Che sia la Damasco dell’Orlando Furioso o la Dublino di James Joyce, l’idea di una città malfamata, macchiata dal peccato, è un topos narrativo diffusissimo nella narrativa occidentale.
Sin dai racconti biblici di Sodoma e Gomorra, le città gemelle cadute nella perdizione e nel peccato che verranno epurate dal Dio vendicatore del vecchio testamento, fino alla Coketown dove Charles Dickens ambienta Hard Times, queste città si sono distinte in due diversi ruoli all’interno delle narrazioni che le vedono protagoniste.
Nel primo caso, come nella città di Dite della Divina Commedia, si tratta di un luogo da visitare ed allo stesso tempo affrontare e superare, una sfida per il protagonista. Nei riferimenti che Tedua fa all’opera Dantesca nel suo disco omonimo Milano assume appunto le caratteristiche di Dite e non sarà l’unica volta che il capoluogo lombardo rispecchierà questo paradigma narrativo.
Già nella seconda traccia, la prima ambientata all’Inferno, dopo l’intro presumibilmente collocata nella Selva Oscura, le prime parole che vengono pronunciate sono “Attraverso lo Stige e le mura di Dite“, non la città, ma le sole mura, dando quindi l’idea che la stessa Dite(o Milano se vogliamo) sia il vero inferno dove Tedua incontra il suo passato attraverso un gioco di autorefenzialità e citazionista tenendi al centro della narrazione un luogo da ricordare, probabilmente Genova ed un luogo da affrontare, appunto Milano.
Nel secondo caso invece, come può essere la Gotham City fumettistica e cinematografia dove sono ambientate le avventure di Batman, si tratta di un luogo sì degradato e basso, ma al quale il protagonista è legato e che non cercherà di sconfiggere, ma di emergere da esso, magari salvando dalla perdizione più persone possibili. Anche in questo caso Milano è stata usata innumerevoli volte: da Ernia a Rose Villain, senza dimenticare Jake la Furia o J-Ax, ma fare un elenco sarebbe davvero superfluo.
Perchè proprio Gotham come corrispettivo di Milano?
Nell’idea originale dei suoi autori, Bill Finger e Bob Kane, Gotham City sarebbe dovuta essere il corrispettivo di New York, una New York figlia del suo tempo però, la New York di Wall Street e del proibizionismo, quella della criminalità di strada, non la New York delle luci e di Time Square (quella sarà nell’ottica fumettistica Metropolis, la città di Superman), ma la New York dei vicoli, quella grigia, ma di un grigio che fa risaltare il bianco ed il nero: il pover’uomo della strada che fatica ad arrivare a fine mese e cade nella criminalità ed il magnate d’industria corrotto convivono all’interno dello stesso immaginario.
Quella presentata dei due autori originali è quindi una città Gotica non solo per le sue architetture, già qua un grande punto di contatto con Milano, ma anche nella sua anima, anima che Milano sembra avere per gli artisti che la vivono.
Del resto la descrizione fatta della Gotham originale, se trasportata al giorno d’oggi, può essere vicina a Milano, ma come la stessa Milano può essere simile a New York: i parallelismi su sprecano, la fittizie industrie Wayne e la Ace Chemical possono diventare facilmente analogie per Wall Street e per Piazza affari. La città periferica di Bludhaven può essere interpetata come il New Jersey o l’interland milanese e si potrebbe continuare per ore ad elencare parallelismi, dal Manicomio di Arkham, alla stessa figura di Bruce Wayne al quale abbiamo già dedicato un post.
Una fascinazione ulteriore che porta Gotham ad essere considerata la città ideale per la narrazione è la fascinazione per un luogo così pittoresco e pittorico per come è stato rappresentato dai numerosissimi artisti che hanno rappresentato la città della DC Comics sia al cinema che su carta, al dì là dell’immaginario gangster newyorkese che evoca e che è per natura molto legato alla narrativa hip hop.
“Milano sembra Gotham” non è una frase che serve a far rivalsa sul proprio luogo di origine, si tratta di una similitudine che al suo interno raccoglie una descrizione accurata e critica di quel che è per gli artisti la propria città.
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