L’identità dell’individuo è un qualcosa che si costruisce grazie a molteplici aspetti, molti dei quali indefinibili. Non sai cosa o quale evento ti ha aiutato più di altri ad essere chi sei oggi, puoi solo immaginare i principali.
I ricordi sono spesso alterati, molti tendiamo a nasconderli in profondità e altri semplicemente sono futili. Avete presente quando si dice “non mi ricordo neanche cosa ho mangiato ieri”? Fa ridere perché si dà per scontato che chi lo dice stia mentendo, ma sono convinto che molti di voi non lo ricordino, come anche chi scrive d’altronde.
Non siamo sempre noi a decidere le cose più importanti da ricordare, ed è assurdo immaginare quanto un singolo ricordo o un’offuscata reminiscenza incidano su giudizi e azioni nel presente.
Ad esempio, mi è capitato di discutere in redazione di “Chi Vuole Essere Fabri Fibra?”, quinto album in studio del rapper marchigiano, dato che avrei dovuto scrivere a riguardo.
Io che con tono festante elogiavo il disco di cui, a prescindere dai gusti, si parla comunque troppo poco nel macrocontesto relativo a Fabrizio Tarducci. Altri redattori che, giustamente o meno, mi fanno notare come in realtà questo progetto sia uno dei meno riusciti di Fabri Fibra, se non proprio il peggiore.
Chi ha ragione? Veramente non importa. Ho un legame con questo disco che con molta probabilità lo rende più piacevole all’ascolto di quanto dovrebbe, ed è squisitamente giusto così. Pensate che noia se non affibbiassimo un valore personale alla musica.
“Chi Vuole Essere Fabri Fibra?” incarna uno dei miei primi ricordi relativi al rap, anche se il primo vede protagonisti me, mio fratello e un suo amico in cameretta, mentre ascoltiamo “In Italia” in riproduzione sul pc, con lo schermo che riproduce il brano con uno di quei video psichedelici pieni di luci in movimento. Sapete di che parlo.
Tornando a “Chi Vuole Essere Fabri Fibra?”, ricordo come fosse ieri la mia intrepida voglia di aprire la copia fisica del disco, mentre viaggiavo nell’Honda Civic rossa di mio fratello, e di metterlo in riproduzione. Non sapevo bene cosa mi attirasse così tanto, ma forse oggi riesco a dare una spiegazione.
Fabri Fibra è stato uno dei rapper più eccentrici che il nostro paese abbia avuto, e ancora oggi, quando vuole, lo dimostra. Era eccentrico nonostante incarnasse il ragazzo di provincia medio, non aveva chissà quale caratteristica estetica bizzarra, ma il linguaggio di Fabri Fibra era tagliente e arrivava dritto in faccia alle persone.
La trasgressione che a ogni età attira l’uomo fa da padrona; pensate quanto possa sentirsi elettrizzato un bambino che sente concetti totalmente assenti nelle canzoni che sente abitualmente in radio, anche capendone forse la metà.
Da un punto di vista cronologico, “Chi Vuole Essere Fabri Fibra?” si pone come intermezzo tra due fasi della carriera dell’ex membro degli Uomini di Mare: se nella prima fase si stava prima scoprendo come rapper e, in seguito all’entrata in major, come artista a tutto tondo, nella seconda fase Fibra ha raggiunto una consapevolezza che lo ha consacrato (da “Controcultura” in poi).
Nell’intermezzo Fabri Fibra non sa ancora cosa vuole fare da grande, sa di aver preso l’autostrada verso il successo ma al contempo sa che ogni cosa ha il suo prezzo e che il tempo è tiranno. “E’ come vivere in una clessidra” canta infatti Daniele Vit nella title track, ma in generale nella stessa si trovano molti spunti utili a contestualizzare e comprendere il Fabri Fibra del 2009.
“E se dovessi partire e non tornare mai
Fabri Fibra – Chi Vuol Essere Fabri Fibra? (Chi Vuol Essere Fabri Fibra?, 2009)
Il mio Paese di sicuro mi direbbe:
‘Non lasciarmi qui nei guai, non finiamola così
Ti ho cercato, quando mai? Sei tu che venivi qui
Vattene via, fuggi da qui
Meglio nessuno che uno così’”
Il rapporto di Fabri Fibra con l’Italia sembra essere di amore e odio, tanto da esternare il suo desiderio di voler andare via e di raccontare in “Speak English” degli stereotipi sull’Inghilterra (dove già ha vissuto) per rapportarli al nostro paese. Storicamente Fibra non perde occasione per criticare il proprio paese, ma allo stesso tempo empatizza molto con gli italiani e i problemi degli stessi.
Questo è un aspetto su cui in redazione siamo sempre stati d’accordo: nessun rapper italiano è italiano quanto Fabri Fibra. Il rapper italiano per gli italiani. Ciò ha anche influito nel suo successo, riuscendo a farsi apprezzare da più generazioni. Poi è ovvio, non è stato un successo edificato solo sul potere della trasgressione, ma anche sulle hit dance dei primi anni ’10. Canzoni che per qualche anno hanno reso la figura di Fabri Fibra quasi quella di un villain per il genere.
Ma qui siamo ancora in un limbo. Fibra non ha ancora realizzato “Tranne Te” o “Vip In Trip” e non è ancora quella figura inscalfibile che nel 2013 fulminava con lo sguardo di MixUp a The Flow e asseriva, gonfiando il petto, “mi vedi preoccupato?” alla domanda sulla concorrenza per l’uscita di “Guerra e Pace”.
Certo, veniva da “Applausi per Fibra” e “In Italia”, due hit nazionali, ma Fabri Fibra ha ancora paura di essere un fuoco di paglia. In tal senso è interessante un passaggio nel documentario realizzato per il disco.
“A volte la missione sembra quasi quella di dover creare qualcuno che si sfoghi per tutti. Ho avuto la fortuna di liberarmi del lavoro per la musica che sfoga determinati punti della vita che non danno fastidio solo a me. Io mi sento molto più un perdente che un vincente. Perché devi pensare che io sia un vincente in tutto questo contesto? Perché la tua vita è talmente vuota da pensare che la mia sia migliore della tua perché sto in giro e suono. Può darsi che io invece stia scappando da qualcosa e la musica mi aiuta a farlo. […] Devi sperare che la gente compri il tuo disco, se non lo compri sei fuori e devi ridare i soldi all’etichetta discografica.”
Alla fine la gente i dischi di Fabri Fibra li ha comprati. E come se li ha comprati. Ma questo Fibra riflessivo e introverso è stata un po’ una riscoperta dopo anni che non si prendeva troppo sul serio, proseguendo ciò che già in “Bugiardo” aveva iniziato. I versi conscious si possono individuare in ogni brano mentre si alternano a quelli più spensierati, ma è in “Alla Fine Di Tutto Questo” e “Incomprensioni” che viene raggiunto l’apice.
Nella prima – molto sottovalutata e che rientra nella mia top five personale di Fibra – si interroga sul futuro, su cosa succede quando la sabbia della clessidra scende completamente e cala il successo.
“Ma dimmi che farai quando cala il successo
Fabri Fibra – Alla Fine Di Tutto Questo (Chi Vuol Essere Fabri Fibra?, 2009)
Alla fine di tutto questo
E quando mi darai quello che mi hai promesso
Alla fine di tutto questo
La gente che era qui si dimentica presto
Alla fine di tutto questo”
Anche nella seconda, molto più mainstream e con uno dei pianoforti più famosi del rap italiano nell’intro, continuano gli interrogativi e l’introspezione più acuta di Fabri Fibra. Ci vorranno anni prima di riascoltare un Fibra così personale.
“Pensi che ho avuto una mano? Ho fatto tutto da solo
Fabri Fibra – Incomprensioni feat. Federico Zampaglione (Chi Vuol Essere Fabri Fibra?, 2009)
Il mio trucco è stato nel trovarmi un ruolo
Ma sono vittima del mio personaggio e me ne accorgo quando
Parlo allo specchio da solo che lo incoraggio
E dico “Vai Fibra, vai Fibra, dillo a tutti
Che prima di cominciare li hai già distrutti”
E la gente ne esce matta quando accade davvero
Quando parti da zero e ci arrivi davvero
Ma succede solo un caso su mille, gente
Se ancora non ce l’ho fatta allora ho perso troppo tempo“
Nel 2009 forse nessuno poteva essere al posto di Fabri Fibra. Anche se forse lo avrebbero voluto tutti. Perché nonostante tutto lo strato di problemi e trascorsi difficili, Fibra non ne aveva né più né meno del ragazzo di provincia medio, e questo non per sminuire, ma il contrario.
Ma chi non avrebbe voluto essere Fabri Fibra? Il ragazzo di provincia che “parte da zero e ci arriva davvero”. L’ho sempre considerato un esempio da seguire, anche se l’ho sempre apprezzato da lontano, non da fan vero e proprio, e probabilmente sono sempre stato affascinato più dal lato umano e solo dopo, come conseguenza, da quello artistico.
Perché Fabri Fibra ha più storie da raccontare e ognuna di esse è facile che sia simile alla vostra. Per questo vi consiglio di recuperare anche i suoi progetti meno considerati e spero, nel mio piccolo, di avervi incuriosito su questa piccola reminiscenza della mia giovinezza che è “Chi Vuole Essere Fabri Fibra?”.
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