La settimana di Sanremo come ogni anno ci porterà tanta nuova musica da ascoltare, non solo le canzoni in gara, ma gli album che i concorrenti rilasceranno.
Dargen D’Amico, come al suo solito in controtendenza, rilascia invece il suo “Ciao America” una settimana prima, dandoci così anche più tempo per goderci il viaggio che ci ha organizzato dentro alla sua mente.
“Ciao America” è uno spaccato del nostro presente: Dargen è ancora magico e la sua voglia di raccontare storie, emozioni e situazioni supera ancora una volta la dimensione della realtà. Come un racconto di Borges, anche questo ultimo disco ha il pregio di essere al tempo stesso uguale e diverso da tutti i suoi progetti precedenti. Pur restando nel presente, lo sguardo resta proiettato al futuro ed è proprio lo stesso sguardo di Dargen in copertina rivolto verso Ovest, verso l’America, la terra delle speranze e delle possibilità, ma anche la terra delle contraddizioni.
Lo Stato a stelle strisce ha sempre ispirato forti critiche e ironia dallo stesso Dargen, ma forse la sfinge che rappresenta questo titolo non si può risolvere così. D’altronde l’enigmaticità nei titoli è una delle caratteristiche principali di JD, nel nome del progetto c’è di più: ci sono le lettere dei parenti emigrati in America mezzo secolo fa, ci sono le paure che il colosso occidentale causa, ci sono tutte le assurdità di un paese incerto e ci sono tutte le sottoculture di cui lo stato dello Zio Sam è pieno.
“Ciao America” è il secondo disco sanremese del cantautore milanese, ma a differenza dello scorso anno questa volta il disco viene pubblicato in maniera insolita, essendo rilasciato giorni prima del festival, senza quindi “Onda Alta”, brano portato in gara da Dargen.
Al netto quindi di un’esperienza di ascolto “incompleta”, aver pubblicato il disco prima dell’esibizione al festival vuole sottolineare l’importanza del progetto stesso dandogli una sorta di rilevanza indipendente dal successo della traccia portata all’Ariston.
“Ciao America” prosegue nell’intento di portare un’alternativa al solito pop italiano, continuando l’esperienza d’ascolto di “Nei Sogni Nessuno è Monogamo”, questo nuovo album si fa ancora più ambizioso. Se da un lato il progetto descrive il presente con uno sguardo al futuro le produzioni sono un evidente richiamo al passato, in particolare agli anni 70′ e 80’. L’anti-pop di Dargen guarda fortemente all’”America” essendo composto da techno, blues, rap e musica cantautoriale.
Dall’Hyperpop nostrano all’Industrial tedesca, tutte queste influenze confluiscono in quello che un ritorno all’elettronica dopo una decade “più classica” rispetto a quella precedente, ritorno che si fa festeggiare lasciando parlare molto la musica: in questo progetto, che forse è la prova più sperimentale del cantautore milanese, quasi ogni traccia ha una coda strumentale, quasi fosse una strofa aggiunta senza voce.
“Ciao America” è bidimensionale. Se da un lato c’è una dimensione pubblica (o sociale) in cui Dargen narra un presente nichilista, un’Europa in balia di se stessa e dei suoi “incubi mediterranei”, dall’altro c’è una dimensione privata, intima e autobiografica in cui Dargen non racconta più in terza persona ma in prima, sfilandosi a poco a poco i suoi caratteristici occhiali scuri per guardare la sua vita in faccia. Questi due aspetti sembrano convivere nel disco, che ci accorgiamo essere posto su un piano inclinato, senza una netta spaccatura, e, man mano che lo si percorre, si scende nei meandri più intimi e autobiografici di Dargen.
Eppure, nonostante il disco sia pervaso da una sottile linea di pessimismo e disillusione, il viaggio, come spesso accade, inizia con l’amore. “Metà di qualcosa” è una ballad romantica dalle sfumature elettropop che racconta il dolore del restare soli e la necessità di legarsi a qualcuno.
“Siamo tutti metà di qualcosa” proprio come nel mito degli androgini di Platone e di conseguenza destinati a ritrovare la propria metà perduta. Postilla doverosa per i featuring tutti spalmati nei primi due pezzi, quasi per dare spazio all’io lirico di Dargen successivamente. Nella prima traccia troviamo Vincenzo Fasano, talentuoso cantautore indipendente sconosciuto ai più, e, quasi a voler controbilanciare, un Rkomi in ottima forma in una delle sue migliore strofe negli ultimi tempi.
La visione malinconica dell’amore prosegue in “Complicarti La Vita“. Il brano colpisce sicuramente per la performance di Beatrice Quinta, pupilla di Dargen già da X-Factor, per il ritornello dello stesso Dargen, nelle strofe invece quella che lascia di stucco è la strofa di Guè.
Non è solo per l’inatteso ritorno di Lucky Luciano e di Corvo D’Argento sulla stessa traccia, a vent’anni da “Tana 2000” dei Club Dogo, loro ultimo incontro, ma per l’emozionante riconoscenza di Guè nei confronti dell’amico, quasi un padre spirituale.
Se oggi sputo le mie fisse in rima è solo grazie a Dargen
Guè in Dargen D’Amico – Complicarti la Vita, feat. Guè, Beatrice Quinta (Ciao America, 2024)
Ma “Ciao America” non è solo questo, la prima parte del disco troviamo non solo i pezzi più vicini ad un pop da radio, ma anche una hit orientaleggiante già edita, Pelle D’Oca, ed Energia Elettronica, un banger techno di scuola tedesca dai bpm veloci e dalla conclusione hardcore, sicuramente la traccia più sperimentale del disco.
Uno dei lati più interessanti del disco è proprio la grande cura e ricercatezza nelle produzioni e nelle linee vocali permettendo a Dargen di percorrere a pieno la sua “America musicale”. Nella grande varietà di contaminazioni spiccano il Blues anni’80 di “6 di Sera” e la forte vena cantautoriale, alla Jannacci, per citare uno degli idoli dello stesso Dargen, di “La Chiave.”
A questo punto del viaggio è possibile accorgersi di una cesura nel bel mezzo del disco: è proprio in questa seconda metà del che il piano si fa inclinato ed il mondo ancora più confuso e contraddittorio.
“La Goccia” è un brano che parla delle periferie e dei quartieri popolari del mondo. Un ritornello onomatopeico e delle strofe dirette vanno a creare un pianosequenza musicale che immortala un quartiere di periferia e i tanti problemi di cui è composto, a partire da quel rubinetto che non smette di perdere. Ormai entrati a pieno nella seconda parte dell’opera emerge un Dargen sempre più riflessivo e autobiografico capace anche di guardare al passato con una certa nostalgia.
“Potevi dirmelo che si diventava tutti ugualmente più vecchi” canta ad esempio nel ritornello di “Check-In” certificando l’inesorabilità dello scorrere del tempo, ma non è l’unica inquietudine che viene manifestata nel disco, passando per “1000 Persone” brano che racconta la pressione e lo stress che può dare la notorietà si arriva all’apice dell’intimità con “Patto Di Fango” un brano densissimo che attraverso vari flashback racconta il rapporto irrisolto e complicato con un padre distante.
A questo punto del disco il piano è inclinatissimo, ma la disillusione esplode nella traccia finale regalandoci un lieto fine dolce amaro. “Vita x Sempre“, traccia che chiude il disco, è una traccia quasi contraddittoria. Su una strumentale ambient Dargen D’Amico racconta attraverso la religione, la speranza e la disillusione, una dicotomia che forse è destinata a non risolversi mai.
In “Ciao America” emerge un Dargen consapevole di essere entrato in una nuova fase della sua carriera musicale, diversa – per forza di cose – dalla precedente, forse più vincolata a logiche di mercato, ma anche questo sarà un viaggio da fare insieme, come sempre nel suo caso: una passeggiata in città grigia con l’artista che ti tiene per mano.
Su “Ciao America” ci sarebbe da dire di più, ma onestamente sentiamo che “Onda Alta“, il pezzo che porterà al festival, sarà la tessera mancante del mosaico che sicuramente non ha ancora finito di affascinarci.
Con la collaborazione di Giordano Conversini.
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