Ora di Punta linea novantatré, traccia che apre il disco è quella che porta a Lambrate che è la tua zona d’origine dove tu ti sei formato…
Allora, sì, il disco è molto autobiografico. Dipende, perché ogni tanto ho scritto qualcosa e poi le ho dato la linea di riferimento. Per esempio, nella traccia “Capolinea” parlo della relazione che ho chiuso e per raggiungere casa di quella persona con cui avevo chiuso quella relazione, usavo il quattordici, che è stato un crocevia. Naturalmente, non lo so, il giorno che ero contento, tornavo e vivevo un certo tipo di emozioni su quel tram, il giorno che magari avevo litigato vivevo altre emozioni sempre su quel tram.
Nella traccia “Un Amico In Me” cito la linea ventitré perché questa traccia parla di un amico che è mancato, una persona che mi ha dato tanto, e ho voluto citare il ventitré, la linea che andava da casa mia al centro, la prendevo spessissimo da casa mia a scuola. Però, con gli anni, è stata sostituita dalla linea diciannove; quindi, non c’è più quella linea e ho voluto creare questo parallelismo con il mio amico che è mancato, purtroppo. Altrimenti mi viene in mente “Mezzi”, la linea era riassuntiva e ho messo la linea 1, che è quella che taglia tutta Milano, per dirti.
Le linee di “Mezzi” non attraversano solo Milano ma arrivano a Genova Bologna e anche Napoli, nelle collaborazioni c’è quasi uno spaccato del tuo percorso: troviamo Armani Doc, che hai prodotto molto spesso, c’è Rollzrois, vicino ad Adriacosta, il collettivo che tu produci. C’è anche il tuo rapporto con Genova fin dagli esordi nella collaborazione con Guesan. Inoki, Dj 2P e Peppe Soks con cui hai già collaborato e una rappresentanza inedita come e Jack the Smoker. Com’è stato collaborare con loro?
Allora, prima di tutto, naturale perché sono tutti artisti che già conoscevo, e con cui avevo già lavorato, a parte solo Jack the Smoker, gli è sempre piaciuta la mia roba, anche da produttore, ma non avevo mai fatto nulla insieme. Con tutto il resto avevo già lavorato, anche con 2P quando avevo fatto le robe con Pedar… ma soprattutto sono stati messi nel punto giusto, cioè ognuno di loro ha delle skills oppure dei trascorsi di vita che stavano bene in quel tipo di traccia, secondo me.
Per dirti, mi viene in mente la traccia treni regionali veloci, ho pensato, appunto, di avere un ospite ligure, perché loro sono abituati a fare avanti e indietro con i treni, dato che la musica è sempre milanocentrica sono sempre abituati a fare il Milano-Genova col treno e quindi era perfetto, capito? Mentre Maschio alfa con Inoki è una traccia super street e lui è proprio l’emblema della street life. Quindi ho detto, boh, lui è perfetto.
Un’altra cosa che ho notato ascoltando “Mezzi” è questa. Il disco parte subito molto forte, ci sono subito dei pezzi rap pieni di punchline e barre più street, poi però il viaggio sembra diventare sempre più intimo, sempre più riflessivo. È una cosa che hai premeditato, hai deciso di aprirti di più verso il finale?
Sì, sì, perché volevo un po’ sfumare tutto quello che riguarda un po’ la mia personalità, perché io di mio magari sono così, mi piacciono quei due filoni. Ogni tanto mi piace la roba con le punchline potenti ogni tanto mi piace la roba riflessiva, i flussi di coscienza, e quindi è quello di cui parlo proprio di più.
In “Ora Di Punta”, traccia che apre il disco, tra gli scratch di DJ 2P ci sono le voci di Drake, Nerone e i Club Dogo. Possiamo dire che queste sono state un po’ le tue ispirazioni per il disco, soprattutto i Club Dogo e Nerone, che comunque rappresentano la scena di Milano, sia nuova che vecchia.
Certo! Assolutamente ci sono loro, c’è anche Asher Kuno, secondo me è fortissimo anche lui. Soprattutto cito anche il buon Asher Kuno, perché di lui mi piace un sacco la sua attitudine un po’ più “tamarra”, però molto rap sempre. Lui anche ai tempi, mi ricordo, è sempre stato quello con le barre un po’ più grezzo rispetto magari a tutto il resto, però sempre con un attitudine rap. Quindi sì.
Infatti, la seconda traccia si chiama proprio Milano. Quindi anche tu ti senti di rappresentare Milano? una Milano più sotterranea come le metro, parlando appunto di mezzi.
Assolutamente. Perché me la son girata tutta Milano. Col fatto anche dei mezzi, te la giri proprio più facilmente, cioè te la studi anche geograficamente, mettiamola così. Rispetto anche a quelli che magari si son mossi tanto in macchina nella vita, forse hanno meno nozione a livello geografico, secondo me, rispetto a chi magari si è mosso (coi mezzi ndr). Cioè, per dirti, io mi muovevo per andare da mia nonna con gli intercity, e ogni volta facevo le fermate, capito? E quindi mi imparavo bene tutto il giro, sapevo un po’ di più dove erano tutti i posti. Facendo Milano-Napoli, andavo a Formia, che è tra Roma e Napoli, mi facevo un bel giro dell’Italia…
E tra le tante linee, quindi tra i tanti brani dell’album, c’è un brano a cui, per ragioni personali o no, sei più legato alle altre?
Ma… no, in realtà sono legato un po’ tutto all’album, sinceramente. Non ho una traccia che preferisco. Bene o male sono tutte robe della mia vita, nel bene e nel male. Quindi ci sono legato… sono legato a tutte le tracce.
Avevi quindi qualcosa da dire che andasse oltre le produzioni? Oppure è stato qualcosa di più istintivo?
Entrambe le cose, è stato sa istintivo e sia che avevo voglia di dire qualcosa. È stato figo perché a me piace comunque, anche di mio sono uno abbastanza più egocentrico ed espansivo magari rispetto ai produttori soliti. E forse me lo sentivo, ho sempre voluto farlo e in quel momento ho avuto talmente tanto flusso di coscienza che ho detto, boh, è il momento giusto.
In “MEZZI” abbiamo diversi tipi di brani. Quelli con più punchline, c’è uno storytelling, ci sono pezzi conscious o anche pezzi più boom bap come ad esempio quello con Inoki. Hai già deciso che tipo di rapper vuoi essere? Oppure ti piace stare sul pezzo con tanti tipi di brani diversi?
Beh… io penso che comunque in tutti quei brani lì ci sia un filo conduttore che riporta sempre a me. Sempre essere me stesso, però mi piace sperimentare. Cioè, essendo anche un produttore, comunque, mi piace molto variegare il suono. Quindi cercherò sempre di essere me stesso variegando, mi piace sempre sperimentare robe nuove.
Dove vuoi arrivare con “MEZZI”? Oppure dove vuoi che ti portino le varie linee di mezzi?
Ma ti dico… Voglio avere quello che ho preso da produttore, ma lo voglio riprendere anche come rapper, semplicemente. Senza dimenticare il lato produttore. Cioè, voglio fare tutte e due le cose. E avere un riconoscimento in entrambe.
Sì, proprio parlando di questo. Tu da producer comunque sei molto riconosciuto. Hai lavorato con quasi tutti i big della scena. Quindi pensi che iniziare una carriera da rapper a questo punto della tua carriera sia un vantaggio o uno svantaggio?
Allora, secondo me, giunti a questo punto, è uno svantaggio. Ti dico perché hai una marea di aspettativa rispetto magari a uno che ha appena iniziato, e sì, ovviamente c’è la competizione. Certo, devi essere bravo a far ribaltare la tua opinione, dovrei fare un po’ il Kanye West della situazione circa. Adesso ovviamente, non voglio paragonarmi a lui però, ecco, lui era uno che in America all’inizio tutti lo cercavano per i suoi beat, nessuno gli dava corda come rapper. Poi vai a vedere…
Quella che sto per farti ora più che una domanda è una mia curiosità da fan più che altro. Questo nove maggio sono passati sette anni da “Amici Miei Mixtape”. Tu hai prodotto molte tracce e addirittura l’intero progetto è stato registrato da te, nel tuo studio. Che ricordi hai di quell’esperienza così impulsiva? Comunque, un Mixtape che per me ha segnato il genere…
Grande. È stata, secondo me, una delle robe più hip hop possibili perché è nato quasi per caso…. Nel senso, non casuale ma molto anche di flusso di coscienza. Allora, si parla del mio primo studio che avevo a Corvetto, praticamente lo studio era diviso in due postazioni e ce n’era una che era vuota perché Marco, che è un mio amico, era appena andato via. Quindi era rimasta vuota.
Quando venne Bresh per fare “Ande”, tra l’altro, praticamente loro abitavano tutti in Calvairate, avevano la carovana lì. Qui loro mi fanno… “Eh minchia che figata sarebbe avere un posto qua così come questo, un po’ in Corvetto così”. Io li guardo e gli faccio: “raga, la sala di là è vuota. Benvenuti.” Allora da lì c’è stato un annetto in cui in studio eravamo io da una postazione e dall’altra c’erano Vaz, Disme, Tedua, Bresh, tutti gli altri, Nader, eccetera.
Da lì poi niente, ci siamo messi seri a lavorare, io facevo un beat, la gente entrava e reccava il pezzo. Ad esempio, “Da Un Altro Pianeta” è nata che io stavo facendo un beat, entrava da me in studio Mario e mi fa… “Eh minchia che figata sta roba, passamela” e abbiamo fatto “Da Un Altro Pianeta”, così. Arrivava gente, metteva la sua strofa e via.
Per concludere, dai un motivo per ascoltare “MEZZI” al nostro pubblico.
È un album diverso da quello che sta uscendo adesso, secondo me. È figo ma anche umile rispetto a quello che esce adesso: volevo togliermi la roba del piedistallo, nel sembrare di più di quello che è in realtà. È un bel racconto autobiografico e a livello di produzione, secondo me, ho rotto il culo scusami se… (ride ndr) Vale la pena ed è diverso da quello che esce adesso.
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