Lasciata da parte la penuria estiva di ogni anno si torna finalmente a parlare di uscite importanti, d’altronde che settembre fosse un mese perfetto per ricominciare lo avevamo già sentito dire da Gazzelle, e quale disco migliore se non quello di Night Skinny per ritornare con il botto?
Botox esce il 16 settembre dopo una campagna di comunicazione incalzante e che cavalca i ritmi moderni: dopo aver annunciato l’uscita per il mese di settembre Skinny monopolizza l’attenzione social sul genere scegliendo di gettare il master del progetto nel Mar Adriatico, in un punto esatto di cui ha rilasciato anche le coordinate per scovarlo e, successivamente, ha svelato nome per nome i 40 artisti presenti nel disco. Una quantità enorme difficile da amalgamare ma che ha destato scalpore e inevitabilmente alzato le aspettative. Entrambi gli aspetti (la comunicazione ed i 40 ospiti) hanno rappresentato un’arma a doppio taglio: se da un lato l’attenzione è stata monopolizzata, dall’altro l’hype bisogna saperlo gestire; ero convinto che Skinny fosse in grado di rispettarlo, poi sono rimasto deluso, poi ho cambiato nuovamente idea in positivo. Ma molti sono rimasti alla seconda opinione elencata.
Le impressioni raccolte da persone vicine mi hanno trovato inizialmente d’accordo su un’importante assenza della componente rap nel disco a favore di una più melodica e Pop. Come se in quasi ogni brano ci fosse sempre del Pop e poi, in subordinazione, del rap. Poi in realtà ho capito che al contrario il rap c’è sempre, ma in quasi ogni traccia c’è quella componente melodica che funge da contorno e che rende più complessa (in positivo) la struttura dei brani. La verità è che gli interventi degli artisti non-rap come Gaia, Elisa, Anice etc. sono tutte di una certa caratura e su questo non ci può essere troppa discussione.
Le scelte fatte da Night Skinny per la realizzazione di Botox non hanno fatto che confermare la capacità del producer di fotografare la scena in un determinato momento storico (come riuscì perfettamente con Mattoni). Le strofe e i ritornelli degli artisti sono perlopiù personali e confezionati in modo da poter essere indirizzati a un pubblico nuovo, ma dall’altro lato ci sono anche molte strofe aggressive e ricche di punchline comuni al mondo Hip Hop da cui tutti noi proveniamo e che tutti noi ci aspettavamo di ascoltare. Verrebbe da pensare che esistano poche vie di mezzo, in realtà in ogni brano c’è un po’ d’introversione e un po’ di ignoranza, forse per accontentare tutti, o forse per accontentare sé stesso in primis. Come dichiarato con tono entusiasta da TNS, Botox è il disco che ha sempre voluto realizzare, un disco “contro l’industria”.
No Skinny, il disco ci fotte e come con l’industria, ma va bene così perché l’industria adesso siamo noi. Bisogna essere consapevoli del fatto che il rap italiano oramai non sia più solo rap, ma un po’ pop e un po’ tutto insieme. La tendenza figlia degli ultimi anni è vedere l’it-pop che si sorregge con il rap e viceversa, non si sa dove finisca uno e dove inizi l’altro e Botox riflette anche questo. Dieci anni fa potevamo vedere collaborare artisti diversi come i Club Dogo con Giuliano Palma sentendo linee di demarcazione precise, ma adesso è diverso. La musica leggera italiana suona nei quartieri da prima che nascessimo, ora continua a suonare in modo diverso, TNS lo ha capito, solo i puristi pare non lo abbiano capito. C’è una differenza non troppo sottile tra ciò che uno vorrebbe e ciò che uno può aspettarsi. Ce l’ha anche detto Rkomi: “Vuoi me al primo album? Compra il primo album”.
Botox è un progetto “gonfio” così come lo voleva Skinny, infatti il titolo doveva comunicare la grandezza di un disco così pieno di collaborazioni in cui contasse però solo la musica. E di Rap ce n’è e come in mezzo al collage di generi diversi tipico di Night Skinny. Oltre a strofe di livello dei soliti Geolier, Ernia e, neanche a dirlo, Guè (giusto per fare dei nomi), sono presenti diverse sfumature e riferimenti alla cultura Hip Hop: Noyz Narcos in “Coki” cita il Wu-Tang con C.R.E.A.M. (“In quattro dentro n’Audi, soldi contanti e traumi / Drug rules everything around me”); Ernia in “Addio” riprende il flow del ritornello di “I know what you want” di Busta Rhymes e Mariah Carey; e ancora in “Prodotto” il ritornello è letteralmente una parte della strofa di Jake La Furia in “No More Sorrow”, brano presente in Penna Capitale dei Club Dogo.
Si conclude così la trilogia iniziata con “Pezzi” e l’istantanea fornitaci da Skinny non è forse quella che tutti si aspettavano, ma la soluzione è apprendere la consapevolezza che noi siamo l’industria adesso e ogni discorso da “era meglio prima” suona sempre più anacronistico e me ne rendo conto sempre di più ogni disco che ascolto. Sì, anch’io ho preferito “Mattoni”, ma “Botox” ne è un’evoluzione fedele considerando che 3 anni di distanza, nel 2022, sono un’era geologica. Il disco mi è piaciuto, così come mi sono piaciuti gli altri, ma preferisco le persone “au naturel“, il botulino tende a farsi notare. Ma anche lì è questione di gusti.
Nessun commento!