Recensione di ELO
“ELO”, il secondo album ufficiale di DrefGold, non doveva essere né il disco del mese né tantomeno dell’anno visti i precedenti (“Kanaglia” primo disco ufficiale, bocciato e lapidato dalla critica e dagli ascoltatori), ma anche i più temerari che si sono lanciati all’avventura dell’ascolto, muniti di frecce al veleno, si sono ritrovati a dover riporre le munizioni nel proprio fodero e a dover ricalibrare il proprio attacco. Vediamo un po’ più da vicino perché.
Davanti non abbiamo un prodotto che richiede un ascolto impegnato coadiuvato dalla lettura dei testi, “ELO” è un album di facile decriptazione composto da 15 brani e ospitante ben 8 featuring (in ordine: Sfera Ebbasta, Capo Plaza, Tedua, Luchè, Lazza, Tony Effe, Guè Pequeno e l’FSK); ciò che si percepisce fin da subito è la lavorazione diversificata di tutto il composto, il tempo di gestazione dell’album ricopre un arco temporale di quasi due anni, visti i numerosi riferimenti, scherzosi e non, alla vicenda che lo ha visto coinvolto nei guai con la legge a causa del possesso di un gran quantitativo di sostanze stupefacenti in casa, risoltasi solamente nei primi mesi del 2020.
Ciò che ci vuole offrire questa volta Elia Specolizzi (a.k.a. Dref) è il suo lato amichevole e confidenziale che in “Kanaglia” veniva messo in ombra dalla parte giocosa, caramellosa e stucchevole del suo personaggio con i dreads colorati; a fare da sostegno di quanto appena detto è il nome dell’album, “Elo” è infatti il nomignolo diminutivo e affettivo dato al rapper dalle persone con cui è più in confidenza.
Contenutisticamente parlando il disco è semi-vuoto, fatta eccezione per i brani “ELO” e “CHANCE” (quest’ultima in particolare racconta un suo recente periodo di difficoltà), ciò che spicca su tutto sono le brillantissime produzioni di Davis The Kid e Drillionaire che, oltre a riproporre i soliti campanellini accostati alle minimali percussioni, si sono prodigati a campionare fiati, chitarre elettriche e atipiche batterie adattando ai nuovi tappeti musicali le linee vocali di DrefGold, anch’esse tutte nuove e inaspettatamente musicali. Se in “Kanaglia” la monotonia e la ripetitività ridondante erano le costanti, in “ELO” la dinamicità e la novità sono i due nuovi binari: gli esempi concreti sono “ENJOY”,”BANKROLL” e “CALMA” in cui ascoltiamo rispettivamente nella prima traccia elencata un arpeggio armonico di chitarra, nella seconda un beat dalle forti tendenze UK Drill e nella terza un brano con un coro di bambini che cantano il ritornello, molto similare a “LaLaLa” di Lil Wayne (ripresa anche da Gemitaiz nell’omonimo brano presente in “QVC vol.2”), che ricorda la tendenza USA dei primi anni ’10 del nuovo millennio di campionare cori infantili.
L’architettura musicale dell’album è rinforzata e accompagnata dall’inventario di flows di Elo, vari, inediti e dalle fattezze vagamente americane, tipici o di chi conosce bene la materia musicale hip hop o di chi di hip hop ne ascolta veramente in grande quantità, e crediamo tanto (non se ne dolga il nostro Elo) che Dref faccia parte di questa seconda categoria.
“Se ascolti la mia merda dici fanculo al messaggio” non è una barra buttata a caso in un suo brano, è la massima con cui va letta la sua intera discografia; quello che Elo chiede già dall’alba dei tempi, è di sentire la sua musica, più che ascoltarla. Sono in molti, erroneamente, a credere che il rap sia un genere di denuncia fortemente basato sul testo, ma sono in pochi a conoscere la sua origine prettamente ricreativa di tale musica che accompagnava i black party: DrefGold, volontariamente o involontariamente, recupera la prerogativa ancestrale del rap e compone un secondo disco che vuole farti muovere la testa a ritmo, magari mentre sorseggi un drink, con gli occhiali da sole, con i piedi a mollo in una piscina e la sua musica sparata nella cassa.
Le rime imperfette, la metrica impari, e il suo particolare approccio canoro al “to rap” gli permette di spostare giocosamente gli accenti a proprio piacimento, sono degli schiaffi morali dati ai puristi che non ritengono la musica di DrefGold hip-hop rap; Elo non è sicuramente un MC’s di livelli eccelsi vista anche la povertà lessicale rimpinzata da slangs americani italianizzati, ma la compresenza delle singolarità sopra elencate e l’assenza di canoni fissi che regolano l’hip-hop permettono ad Elo di inserirsi in questa tradizione e di diventarne un esponente, sta al pubblico decidere quanto sia più o meno bravo.
Nonostante la crescita avvenuta sotto molteplici punti di vista, è doveroso far presente che la massiccia presenza di ospiti di grande caratura rischia di spostare clamorosamente il focus di attenzione sugli amici del patron di casa, facendolo scivolare non in secondo piano, dove meritano di stare i suoi producer, bensì al terzo: un caso che emerge su tutti è sicuramente “ZERO+ZERO”, in cui Lazza, seppur facendo il suo compitino, riesce a destare l’attenzione di tutti dissando apertamente il noto gossipparo “Social Boom”. Ciò che poteva essere un abbellimento del suo disco, i featuring, diventano qui la sua croce perché quasi in ogni traccia in cui è presente l’ospite, quest’ultimo tende a spiccare più di DrefGold, che vede soffiarsi davanti agli occhi il controllo e la proprietà del brano.
Vista l’ingombrante presenza delle comparse, vanno spese due parole anche per loro: non possiamo che evidenziare l’ottima performance di Tedua, in grandissima forma e pronto al rilascio del nuovo album, non trascurabile è Sfera, dai suoni sempre più latini che aumenta esponenzialmente le aspettative già belle gonfie per il suo maxi-progetto e uno stranissimo Tony Effe dai toni più levigati perfettamente allineati all’umore che la traccia vuole trasmettere (WICKR ME). Rapper tecnici e multiformi come Guè, Luchè , Lazza e Capo Plaza (quest’ultimo un tantino ripetitivo ma comunque efficace) sono posizionati in tracce dall’attitudine leggermente più aggressiva, scanzonata e zarra atti a farle risaltare ulteriormente. Per l’FSK è il loro particolare processo di self-branding invece, dovremmo aprire un discorso a parte, ciò non toglie che “Snitch e Impicci” sia una hit di una potenza devastante.
Nessuno si aspettava un capolavoro (sia chiaro, “ELO” non lo è) da parte di DrefGold, non era legittimo nemmeno pretendere che di punto in bianco abbandonasse i riferimenti allo sciroppo e alle droghe leggere snaturando completamente il personaggio, ma alla fine dell’ascolto del disco la sua crescita e la sua volontà di migliorare appaiono palesi.
L’attitudine hip hop, nonostante essa sia totalmente priva di tratti da fuorilegge come lui spesso sottolinea, c’è, la passione per questa musica altrettanto, la grande sfrontatezza di fare una musica priva di contenuti in un contesto come quello della scena bolognese (impegnato da sempre in questioni politiche dallo sfondo progressista a tinte rosse) non sono cose da poco, ma sicuramente non sono sufficienti a fare quel salto di qualità che un artista in un’etichetta come BHMG deve fare; i ritornelli sono ben confezionati, i bridge canticchiati davvero piacevoli, ma la parte rappata appare sicuramente meno fresca rispetto a quella del suo primissimo lavoro “Kanaglia Mixtape” (dove troviamo “Casco Momo” o “Massarenti”, ascoltare il brano sopra linkato per credere) rispetto a quella di adesso.
DrefGold ha ampi margini di miglioramento, ma il tempo incalza e passare da “promessa” a “fenomeno da baraccone nel dimenticatoio” è veramente un attimo, proprio per questo, ciò che sentiamo di dire è: sveglia Elo!
Di Riccardo Bellabarba e 8 A.M.
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