Il sole sta tramontando. È tarda estate e piove. Fuori si percepisce ancora una leggera frescura. In una stanza poco arredata, c’è un ragazzo, che siede su un cuscino posato a terra. Le luci sono spente. Ha una chitarra tra le mani, un taccuino sulle gambe incrociate. Strimpella due note e appunta, in una penombra ambrata, qualche parola a matita. Gli accordi si confondono con lo scrosciare della pioggia che, entrando dalla finestra aperta, bagna anche il pavimento.
Quando ho iniziato ad ascoltare Il segreto, l’ultimo album di Venerus, ho bussato alla porta di quella camera. Sono entrato e, cercando di essere il più delicato possibile, mi sono accomodato, in silenzio, ad ascoltare le dieci tracce contenute nell’LP. Ed è stato bellissimo.
Se dovessi consigliare il modo più giusto di ascoltare questo lavoro, probabilmente direi di farlo così, a casa. Sì, perché Venerus, con queste tracce ci trasporta nel suo perimetro protetto, nel suo luogo più accogliente. In fondo, Il segreto nasce proprio in un appartamento: il disco si sviluppa nella casa studio del cantautore, a Milano, registrato in presa diretta con la sua band, senza metronomo o post produzione.
L’intimità è la chiave per decifrare le canzoni che Venerus ci regala, e così l’ascoltatore si trova faccia a faccia con l’artista, in un dialogo che più che cantato, sembra sussurrato. Il Segreto è un’ode sospirata alla musica suonata, come ci dimostra la stessa Istruzioni, che apre il disco, semplicemente piano e voce. Il testo è il decalogo di azioni necessarie a far sorridere la persona a cui Venerus si rivolge: l’album si apre nel segno di un’emotività essenziale, che scorre lungo tutti brani del lavoro.
E così Venerus ci fa accomodare e ci fa leggere quello che pazientemente ha scritto sul suo taccuino, ossia 32 minuti di relazioni umane. Nonostante l’amore sembri il tema dominante di tutta l’opera, dietro il sentimento in senso stretto, si cela il racconto di rapporti tra persone, spesso intensi, spesso difficili; certe volte così complessi da sembrare indecifrabili, altre sono semplicemente inventati: e così Non imparo mai è il racconto di un viaggio in taxi, trascorso a rimestare rimpianti verso una destinazione indeterminata; Sola è il primo piano su una ragazza, attraversata dalle sensazione che prova durante una festa, in armonia con sé stessa e il cosmo; Fantasia scandaglia il contatto con una natura autentica, tra percussioni e chitarre acustiche.
Insomma, il Segreto è una collezione dolcissima di attimi autentici, di scambi con un’umanità resa dannatamente reale dalle sensazioni. Gli accordi, le voci, le melodie, i controcanti: tutto sembra suonato davanti all’ascoltatore nell’attimo stesso in cui schiaccia il tasto play, come se prima di quell’istante quella musica non esistesse.
Ad amplificare la semplicità infantile di questi racconti ci sono dei rumori esterni, che sembrano rimasti impigliati nel disco durante la sua creazione, ma che confluiscono nel lavoro finale in modo da dargli tridimensionalità. Durante l’ascolto dei brani si sente, ora tra una strofa e un’altra, ora in un’outro o in un’intro, prima di un ritornello di un bridge, si sente un rumore di passi, il suo di un pullman, voci di persone, un chiacchiericcio indistinto: schegge di vita vera incastrate nelle canzoni.
Tra queste “interferenze” ce n’è una che forse più di altre merita di essere ricordata. Prima che il tuo cane, la quinta traccia dell’album, inizi, si sente un pubblico che applaude e urla, come se la canzone stesse per essere suonata ad un concerto. Il tuo cane racconta una storia d’amore di una tenerezza disarmante: il cantautore desidera reincarnarsi nel cane della persona a cui canta, per accompagnarla nella sua quotidianità più semplice, farle da cuscino mentre dorme, restarle accanto mentre siede, ascoltare ogni suo rumore.
In questo brano si condensano i temi dell’intero disco. Il vocabolario di Venerus è scarno, essenziale, autentico. In un mondo di ampollosi preziosismi Il Segreto ci regale intima semplicità; lì dove sentiamo sempre più il bisogno di ostentazione, Venerus risponde aprendosi la porta della sua personale dimensione; nella dimensione delle Intelligenze Artificiali e della Musica Senza Musicisti, il cantautore ci restituisce l’inconfondibile concretezza di uno strumento suonato da una mano emozionata. E lo fa lì, nel calore di casa sua, dove molte cose non vanno spiegate, perché sono semplicemente così.
Forse qui risiede la bellezza di questo disco. Caro Venerus, custodisci con amore il tuo segreto.
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