“Vogliamo solo notare
Enrico Nencioni, L’umorismo e gli umoristi, La Nuova Antologia. (1884)
fin da principio che vi è una babilonica confusione
nell’interpretazione della voce umorismo. Per il gran numero,
scrittore umoristico è lo scrittore che fa ridere: il comico, il burlesco, il
satirico, il grottesco, il triviale: — la caricatura, la farsa, l’epigramma,
il calembour si battezzano per umorismo: come da un pezzo si
costuma di chiamare romantico tutto ciò che vi è di più arcadico e
sentimentale, di più falso e barocco”
Nella narrazione convenzionale quando si parla di comicità si prende come paradigma di paragone la teoria dell’avvertimento del contrario di Luigi Pirandello. Secondo il poeta la comicità è data dall’assurdo di una situazione, che poi, analizzata attraverso l’ironia, sentimento del contrario, questa assume spessore in quanto si va a scrutare oltre l’immediato svelando la tragica realtà che ha portato a quella situazione surreale.
Ma cosa c’entra Pirandello con Nello Taver? Molto più di quanto possiate immaginare.
Quando ci mettiamo all’ascolto di Fallimento veniamo accolti dal solito Nello Taver, molto ironico, forse rispetto al solito un pò più autoironico, che manda sempre un paio di frecciatine sul sociale, ma mai colpendo troppo affondo: un ascolto piacevole e divertente, che però ha qualcosa di strano. Tra una punchline dissacrante ed un’altra vengono fuori dei concetti tristi, non particolarmente sviluppati, ma che, uniti alla curiosità di sentire cosa si sarà inventato nella barra successiva, contribuiscono a tenere sempre alta la soglia dell’attenzione.
Nulla di eclatante direte voi, e lo dicevo pure io, Guè e Speranza fanno il loro e non deludono, Alberi Alti è molto bravo, ma credevo finisse qui. Ma poi sono arrivato alla fine del disco con le lacrime agli occhi ed un gran nodo alla gola.
Dopo “Stronza”, canzone più scanzonata e divertita del disco, il mood inizia a cambiare, la malinconia che finora aveva solo fatto capolino, prende il sopravvento, Nello Taver si toglie la maschera ed è Vincenzo che inizia a parlarci dello stesso Nello Taver. Con questo cambio tematico anche la musica cambia, dal reggae al neomelodico, dal boom bap all’house, le influenze si sprecano e guardano sia alle nuove realtà musicali emergenti sia alla musica napoletana, da Pino Daniele fino a PeppOh.
In questa seconda metà del disco il tema centrale è quello del convivere con un “personaggio scudo” che ci rende sì più potenti da un punto di vista sociale, ma che allo stesso tempo ci estranea dal nostro vero essere. Vengono toccate tematiche come il supporto psicologico, l’incomunicabilità e la vergogna di essere sé stessi e vengono trattate con un’onestà di una brutalità disarmante.
A differenza di altre narrazioni dove questi temi vengono trattati coi guanti attraverso metafore e giri di parole, romanticizzando la tematica e lo stesso artista, Nello Taver ci guarda dal basso e ce li sputa in faccia nel modo più sgraziato possibile, fino a farci capire che in realtà siamo alla stessa altezza.
Come un novello Pippo Sowlo, Nello entra nella tragedia e ne fa una burla, un triste pulcinella che sa di essere visto solo come una maschera e che vuol dimostrare di essere qualcosa di più. La presenza di Inoki in “Selfdissing” non è casuale, essendo la traccia ispirata a “RE: Inoki” dello stesso Pippo Sowlo che affrontava questi stessi temi.
“Ok, non starai un filo esagerando? E’ pur sempre il disco di Nello Taver, è Lol Rap” Capisco chi può pensarla così, chi lo ritiene solo un disco piacevole, ma credo ci sia molto di più.
Il disco ha inquadrato perfettamente tutti coloro che nella vita di tutti i giorni interpretano un personaggio per difendere il bambino spaventato che hanno dentro di loro, perché il più grande terrore è quello di diventare grandi e smettere di credere nei sentimenti puri e infantili, che per quanto qua massacrati e dissacrati, sono l’unica cosa che ci resta giunti alla fine del viaggio.
Ed ecco quindi che torniamo a Pirandello, la maschera non cade grazie all’analisi, è lo stesso artista che togliendosela porta anche noi ascoltatori a mostrare il nostro vero volto, pieno di cicatrici ma sereno di non essere più solo.
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