Recensione di Mattoni
Non riesco a non ridere quando ripenso al racconto di mio padre, di quel suo amico che si vantava tutto fiero di aver fatto l’acquisto del secolo ottenendo una nuova radio per l’auto ad un prezzo stracciato, il tipo però fu di tutt’altro umore quando aprì il pacco e al posto della radio fiammante trovò dentro un mattone. Quello fu il classico esempio della cosiddetta “truffa del mattone”.
Diciamo che una mezza specie di truffa del mattone ce l’ha fatta anche Night Skinny con il suo ultimo album “Mattoni”. Truffa in senso buono, si fa per dire; chiunque conosce un minimo di dizionario urban sa bene che con “mattone” si fa riferimento ad un pezzo bello compatto di droga; vedendo tale nome in copertina l’ascoltatore può aspettarsi solamente un album dissacrante, sopra le righe ed esente da contenuti riflessivi, ma in realtà “Mattoni” di Night Skinny è tutto il contrario.
Il famoso produttore molisano classe ’83, si reca nel suo studio, spolvera le sue apparecchiature, contatta gli artisti e dà vita ad uno spettacolare “all-star game” del rap italiano, riunendo nello stesso progetto ben 26 rappers (Noyz Narcos, Marracash, Capo Plaza, Gue Pequeno, Fabri Fibra, Rkomi, Carolina Marquez, Ernia, Quentin40, Tedua, Ketama126, Side Baby, Franco126, Izi, Shiva, Madame, Vale Lambo, Lele Blade, CoCo, Geolier, Speranza, Achille Lauro, Lazza e Taxi B, Luchè, Jake la Furia e Chadia Rodriguez) che combina a suo piacimento come farebbe un bambino con i suoi nuovi mattoncini di Lego. Gli accostamenti danno vita a dei brani spumeggianti: i pionieri ed i pesi massimi del genere si incontrano sulla stessa traccia con i nuovi rampolli, rapper rappresentanti di Roma duettano con esponenti milanesi, intere zone d’Italia vengono caratterizzate e fatte vivere in dei brani ricchi d’immagini e di sentimento. La grande fluidità e versatilità della scena italiana viene qui imprigionata, colata ad alte temperature nello stampino, resa solida e limata in 16 brani che acquisiscono un grande peso specifico. Solo tre artisti hanno avuto il piacere di avere un beat cucito su misura per loro dal signor Skinny: Luchè, perché lo ha accompagno nel suo viaggio a New York e perché ha reputato il brano molto emotivo, non adatto a duetti, Jake La Furia perché è sempre stato un suo grandissimo fan e Chadia Rodriguez perché, secondo lui, è stata smodatamente ed eccessivamente criticata dal pubblico social.
Gli altri rapper, messi in gruppo, hanno avuto il modo di prendere la rincorsa per fare un salto di qualità non indifferente portando il proprio stile al top. Ogni artista ha avuto qualcosa da dire, non rendendo mai banale nemmeno la solita autocelebrazione. Il contesto, il momento solenne evocato dall’evento della pubblicazione del disco di un producer quasi storico ha fatto sì che anche i rapper meno in forma, più svogliati e adagiati sugli allori, si siano svegliati per tirare fuori il meglio che potevano offrire in quel momento. I risultati sono palpabili; l’ascoltatore che si fa afferrare dalla mattanza musicale di Skinny riesce a percepire l’impegno, la fotta e il lato emozionale messi in rima grazie alla grande maestria del beatmaker capace di mettere a proprio agio i diversi autori presenti.
I nomi più in voga del momento non fanno altro che riconfermarsi, aumentando la loro credibilità e mettendo in piedi validi presupposti per ottenere il più completo rispetto dalla scena rimanente.
Piuttosto che passare in rassegna i vari brani rischiando di dare dei giudizi troppo influenzati dal gusto personale, è importante evidenziare che questo è il primo album di Night Skinny pubblicato dalla major “Island Records”. Tale progetto risulta ancor più pregevole perché seppur sia stato pubblicato sotto una grande casa distributrice, non ha perso l’affascinante componente hip hop: Night Skinny ha avuto il coraggio e la sfrontatezza di riportare i sample in major, una cosa che non si vedeva oramai da anni. I sample sono dei campioni di canzoni già esistenti; ai novizi e ai più superficiali è importante ricordare che il rap è una musica nata dal taglio e dalla ripetizione di alcuni frangenti di brani già esistenti e circolanti.
Skinny ha riportato in auge la pratica abbandonata da tempo del “copia e incolla” rivestita però da una patina tutta nuova; negli anni addietro risultava un guru nel mondo hip hop colui che era in grado di campionare dei frangenti di brano dai brani più sconosciuti, ora invece, da ciò che ha fatto trasparire il beatmaker molisano, è abile chi riesce a prendere dei sample di canzoni molto famose rielaborandoli in maniera del tutto nuova ed atipica (ne è un esempio il brano “Saluti” con Rkomi, Gué e Fabri Fibra, la base nasce da un campionamento di “All Around The World” degli ATC, un brano leggermente zoticone degli anni ’90, altro esempio è “0 Like – Jake la Furia”, originata da All that she wants degli Ace of Base ). La grande perizia del producer è stata quella di saper campionare brani soul (in “Fare Chiasso” feat. Quentin 40, Rkomi), gospel (“Attraverso me – Luchè), black, musica da camera (“Stay away” feat. Ketama 126, Side, Franco 126) e da sala giochi, adattandoli armonicamente a bassi e a batterie che dettano il tempo. L’autorità che viene conferita ad ogni brano fa emergere una sua particolarità così tanto marcata da rendere la traccia estrapolabile dall’intero contesto per essere facilmente ricollocata in una personale playlist dedicata ad un artista in particolare o ad un preciso stato d’animo.
Vista la massiccia presenza di artisti, il confronto con “Machete Mixtape vol.4” viene quasi spontaneo per l’ascoltatore non del tutto esperto, ma bisogna subito soffocare tale tentativo di accostamento poiché MM4 è un mixtape, e in quanto tale, esso, oltre ad essere un disco concepito da un collettivo, è anche un lavoro nato con un’attitudine molto più scanzonata e baldanzosa, con un focus più mirato all’esercizio tecnico e alle rime ad effetto, diverso invece per il disco di Skinny partorito da un singolo individuo, per di più un producer, che chiama a raccolta i rapper che più si addicono alle sue produzioni e al concept che aveva in testa.
Una volta che la porta dello studio di registrazione si chiude, il rapper che registra una strofa per un produttore deve essere sé stesso, ma al contempo si deve saper rapportare con quello che è il prodotto dell’autore del progetto, intuendo che tipo di mood e argomento applicare alle barre del testo.
Imputabile, forse, a Night Skinny è la gestione dell’hype tra il pubblico e la parte iconografica collegata al disco.
Possiamo chiudere un occhio in merito all’estenuante attesa pompata nel corso del tempo, tanto da non creare nemmeno troppa sorpresa tra i fan, ma non è trascurabile invece, per alcuni l’aspetto grafico.
Se in “Pezzi” la copertina dell’album ritraeva la faccia di un troll ma con un booklet pieno di immagini molto ben curate e particolari, apprezzabili da un amante e da un non amante dell’iconografia, in “Mattoni” troviamo invece una realizzazione molto similare nello sviluppo delle cover dei singoli brani pubblicate nel profilo Instagram di Skinny, poco iconiche e molto somiglianti l’una con l’altra.
In chiosa, si può dire che “Mattoni” rappresenta la cartella clinica della musica rap italiana attuale che attesta la salute e le condizioni del rap game italiano. L’album di Skinny è un disco solido, variegato nelle atmosfere ma compatto nella sua complessità, esso palesa le caratteristiche generali predominanti e le peculiarità che possono diventare i punti di forza di un’intera nazione al mic.
I suoi detrattori possono di nuovo tornare a cuccia; “Mattoni”, come “Pezzi”, se non per qualche breve menzione, non parla di droga, ma di argomenti particolarmente intimi emersi anche in un contesto non troppo privato, a dimostrazione di quanto l’amore per l’hip hop riesca a far sentire tutti uniti, superando le barriere regionali e stilistiche.
Night Skinny ha dimostrato ancora una volta che gli italiani sanno rappare, e pure bene.
Più che un mattone, questo disco è indiziato a diventare una pietra miliare iconica del 2019.
Di Riccardo Bellabarba
Nessun commento!