Sirio di Lazza inizia così, con le note di piano forte, il sipario chiuso e solo il suono campeggia. Come abbiamo già detto in un post, l’Ouverture è un brano orchestrale, apritore dell’opera lirica, con il compito di accogliere il pubblico e anticipare agli spettatori il tipo di spettacolo che si troverà davanti. Lazza, pubblicando a quasi un mese dall’uscita di Sirio Ouv3rture, ha suonato a sipario chiuso e ci ha fatto capire che ci avrebbe portato davanti alla sua di opera, ma con un altro tipo di sfumature.
Zzala ha oramai trovato il punto di congiunzione tra l’eleganza teatrale e quella della sofisticata ignoranza e, forte di questo, ha preso l’opera, l’ha traslata nella sua vita trasformandola da “opera lirica” in “opera lyrica”, quindi scritta da un lyricista, come è giusto che ora venga riconosciuto.
Vediamo insieme perché.
Sirio è il terzo album in studio di Lazza, pubblicato l’8 aprile 2022 per Island Records/Universal Music Italia e, tenendo a mente la simbologia magica del numero tre e il valore che assume il terzo progetto ufficiale per un artista, ci troviamo davanti alla sua prova di maturità.
Prendendo tutti i nomi più importanti della scena rap italiana, ci renderemmo conto che ognuno di loro, al terzo disco, ha saputo piazzare il colpo giusto per affondare completamente nel cuore del proprio pubblico e in quello di nuovi ascoltatori e Sirio, molto probabilmente, ha proprio questo intento; rafforzare un’identità ben definita, levigare i difetti, acuminare i punti di forza e iniziare il proprio percorso di svestizione artistica per far conoscere la persona che si cela dietro. Nel nuovo album di Lazza emerge tutto questo, ma andiamo per gradi.
“Vengo dal mito del “Cazzo guardi?”, fra’, di chi si è fatto il mazzo tardi
Dite a San Pietro che ho chiuso i giochi, passo domani e gli do le chiavi
Odio che chiedono solo auguri, sai per un disco quanto mi impegno
Ventiquattr’ore le abbiamo tutti, solo che io le ho sfruttate meglio
Vorrei soltanto rubarle il cuore per farlo a pezzi, sì, quando voglio
Non scrivo mai canzoni d’amore, scriverò solo canzoni d’odio”
– Lazza, Ouv3rture (Sirio, 2022)
Nei sei versi iniziali di Ov3rture si condensa quello che è Lazza: attitudine di strada, passione per i giochi di parole che si trasformano in punchline (San Pietro, ha le chiavi del paradiso e Lazza con questo disco restituisce al santo la possibilità di fare “selezione all’ingresso”), lo stachanovismo di continuare a produrre collaborazioni di spessore su collaborazioni senza perdere tempo e l’odio. Non è un caso che in queste sei barre “odio” ricopra la posizione iniziale del terzo verso e l’ultima del sesto quasi a chiudere circolarmente la confessione: è il sentimento trainante, che si irradia talmente tanto in tutta la sua percezione del mondo da trasformarsi nella sua forza opposta, l’amore.
Il giovane Re Mida è stanco di trasformare in oro qualsiasi cosa tocchi, dei legami di convenienza e di chi si avvicina a lui solo per avere un compenso; nel disco emergono tutte le difficoltà relazionali con il sesso opposto, compromesse anche dai nuovi schemi ragionativi dell’artista che hanno come nuove variabili i soldi e il successo. Ciò che però va messo in evidenza è che nel vocabolario di Lazza, soldi e successo acquisiscono una semantica più ampia che arriva a tradurre anche il linguaggio dei sentimenti, delle emozioni che usano come metri di misura gli oggetti costosi, di marca e le spese ingenti.
Recensione di Sirio, Lazza
Il Lazza che in Re Mida bramava il successo qui ammette di essere profondamente umano, di commettere errori su errori anche frutto di un’immaturità, non artistica, che la persona Jacopo vuole migliorare (es. in Alibi). In “Sogni D’Oro” infatti il rapper esce dal personaggio, si scopre e lo fa incastonando la sua spavalderia tipica a delle vere e proprie confessioni che provengono da una profondità raramente vista nella sua discografia. Non è un caso che i punti apicali di confessione nell’album (Alibi, Sogni D’oro, Top Boy, Senza Rumore, 3 Pali, Nulla Di, Replay) si intrecciano e si saldano a momenti di egotrip e autocelebrazione direzionata alla glorificazione di acquisti costosi, come se la tristezza sul fondo della persona venisse di volta in volta acquietata dal soddisfacimento del bisogno momentaneo di consumo. Alla felicità e al rilascio di dopamina dopo l’acquisto subentra un malessere che palesa un vuoto, un grande senso d’incompletezza generato dalla difficoltà di essere sé stessi negli ambienti in cui oggi si trova ma allo stesso tempo, quel vuoto, incolmabile per definizione e rimasto tale dagli inizi, è ciò che sollecita l’artista a muoversi per andarlo a completare, subentrando nel loop infinito che lo ha portato al successo.
Stilisticamente parlando è impossibile non mettere in risalto la grande abilità che il rapper dimostra nel fermare delle occasioni che sono per loro natura dei rapidi momenti-ponte, dei micro-episodi presenti in eventi ben più grandi degni d’importanza: il mancato sorriso in una foto per la certezza di uscire fuori fuoco, la sicurezza di essere l’ultimo nel corridoio della scuola, il rimanere solo dopo il fumo del live. Per Lazza, i momenti di cortocircuito che abbiamo tutti quando fissiamo il vuoto proiettando sugli oggetti i nostri pensieri, diventano il mettere il mondo in pausa per riguardare la propria vita in replay ridando il valore che vorrebbe avesse tutto ciò che lo circonda.
Quello che permette al rapper tutto questo è, come abbiamo detto all’inizio, il piacere di essere punchliner di livello che, tramite tutti i riferimenti di cultura mainstream e pop, porta avanti una tradizione Hip Hop non spenta, riplasmata e modellata dalle sonorità, capace di restituire importanza allo strumento principale del mestiere del rapper: la parola.
La sofisticata ignoranza appresa da Guè, in Lazza, prende un significato tutto suo e oltre a declinarsi nelle rime, si sprigiona anche nella scelta dei suoni, delle melodie, facendo sposare sonorità completamente opposte. Degno di nota infatti è tutto il comparto musicale creato dai direttori creativi Drillionare e Low Kidd che sciolgono i giri di nota del pianoforte nei bassi tipici della trap o nei ritmi raggaeton tanto apprezzati dall’artista.
Le collaborazioni italiane del disco (Sfera Ebbasta, Noyz Narcos, Geolier) rincarano la dose di rap e, oltre a dare lustro all’intero disco, restituiscono uno Sfera che tanto somiglia a quello del 2016; di livello le collaborazioni estere (Tory Lanez e French Montana) che, oltre a permettere all’artista di duettare con due dei suoi artisti preferiti, dimostrano accortezza nelle strofe e rispetto per l’ospitante.
Architettonicamente, l’intero album di 17 tracce soddisfa sia le classifiche che gli ascoltatori più attenti. Le hit principali, per chi ricerca il junk listening, sono all’inizio, le tracce più sentite invece sono disseminate nel corso della tracklist, quasi a premiare chi arriva fino alla fine.
Se Lazza avesse ricercato solo successo effimero avrebbe sicuramente puntato ad un album breve e mirato alle classifiche, qui invece, come i grandi nomi hanno recentemente fatto, ha puntato al progetto corposo che necessita di restare del tempo nelle cuffie per acquisire significato.
“Come se facessi finta di non poter dire
Che oggi quello con cui stavi è sulle copertine
Sai che sono sempre io, ma ora mi so vestire
Ma non ti so dire ancora se mi so gestire
Dicono che Zzala è il diavolo, ma come scrive
Tu però abbracciavi un angelo, Amore e Psiche”
– Lazza, Replay (Sirio, 2022)
Lazza, prima del ritornello di Replay, chiude così il sipario, con l’immagine dell’abbraccio tra Amore e Psiche, con la prima grande apertura del suo io intimo al pubblico e con la trasformazione di quello che prima era odio, in amore: amore per il rap, per il suo pubblico, per sé stesso, per tutto quello che ha fatto e che ancora deve fare. Sirio di Lazza, secondo il nostro parere, ha tutte le carte in regola per essere il disco d’affermazione di status del rapper, per aspera ad astra.
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