«Da ragazzo ho letto Dante, l’Inferno pazzo dentro ogni passo/ ora rappo sulla techno per contrappasso» diceva Marracash nel 2006 in collaborazione con i Club Dogo.
«Living dead Mad il vampiro/ torno dalla morte, da Caronte» fa Madman in Veleno 6, menzionando l’oscuro traghettatore dei dannati. «La strada per me è stata come per Dante Beatrice» rappa Guè in Maledetto alludendo alla donna-angelo per antonomasia e, ancora più recentemente, Kid Yugi in Quarto di Bue lancia un avvertimento intimidatorio rielaborando l’incisione all’entrata dell’Inferno: «Lasciate ogni speranza nella trap all’ingresso».
Questi sono solo alcuni fra i numerosissimi riferimenti a Dante Alighieri sparsi nel rap nostrano (per osservarne la maggior parte si consiglia il saggio di Luca Bellone «Diverse lingue, orribili favelle, musica triste senza note». Intertestualità dantesca nel rap italiano) e, ora che anche La Divina Commedia di Tedua è finalmente alle porte, sarebbe lecito farsi una domanda: perché la Commedia di Dante è così citata nel rap?
Cerchiamo di darci delle risposte sul perché l’opera di Dante viene citata così tanto nel rap italiano.
In primo luogo, la Commedia (chiamata “Divina” non dall’autore, ma da Giovanni Boccaccio per l’ammirazione che nutriva verso l’opera), suddivisa nelle tre cantiche di Inferno, Purgatorio e Paradiso per un totale di cento canti, è un testo ad oggi imprescindibile nella formazione scolastica; l’importanza e l’influenza culturale che il capolavoro dantesco ha rivestito nei secoli ha reso il poeta fiorentino fondamentale nel canone letterario (cioè l’insieme di autori tramandato alle generazioni future) e attualmente, la Commedia è probabilmente l’opera più nota della letteratura tutta.
Ma allora perché Dante Alighieri sì e Alessandro Manzoni no? Anche il romanzo storico dei Promessi sposi è al centro dei programmi scolastici dalla seconda metà dell’Ottocento, eppure nel rap italiano è stato scarsamente citato.
Cos’ha in più la Commedia? Come vengono utilizzati i riferimenti a Dante nel rap italiano?
La risposta è che l’avventuroso viaggio del poeta dalla selva oscura fino a Dio non è l’unica lettura possibile dell’opera.
Infatti, superando il senso letterale, l’itinerario ultraterreno di Dante, che per arrivare alle porte del cielo è costretto ad affrontare i gironi infernali ed espiare le proprie colpe scalando la montagna del Purgatorio, è interpretato in chiave allegorica come un duro cammino alla ricerca di redenzione; questo archetipo narrativo, dall’epica antica alla letteratura contemporanea, torna ciclicamente in forme diverse.
Ai giorni nostri, l’idea del percorso di riscatto dal male più efferato al bene più assoluto non può non intercettare il concetto di rivalsa sociale from the bottom to the top alle fondamenta della cultura hiphop.
L’Inferno di Dante nel rap italiano
Al di là di progetti dall’impronta più letteraria come il suggestivo Infernum di Claver Gold e Murubutu, concept album nel quale i due autori hanno scrupolosamente adattato alle forme del rap determinati passaggi dell’Inferno, nella discografia italiana sono innumerevoli gli accostamenti proposti dai rapper tra il mondo della Commedia e la quotidianità contemporanea.
L’Inferno dantesco nel rap può diventare una vivida ed efficace incarnazione di malessere, sofferenza, cattiveria, oppure farsi specchio delle violente dinamiche della vita di strada.
«Lasciate ogni speranza voi ch’entrate
Jake La Furia – Quando Sarò Morto… (King Del Rap, 2011)
l’Inferno con le chiese, le righe stese, il Bel Paese»
«Qua più spacco, più mi fermano se sono a spasso (Ciao)
Madman – Guarda Mamma (MM Vol.1, 2013)
Inferno dantesco con il contrappasso»
«Il suono è così fresco che è già inverno dal testo
Lazza – Super Santos Freestyle (2016)
Ma dentro il peggio frà è un inferno dantesco»
«Sguardo attento alla pattuglia non accendo i fari
Shiva – Santana (Santana, 2018)
Finché sto in giro in Ferrari in gironi infernali»
«Se la fama è un inferno, vengo con Dante»
Salmo – Lunedì (Playlist, 2018)
Il Purgatorio di Dante nel rap italiano
Suggestiva è la terza strofa di Testa o Croce, nella quale Jake La Furia e Egreen si alternano, proponendo immagini legate non solo all’Inferno, ma anche al Purgatorio:
Jake La Furia:
«Siamo passati dall’inferno della musica di nicchia
Diretti a un inferno di bimbiminchia»
Egreen:
«Io ancora in ‘sto purgatorio
Tredici anni d’ora d’aria col fiato sul collo
E sopra la mia testa più di un avvoltoio»
Il primo accosta all’Inferno sia la condizione iniziale del rap italiano sia la deriva eccessivamente mainstream del genere e il secondo associa al faticoso iter del Purgatorio la propria affermazione nell’underground, una sorta di mondo di mezzo nella scena rap.
D’altronde il Purgatorio, luogo di lenta purificazione per le anime, spesso nel rap è richiamato proprio per conferire un’idea di stallo o di attesa, ben evidente ad esempio nelle seguenti barre di Danno.
«A comando sullo schermo, paradiso e inferno
Danno – Canale Zero pt.1 (Argento, 2017)
Stress quotidiano e purgatorio eterno
Ragione o sentimento, pillole, macchine
Ma è tutto quanto immobile, fermo immagine»
Il Paradiso di Dante nel rap italiano
Il Paradiso, meta finale di beatitudine eterna, ricorre frequentemente con la speranza di accedervi nonostante gli errori commessi, oppure è metaforizzato come obiettivo definitivo, il più delle volte ancora non raggiunto.
«Non hanno capito, il mio spirito è vivo
Tedua – Inferno (Don’t Panic, 2021)
DanTedua all’inferno verso il paradiso»
«Dall’Inferno al Paradiso
Ketama 126 – Angeli Caduti (Rehab, 2018)
Dalle lacrime al sorriso».
In conclusione, quando parliamo di rap, ricordiamoci di quanto questo genere riesca ad assorbire straordinariamente il patrimonio culturale di ciascun paese.
Se parliamo della Commedia invece, teniamo bene a mente il valore inestimabile di un’opera che, a distanza di più di settecento anni dalla morte dell’autore, sa essere ancora attuale.
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