Dicono che Fedez tornerà a rappare, io dico che forse non ha mai smesso. Ho letto di molti nostalgici che incensano “Penisola Che Non C’è“, ma probabilmente non ricordano che Fedez con “Il Mio Primo Disco Da Venduto” realizzò la prima action figure che cambiò la storia del rap italiano e che “Sig. Brainwash – L’Arte Di Saper Accontentare” ha dato il via ai dischi pop-rap che ci propinano ogni tot i big italiani.
Prima però partiamo dai contest di freestyle di Fedez e cerchiamo di capire che rapporto ha avuto con l’Hip Hop e il rap italiano.
La battle di freestyle, la genesi di tutto.
2007. Ottavi di finale di “Tecniche Perfette”, seconda manifestazione di battle di freestyle più importante sul suolo italiano. Ensi, Clementino, Ira e July B. vincitori della precedente edizione, sono i giudici. Da un lato abbiamo Dank, rapper di Parma, un MC incredibilmente esperto nel freestyle che detiene il record di (cinque) partecipazioni alle fasi finali dell’evento. Dall’altro un audace Fedez. Per noi, ora, non necessiterebbe di presentazioni, ma al tempo il novello Federico Lucia ne necessitava e come.
Un battesimo di fuoco. I primi passi di Fedez nel rap fanno effeto, soprattutto se si concretizzano in (minuto 4:59) “tu nel rap non c’entri un cazzo” a Dank, come frase d’apertura nella sua barra nel botta e risposta. Il pubblico pende a favore di Dank e il rapper di Parma passa il turno. Due round dopo Kenzie Kenzei batte Dank approdando in finale per sfidare un giovane che, dall’altra parte del tabellone, ha battuto ai quarti di finale Moreno e in semifinale Noema. Emis Killa sconfigge Kenzie in finale e alza la cintura di vincitore della quinta edizione di “Tecniche Perfette”. Uno degli emergenti più in vista del momento è campione di freestyle.
Una caduta che sa di accettazione nell’ambiente underground. Nello stesso anno Fedez pubblica il suo primo EP (dalla durata di un’ora) “Pat-A-Cake“, sotto l’etichetta discografica indipendente “Funk Ya Mama” di Esa, storico membro degli OTR. Un buon surfista sa aspettare sopra la sua tavola per cavalcare l’onda giusta: nel 2010 pubblica “BCPT Mixtape“, dentro ci sono Evergreen, Emis Killa, G Soave. Nel progetto c’è “Tu Come Li Chiami“, in cui Fedez insulta carabinieri e militari; nel settembre del 2022, per questo brano, viene anche denunciato per vilipendio delle forze armate, ma il caso cade in archiviazione.
Come se non fosse abbastanza, pochi mesi dopo, pubblica l’EP autoprodotto “Diss-Agio” presentato da un certo Vincenzo Da Via Anfossi, storico membro della Dogo Gang. 7 tracce ribadiscono la volontà di fare sul serio e di essere riconosciuto come un rapper di caratura.
L’EP contiene uno dei brani più iconici della prima parte di carriera di Fedez, “Anthem PT. 1” (di cui Sosa Priority ha parlato anche al nostro podcast).
Un’intervista eloquente alla madre prepara a un esplosione di rabbia, critica sociale sferzante e una visione del mondo elitista, che vede l’aristocrazia massonica tirare i fili e dettare le regole di un Paese-marionetta.
Chuck D dei Public Enemy diceva che il rap fosse la CNN delle strade, Jay Z che l’Hip Hop fosse la fontana della giovinezza che ti coinvolge nel presente. Sono frasi che, se accostate al primo Fedez, non stridono poi così tanto.
Marzo 2011. Fedez realizza “Penisola Che Non C’è” con €500: “o la va o la spacca”, e il disco ha spaccato. Il progetto- senza featuring -, denso di critica sociale e figlio di una visione politica non aderente a quella propinata dai media tradizionali (ma questo Francesco ve lo ha raccontato molto meglio di me), macina numeri, inizia a scrollarsi la polvere dei circoli underground, mette la testa fuori dal sottosuolo e con la coda dell’occhio guarda il mainstream.
Dalle tracce fanno capolino quelli che saranno i tratti stilistici preponderanti e distintivi di Fedez: i giochi di parole, le metafore esagerate nel sembrare argute e i ritornelli elettronici si assemblano in una proto-forma di ambigua e contraddittoria ironia capace di fargli dire tutto e il contrario di tutto, prendendone le distanze senza prendersi sul serio.
Le prime avvisaglie, ad esempio, sono nel ritornello di “Volevo Fare Il Rapper”, in cui, in maniera nemmeno troppo velata, critica l’ambiente in cui sta navigando mostrandosi come una figura alternativa, che mette la realness in prima fila.
Saluta i coglioni
Fedez – Volevo Fare Il Rapper (Penisola Che Non C’è, 2011)
Gestisci le emozioni
Pubbliche relazioni
E vedrai che così funzioni
Evitare guerre
Saluta anche le merde
Ma io volevo fare il rapper
Mica il PR
“Il Mio Primo Disco Da Venduto”, Fedez costruisce la prima action figure della storia del rap italiano
Passano appena 9 mesi e Fedez firma per la neonata “Tanta Roba” di Guè e DJ Harsh inaugurando la nuova realtà con il suo secondo disco ufficiale “Il Mio Primo Disco da Venduto“, rilasciato in freedownload.
Il rapper, per anticipare il progetto, pubblica il video ufficiale di “Jet Set“. Un milione di visualizzazioni in una settimana. Ricordo ancora che scoppiò il caso intorno a Tanta Roba. Tutti si chiedevano se l’etichetta avesse o meno comprato le visualizzazioni. La verità non la sapremo mai, ma l’entusiasmo intorno al rapper era tangibile: live sold out, code lunghissime alla presentazione del disco e un pubblico molto giovane, attirato come falene dalla luce giallognola, calda, catchy – al tempo – da filtro di Retrica.
Un rapper teen-idol così anti-reazionario, coerentemente incoerente e da una scrittura a effetto per chi non era avvezzo al genere, spigoloso e fuori dal coro. Controcultura stregante per chi non è avvezzo al mondo Hip Hop, specie in giovane età.
Il disco esce e la risposta del pubblico è forte, entusiasta; i sostenitori del rapper sono agguerriti e sostengono quello che sentono come un paladino di veridicità. La critica societaria rimane costante, spicciola, le rime semplici si adattano a dei suoni dubstep avanguardistici, con una cassa così dritta da creare delle fratture che sarebbero poi diventate insanabili con l’Old School. La copertina de “Il Mio Primo Disco Da Venduto” è in grado di sintetizzare tutto.
Fedez vende un modellino di Fedez ad un uomo d’affari, canonicamente rappresentato in abito da “colletto bianco” con al polso un orologio, pronto a rimettere l’action figure del rapper sul mercato. L’autore sta dicendo, in maniera piuttosto esplicita, di essere entrato nel mainstream, di aver realizzato un disco commerciale, talmente commerciale da fare il giro e diventare gratis, scaricabile in freedownload.
La scena rap mainstream, quella in cima, quella che sta picconando per sfondare del tutto le porte del mercato, lo riconosce. Marracash, che lo aveva definito uno degli emergenti più interessanti del momento è nel suo disco, i membri dei Dogo sono nel disco, J-Ax è nel disco, uno sbarbato Gemitaiz (che insieme a lui in “Parli di Rap?” si scaglia sui criticoni dell’Old School) è nel disco; i timbri di chi conta diventano le garanzie di qualità. Fedez non sta vendendo la sua musica, sta vendendo il personaggio. La musica è il il materiale esornativo che caratterizzerà il suo personaggio. Da questo disco in poi diventerà il suo paradigma.
Nello stesso anno compare nell’album dei produttori Don Joe e Shablo “Thori & Rocce“, nel brano “Fuori luogo“, insieme a CaneSecco e Gemitaiz (anche in “Hanno ucciso l’Uomo Ragno 2012” di Max Pezzali, in “Jolly Blue”). Il succo del discorso è quello del brano nel disco di Don Joe e Shablo: Fedez è fuori luogo, non si ritrova più in nessuno dei “contenitori mediatici” in cui è collocato.
“Non mi sento parte del Jet Set, non sono una star“. L’anti-divo rifiuta la tv che ha sempre criticato e berlusconianamente, nel 2013, se ne crea una tutta sua sulla nuova televisione dei Zillenials, diventando il divo delle “Zedef Chronicles“. La mini serie a puntate, organizzata in due stagioni e disponibile su YouTube, racconta le peripezie del suo tour, mostra tutti gli ospiti del disco (con lui la Troupe D’Elite di Ghali, Ernia, Maite) e rivela gli spaccati della realizzazioni di un nuovo imminente album.
In un momento in cui lo streaming non era pervasivo come ora, la serie ha portato un nuovo modo di raccontare funzionale a spettacolarizzare la “normale” vita di una star in crescita, fidelizzando e riuscendo a vendere umanizzato il pupazzo nella scatola. Un po’ quello che è successo con la serie sui Ferragnez, ma quello lo spiegherà meglio Simone.
Qui c’è il punto di non ritorno e il definitivo distacco dall’ambiente Hip Hop. La presa di coscienza di uno stile di scrittura riconoscibile, di un personaggio collaudato, la capacità di reggersi in piedi con e senza il rap. La pubblicazione di “Sig. Brainwash – L’arte di Accontentare” segna l’accantono del bastone che lo ha retto fino a quel momento.
I singoli sono programmatici. “Faccio Brutto” deride lo stereotipo del rapper finto gangsta, la critica sociale passa da “Si Scrive Schiavitù Si Legge Libertà” ad “Alfonso Signorini“, senza dimenticare “Dai Cazzo Federico” in cui scherza su chi si lamenta della sua troppa faciloneria nei testi. Fedez ora ride di tutto e tutti, di chi rifiuta lo sperimentalismo nell’Hip Hop, anche di sé stesso, schivando ogni possibile attacco. Arrivano i platini con “Cigno Nero” insieme a Francesca Michelin. Il primo disco in major, sostenuto da tanti instore che testimoniano la vicinanza dell’artista al pubblico, riscuote tre dischi di platino.
“L’industria dell’intrattenimento e i media cercano di soddisfare e compiacere il pubblico, creando un’omologazione di massa tramite dei bisogni indotti. Ci lavano il cervello. In un contesto di omologazione, sii tu la differenza, differenzia il tuo pensiero, mantieni la tua originalità, bevi solamente dal bicchiere delle tue idee. Io sono l’alternativa“. Mi piace pensare che la carica simbolica della copertina di “Sig. Brainwash – L’arte di accontentare” dica questo.
Il canto delle sirene dei media – che criticava – iniziano a considerarlo e, nel suo primo ingresso nel pop, iniziano a chiamarlo “rapper”. In un primo tempo ne apprezza le sfumature, se ne fa anche portavoce dicendo che “lui ed Emis Killa sono la terza generazione del rap italiano” (vd. intervista a “Il Corriere della Sera” del 16 marzo 2013).
Passa ad Amici, diventa giudice ad X-Factor, ad “Anno Zero” si scontro con l’ex senatore Carlo Giovanardi in merito alla cannabis. Una Deluxe del disco con “Nuvole Di Fango” insieme a Gianna Nannini. Un’intervista a La Repubblica – del 22 novembre 2013, 8 mesi dopo quella de “Il Corriere della Sera” – in cui dice «il rap è l’ambiente da cui vengo ma che non mi possiede, non mi sono mai sentito puramente hip hop. Già il primo album strizzava l’occhio al pop prima di essere mainstream. Sono nato così, mi sento a più a mio agio adesso».
Analizzando il suo percorso, ci stupisce così tanto? No. Eppure nella battle con Dank prometteva bene: anche se qualche rima sembrava preparata a casa, la fotta c’era, ma forse non è mai scomparsa, ha solo cambiato forma e codice etico.
Conclusioni
Fedez è nato nel contesto delle situazioni Hip Hop, dalle battle, si è cibato di rap, si è poi travestito da avanguardista e ha bucato lo schermo, attirando inevitabilmente l’attenzione sul rap senza farne più parte, per prenderne poi coerentemente le distanze. Una parte della luce che il rap oggi ha, soprattutto del rap rivolto al giovane pubblico, agli occhi dell’industria, è senza dubbio merito o demerito suo. Questo sta a te scegliere.
Intelligenza pratica e fredda del saper scegliere al momento giusto, un’ambiguità dionisiaca pronta ad affermare e negare allo stesso tempo, il saper far squadra mantenendo un individualismo forte, il saper trasformare una sconfitta in una narrazione vittoriosa. Una grande testa dell’idra capitalista.
L’esempio di come, se costruita, la coerenza artistica non sia un ideale sincronico – essere fedeli sempre a quanto detto al momento – ma diacronico, che accompagna le istanze della persona nel tempo, cercando di fare ciò che più si sente nelle proprie corde, creando un ambiente diverso se quello in cui sta non gli piace.
Un businessman non incravattato che si occupa anche di musica, una popstar con il vizio del rap fin dagli esordi (fa rap quando gli va, trattandolo come uno stile musicale, come con “No Game Freestyle” con tha Supreme e Young Miles) che ha scalato con gli “attrezzi del rap” fino a che non si è costruito il suo attico in cima alla montagna. L’emblema di una vita e di uno status symbol agognato da molti rapper italiani che guardano l’America, che segretamente vorrebbero, senza il coraggio di dirlo.
La lotta continua della contraddittorietà di Fedez, che parte dagli ottavi di finale della quinta edizione del “Tecniche Perfette”, si snoda lungo la sua carriera, progetto dopo progetto, fino ad arrivare ai continui contrasti con la scena rap, i suoi collaboratori, la sua ex moglie. Questo però nel prossimo articolo.
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