“Ho visto Dio. Lei è nera”. Il 2015 esplodeva di frasi di questo tipo. I blog di Tumblr mettevano in circolo contenuti del genere, sulle ali di uno spirito di opposizione e presunta trasgressione, talmente ostentata da diventare omologazione. Mentre Gaga cantava Born This Way e in cui una cultura femminista, antirazzista e anticlericale ribolliva nell’Internet, alla ricerca di uno spazio in cui esprimersi liberamente. Quella frase è un po’ il testimone di quegli anni pretestuosamente trasgressivi.
Da quel 2015 di tempo ne è passato, e quella generazione è cresciuta. Gli ideali che, anche in maniera vuota, portava avanti oggi sono al centro del dibattito pubblico, ma quello che resta è l’accusa di pretenziosità. Se l’antirazzismo è politicamente corretto, se non si può dire più niente, una rapper che racconta il suo essere donna in una scena maschile fa “femminismo tendenzioso”. Queste ultime sono le accuse che sono state mosse a Crisalide, l’album d’esordio di Beba.
Crisalide ci racconta di Roberta. In 14 tracce l’artista ci riporta della sua rinascita artistica e personale, della sua transizione verso un’identità forte: la maturazione passa per una narrazione sincera e trasparente di sé.
Sento che le persone hanno la necessità di contenuto emotivo. Credo che oggi più che mai un artista debba esprimersi attraverso un’emotività autentica vissuta da vicino, in prima persona, per poter riuscire a entrare in contatto con il suo pubblico
Beba ci racconta della sua relazione tossica (Meno Male), delle violenze psicologiche subite (in Narciso), della dipendenza a cui un rapporto malsano costringono. La trasformazione verso la maturità è una catarsi dolorosa che fa ripercorrere alla rapper le sue fragilità personali (Stupida), le amicizie perdute (Chiara), il rapporto con la sua Torino (Fili del Tram). Crisalide è il diario di una rinascita, un viaggio verso l’autoconsapevolezza di un’artista ancora troppo informe: Beba è donna in un sistema musicale ancora fortemente maschilistica, e spesso, sessista.
La musica italiana è un vecchio che ti guarda e sbava
Su un tappeto rosso sangue schiaffata in prima serata
Col vestito da sfilata e nel petto una coltellata
Prima mi ammazza, poi dice: “Se l’è cercata”
Ignorare questo aspetto sarebbe privare questo racconto di un elemento centrale. Quel “femminismo tendenzioso” è “femminismo necessario”, è l’affronto irriverente di un’artista che rivendica il proprio spazio autonomo, che svecchia quella stessa musica italiana così infarcita di pregiudizi. Non c’è pretestuosità nella rivoluzione, ma il coraggio di dire quello che tutti sappiamo, ma rigorosamente tacciamo.
Tra rap e pop, tra le melodie di Faya e gli incastri di Stupida, Beba chiude il disco con Monica Bellucci, un freestyle squisitamente in collaborazione con Angelino Panebianco. “Ti sei accorto delle ore che dedico alle parole” canta il ritornello. Beba continua la tradizione di una Torino che, da Ensi a Willie Peyote, ha fatto della potenzia lirica e dell’acutezza del testo il suo marchio di fabbrica.
Beba è sbocciata; da crisalide, è diventata un bellissima farfalla e ha sbattuto le ali sotto al naso del maschilismo urban italiano. Crisalide è la rivoluzione silenziosa contro il sistema; è “ho visto dio, lei è nera”. Dovremmo ascoltarlo tutti con attenzione.
Di Francesco Palumbo
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