Rancore è tornato con il nuovo disco “Xenoverso“, anche se, come di consueto, definire un’opera del rapper romano semplicemente come “disco” è estremamente riduttivo. Si potrebbe parlare di un prodotto che allude all’opera letteraria, a una sceneggiatura cinematografica, a un racconto epico o a un abbozzo di trattato socioculturale, tutto racchiuso in 17 brani che iniziano a prendere forma fin dal lavoro precedente “Musica per bambini”, datato 2018. E lì che prende inizialmente forma il concetto di “Xenoverso” di Rancore, attraverso due pergamene posizionate nella tracklist in corrispondenza delle tracce 5 e 9 (“Sangue di drago” e “Quando piove”), un indizio ripreso qui grazie agli skit, posizionati esattamente nella medesima posizione. In aggiunta a ciò il primo skit, la conversazione tra il cronosurfista e il suo pilota automatico, si apre con la frase “vedo che qui mancano due lettere”, quelle che sono già state riposizionate nel passato, ovvero nel disco precedente.
Il concetto di Xenoverso si può analizzare sotto due punti di vista: quello etimologico e quello fornito dall’artista nel disco stesso. Partendo dall’etimologia, la parola deriva da due componenti: rispettivamente da xenos, dal greco, che significa “straniero” o “estraneo”, come si sente Rancore nei confronti del nostro universo inteso come contesto di vita, e versus, dal latino, che sta per “volgere”.
L’altro punto di vista è quello che ci viene dato dall’artista all’interno del disco, in particolare negli ultimi due brani, che non a caso sono gli unici due che si discostano dal concept, andando su riflessioni personali dell’artista. Qui ci viene spiegato come Tarek si senta estraneo a tutto ciò che lo circonda, arrivando a percepirsi come un sostituto di sé stesso collocato all’interno di un universo non suo. Resosi conscio di questo, arrivato a una sorta di pace grazie alla quale riesce comunque ad apprezzare ciò che lo circonda tramite gli occhi di uno straniero che è qui di passaggio e che racconta quanto vede senza sentirsi parte di esso, il rapper inizia a vestire i panni del viaggiatore, voce narrante di tutto il disco.
I fan di vecchia data apprezzeranno sicuramente il concetto dualistico, dicotomico, fatto di tesi ed antitesi (es. Darkness/Sunshine, Acustico/Elettrico), di “Rancore-Rinquore” mai completamente risolto e onnipresente nella sua discografia. Se in “Superlativi” sembrava che la parte più oscura e razionale di Rancore avesse abbracciato la parte più emotiva e irrazionale di Tarek dando il via a una completa fusione, questo spirito della sintesi fa parlare prima una poi l’altra voce, senza far mai capire quale è delle due.
L’album ha tutti i tratti di un’epopea spazio temporale, a partire dal comparto sonoro, scelto accuratamente per dare quel particolare tono, ma allo stesso tempo perfetta per far sentire l’artista a suo agio. L’opportunità di lavorare con più produttori ha permesso al rapper di scegliere comporti sonori capaci di valorizzare il suo flow e le sue linee vocali, oltre a dare una sensazione di evoluzione dal punto di vista musicale rispetto ai lavori precedenti, con sperimentazioni su nuove atmosfere ma anche rimandi al passato. A ciò naturalmente si aggiunge il comparto lirico, che da sempre compone la grossa forza di questo artista.
Nell’ascolto del prodotto si ha la sensazione di essere davanti a un album tripartito, scandito dagli skit. La prima parte guarda al passato abbracciando tutte le sue radici culturali in una fusione di filosofia, storia e letteratura, con rimandi alle favole, all’immaginario della mitologia medievale, all’antico Egitto e la citazione di molti filosofi famosi tra cui Nietzsche, Aristotele, Platone e Democrito.
Prima di andare avanti è bene che si tenga a mente il significato della traccia “Ombra” che ci potrebbe guidare in tutto il senso del progetto. In questa prima traccia dell’album, Rancore ci proietta in uno dei Versi alternativi da lui immaginati: quello delle ombre del mondo reale. Infatti, nonostante vediamo le ombre come una proiezione del nostro mondo, Rancore si immagina che queste esistano in una loro realtà e che abbiano una coscienza e dei sentimenti.
Nello specifico nel brano l’ombra di Rancore esprime il suo punto di vista sulla sua controparte, facendo presente come si possa sentire in situazioni che per noi sono naturali ma che possono essere traumatiche per le ombre. L’ombra è il residuo di quello che accade nell’altro Verso, una proiezione che arriva fino a qui nel nostro mondo. Infatti spesso, senza che ce ne accorgiamo, l’ombra si muove diversamente da come ci muoviamo noi.
La seconda parte, introdotta dal primo skit (“Cronosurfisti”) guarda ad un ipotetico futuro distopico fatto di guerre e rivoluzioni, in cui il protagonista deve viaggiare per recapitare tre lettere: una nel 2036, da un soldato alla sua amata nel corso di una guerra, la seconda nel 2048, da un padre obbligato ad abbandonare suo figlio a causa di doveri nei confronti dell’umanità, e la terza nel 2100, volta a tutta la popolazione per descrivere i motivi della rivoluzione. Tutte queste lettere sono indirizzate al nostro universo, dettaglio che ci fa capire come queste siano le preoccupazioni di Rancore per il futuro della società.
Nella terza parte prende il via il vero e proprio viaggio nello Xenoverso, che compone non a caso la parte più corposa del disco, introdotta dal secondo skit (“Guerra di versi”) in cui si ascolta un dialogo tra il viaggiatore e un compagno di suo padre che ci racconta del conflitto tra i “versi” e della speranza di costruire un dialogo per migliorare la situazione. Questa sezione è composta dai racconti di viaggi di Rancore dallo Xenoverso verso l’universo, tra dimensioni, tempi e spazi volti a costruire una metafora della nostra società in cui Rancore ci racconta i problemi che ci affliggono, come guerra e analfabetismo funzionale, ma anche le bellezze di questo mondo, come le meraviglie che si possono visitare viaggiando attraverso i continenti o le bellezze mentali raggiungibili viaggiando con la fantasia da bambini, guidati dai libri e dai racconti.
Questa sezione si conclude con la traccia “Xenoverso”. Qui l’artista parla dei dubbi riguardo alla sua appartenenza a questo mondo grazie ad una serie di parallelismi con la religione, necessaria anche a introdurre l’outro del disco, fatta dagli ultimi due brani che, come abbiamo già detto, si discostano dal concept per spiegarlo e dare una chiave di lettura all’ascoltatore.
In tutto ciò si trova tutto quello a cui il rapper ci ha abituato negli anni, ovvero una scrittura estremamente tecnica fatta di incastri, giochi di parole ed esperimenti metrici (ne è un esempio il brano “Le rime (gara tra 507 parole)” scandita dal conteggio delle parole utilizzate, 507 appunto) oltre alla capacità già dimostrata, e in questo caso elevata a opera d’arte, di costruire un concept e seguirlo per tutta la lunghezza del disco, inserendoci una grossa componente personale sapientemente celata.
Xenoverso di Rancore non è un disco per tutti e non saremo sicuramente riusciti a cogliere tutti i riferimenti da lui messi, ma ciò che possiamo dire è che un prodotto che va ascoltato con cura e attenzione.
Per percepirne tutta l’essenza andrebbe quasi decifrato, ma, una volta riusciti ad entrare nei panni del viaggiatore, si rivela un’opera capace di carpire tutta l’attenzione di chi ascolta, trasportandolo nella nave 507 guidata da Rancore attraverso lo spazio tempo alla ricerca di nuove esperienze.
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