Oggi ricorre l’anniversario della morte di Pino Daniele. “Pinuccio era una uno di famiglia” penso sia la frase che più spesso ho sentito pronunciare a proposito di un personaggio che Napoli, come tanti suoi altri eroi, ha elevato a una dimensione quasi divina. Pino Daniele ha cantato la strada, le ferite e il cuore di Partenope, come mai nessuno prima, e lo ha fatto ascoltando. Il fatto che Napoli sia città di musica è ormai quasi un luogo comune, ma ai più attenti non sarà sfuggito il fatto che la città prima di cantare, è stata in silenzio ad ascoltare.
Da Pino Daniele ai Co’Sang: l’America a Napoli
C’è un asse immaginario che da Pino Daniele a Geolier, unisce Napoli all’America. Daniele ha masticato il blues e il jazz, e li ha uniti a un racconto di strada romantico e delicato dove il Ghetto e il Rione diventavano la stessa cosa. “A me me piac ‘o Blues” è tra i singoli di “Nero a Metà”, un album che la commistione culturale la porta già nel titolo. Se percorriamo la linea che unisce Partenope al jazz di New Orleans e al blues di Chicago, ad un certo punto arriveremo anche alla New York di Nas e Jay Z. Nel 2005 “Chi more pe mme” dei Co’ Sang era “il prodotto più americano che il rap italiano avesse mai visto”: questo statuto l’album lo avrebbe mantenuto fino ad oggi, imponendosi come un classico imprescindibile per chiunque. Il racconto crudo e spietato della strada, nella lingua stessa della strada, ossa il dialetto, non poteva non rievocare le immagini più nitide dei blocks di Illmatic e The Blueprint, dai quale Luchè e Ntò non ripresero solo i contenuti e l’attitudine, ma anche incastri e sonorità. Il prodotto finale non sarebbe mai potuto risultare una copia stantia, perché il duo di Marianella aveva dalla propria la credibilità di chi la giungla urbana la vive ogni giorno sulla propria pelle.
I figli di Pino Daniele e dei Co’Sang, di questa doppia natura della città, tra il Vesuvio e l’America li stiamo vivendo oggi con la nuova e talentuosa generazione di rapper napoletani. L’ultima voce che Napoli è riuscita ad ascoltare e a reinventare viene dalle traphouse di Atlanta. Nel 2017 le Scimmie pubblicano El Doradorado e impongono una nuova realtà.
Dopo Pino Daniele: la nuova generazione di rap napoletano
Vale Lambo, Lele Blade e Young Snap confezionano un progetto contaminato, brani lunghissimi e destrutturati, al limite dello sperimentale. Tra il rap di Lele, i vocalizzi di Vale e le freschissime produzioni di Young Snapp, le Scimmie portano la trap a NA, fondendo la narrazione locale con un universo transatlantico. Ancora un volta Napoli ascolta l’America e la declina nella sua lingua e nei suoi contenuti.
Il 2022 è arrivato e le attese si fanno sempre più incalzanti. Dopo un 2021 di onnipresenza, il secondo album di Geolier sembra essere dietro l’angolo; al contrario dopo un anno di quasi totale silenzio sembra essere giunto il momento di ascoltare “Dove Volano le Aquile” di Luchè.
Oggi nell’anniversario della morte di Pino Daniele, Napoli osserva il lutto, tace e ascolta. Noi attendiamo che canti ancora, con la convinzione che la prossima canzone che ci farà sentire, in una zona d’ombra tra l’Italia e gli States, sia tanto avvolgente quanto quelle che abbiamo ascoltato finora.
Di Francesco Palumbo
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