“Rondodasosa nel 2025 è un nome al margine della scena italiana”.
Ai tempi del covid un enunciato del genere poteva sembrare una follia. In prospettiva, Rondodasosa sembrava proiettato a diventare una delle prossime stelle del rap italiano, un erede di Sfera Ebbasta in termini di vendite e rivoluzione del suono e del linguaggio del genere nella penisola. Eppure, per quanto il copione all’epoca potesse filare, forse è stato così solo in parte.

Il concetto di “Trenches” per Rondodasosa sembra essere un aspetto fortemente legato alla vita del rapper. Non si tratta solo il nome dell’etichetta da lui gestita, bensì di un luogo metaforico in cui Rondo si nasconde prima di entrare in guerra col rap game italiano. Proprio come fosse in trincea, appunto. E Rondo, la cui attitudine potrebbe sembrare troppo filoamericana per il pubblico italiano, di guerre e faide se ne intende.
Non si parla di diverbi solo con artisti ma con un sistema che prima ha preso un ragazzo di strada, lo ha catapultato verso la bocca del successo che lo ha ingerito e poi risputato, come se non avesse più nessun sapore né nulla da dire. In “Blue Tape”, Rondo si è allenato ed ha affinato il suo suono nella stanza dello spirito e del tempo, in totale solitudine, per avere la conferma di essere capace di camminare con le proprie gambe, richiamando a rapporto il suo seguito.
Nello hiatus che ha portato a “Mattia”, il suo ultimo – così pare – progetto per il mercato italiano, Rondo ha detto tanto. Ma soprattutto ha fatto tanto: musica, litigi e probabilmente tante battaglie fuori dai riflettori. Si è parlato poco anche dei leak che, a detta dello stesso artista, hanno complicato la realizzazione del disco e ne rimandato l’uscita. Queste situazioni hanno isolato ancora di più il rapper, rimasto senza riferimenti o contatti fidati.
Forse è anche per questo che Rondo è rimasto solo: un po’ per la sua attitude e un po’ per altri motivi, anche se la solitudine sembra essere un elemento dominante del suo terzo disco da solista. Il titolo e la copertina del disco sono super aderenti all’attuale momento del rapper di San Siro: il progetto è solo ed esclusivamente “Mattia” e nessun altro, perché a Rondo non è rimasto nessun altro se non sé stesso.
Partendo dalla copertina, troviamo lui da solo defilato sulla sinistra dell’immagine, con al collo una chain enorme a forma di una “M” e una “Y” che si intrecciano che dovrebbero stare per “Mylan” (logo identico a quello della “Young Money Entertainment” di Lil Wayne), simbolo presente in gigantografia su sfondo nero sulla bandiera della cover. Usare questo punto di partenza ci aiuta, in primo luogo, a capire cosa circonda il disco, sia a livello di contesto che di immaginario.
Ho aspettato molto “Mattia”, ero curioso del progetto, perchè sto seguendo attentamente da ormai 3 anni la carriera di Rondo sia per motivi prettamente lavorativi che per interesse personale nei confronti dell’artista e del suo percorso fino ad ora mai lineare, ed anche per questo motivo, molto interessante.
Sono tanti gli input che possono arrivare da “Mattia”, soprattutto in ambito stilistico e musicale, perché Rondo si è buttato a capofitto all’interno dei suoni oltreoceano. L’impressione che mi è arrivata dall’ascolto del progetto è che Rondodasosa si conferma probabilmente il rapper più coraggioso del rap game italiano. Nessuno in questo periodo ha la possibilità di mettersi completamente in gioco come fa lui, prendendo le distanze da una scena italiana, definita da lui stesso, troppo pop.
“Non voglio vedere nessuno che non sia cash, chiaro?
A me piace la bella vita, tipo Rollie, case e auto
Meglio fare fell off che vendermi al pop italiano
Chiamami pazzo, ma non fotterò mai con quel lato”
Rondodasosa – SWANG (Mattia, 2025)
Proprio in funzione di ciò, se per lui il rap italiano è indistinguibile dal pop, le scelte stilistiche di Rondodasosa meritano certamente delle considerazioni. Ben 15 brani per circa 44 minuti totali di musica. In questo lasso di tempo, Rondo ha mostrato più che mai rispetto ai progetti precedenti il suo bagaglio culturale del rap statunitense e, più nello specifico, delle sue influenze.
Gli ascoltatori più attenti avranno certamente notato che pressoché ogni traccia approfondisce un sottogenere diverso rispetto alla precedente. Ecco perché è un disco davvero di Mattia, non solo in quanto a titolo.
L’apertura, con “Welcome to Mylan” ci catapulta dentro il mondo del rapper, che riprende ill Southern Rap di fine anni Novanta e di inizio anni Duemila. “Mylan” diventa Atlanta, diventa Port Arthur, diventa New Orleans, diventa Miami e anche un po’ Memphis. Questo perché come le trenches, anche Mylan è un luogo quasi mentale, dove Rondo si proietta. Il disco prosegue poi con influenze, sia musicali e di flow, che arrivano dal Tennessee come in “Whigga”, con Guè, in cui il ritornello è un omaggio all’iconico flow di Project Pat. Provare per credere, ascolta questi brani:
- Three 6 Mafia – Poppin’ My Collar (Official Video) ft. Project Pat
- Drake – Knife Talk (Official Video) ft. 21 Savage, Project Pat
Non solo il Sud degli Stati Uniti perché c’è spazio anche per Nord Est e la Pennsylvania, col suono di Philadelphia in “Al Pacino” dove l’influenza di Meek Mill fa da padrona. Per dare altri riferimenti, troviamo pure delle spiccate influenze che arrivano dal Midwest, prevalentemente da Chicago e Detroit, arrivando fino a toccare un po’ il flavour del Jay-Z più morbido.
Insomma, ascoltare “Mattia” aiuta a comprendere anche i gusti di Rondo per via del continuo cambiamento di suono, pur coeso nonostante ciò, che arriva anche alla commistione di campioni quasi cloud à la Clams Casino e Lil B con dei rimandi alla rage in “Tranzit”.
Proprio “Tranzit” chiude la prima parte del disco, a livello di sound e non solo. La traccia inizialmente aveva una strofa di Glocky, poi rimossa dal rapper di Piacenza, anche se Rondo ha deciso di mantenere il testo e cantarlo lui. Di questi 9 brani, troviamo dei momenti alti in brani come nel trittico “Ballin”, “Duomo” e “Swang”, tra intuizioni di scrittura e grande carica esplosiva. E come la Madunina del Duomo di Milano, Rondo è in cima che guarda la sua città dall’alto ma lo fa da solo.
Nell’intervista con Rolling Stone, il rapper ha parlato delle conseguenze causate dal vivere questa vita veloce e frenetica. Se da un lato, il rap ha permesso a un giovane ragazzo di San Siro di cambiare la sua vita, dall’altro lo ha isolato per diversi motivi. Opportunisti, amici falsi e il lato oscuro del successo, che amplifica la vita e rivela le persone per quello che sono. Una vita a cui Rondo, forse, non era ancora preparato e contro la quale ha creato una seconda pelle, una corazza, che si manifesta in una forte energia da taluni superficialmente definibile arroganza.
“Ho fatto crescere gli artigli
Per sopravvivere in ‘sta savana
Perché qua sono tutti finti
Non spreco tempo con i parla parla”
Rondodasosa – DUOMO (Mattia, 2025)
E allora ecco come la copertina e gli argomenti del disco si intersecano tra loro. Nella copertina, il rapper si mostra a petto nudo, privo di corazze, proprio come cerca di manifestarsi nei vari brani del progetto coperto solo dalle collane che sono un indice di rivalsa più che di opulenza. Gli occhi sono coperti ma “Mattia” si apre come mai prima d’ora.
Infatti, la narrazione di Rondodasosa per tutto il disco è questa: la fiducia nei confronti degli altri è ai minimi storici, probabilmente siamo all’apice della presenza di questo elemento nella sua musica e, per tutto il disco, strettamente correlato ad un altro ambito quasi come una diretta conseguenza:
“Mi spingo al limite, drugs nel mio body
Se sono triste, faccio un po’ di shopping
Rich pain (Pain, pain, pain)
Rimpiazzo i dolori coi soldi”
Rondodasosa – RED WINE (Mattia, 2025)
Rondo si è fidato troppo, forse. Ha dato troppo, forse. O, forse, quel ragazzo che voleva essere un’icona di speranza e di cambiamento si è scontrato contro un muro impossibile da buttare giù. Un ambiente, quello del rap, che ha profondamente segnato il corpo di Rondo al punto di usare il kefir e le sue proprietà come metafora per la pulizia e utile per espellere tutto ciò che è dannoso per lui.
“Sono sempre fuori, sono fuori a fare cash
Perché manco l’amore non è più gratis per me”
Rondodasosa – KEFIR (Mattia, 2025)
I soldi, farne tanti e spenderli, sono il palliativo dei dolori della vita di un Rondo sempre più isolato e diffidente del prossimo, un Mattia neanche più capace di innamorarsi genuinamente senza che il denaro entri nei rapporti.
Questo mi ha dato un senso di inquietudine incredibile, mi sono connesso a lui probabilmente anche per la mancanza di tatto che Rondodasosa sembra avere nel fare riferimenti del genere, non c’è alcuna volontà di starci a girare intorno, fornendo al pubblico maggiori dettagli su questa vuotezza che attanaglia il rapper, perché probabilmente non ha neanche voglia di soffermarcisi, ma forse neanche la capacità (non che questo risulti un punto a sfavore).
Nella seconda parte del disco, l’autore decide di scavare ancora di più nel suo animo, presentandoci una persona tormentata ma, nonostante tutto, ancora in grado di amare. Odi et amo, come appunto anche il titolo di “Odio e Amore” che riassume perfettamente la parte più emotiva del disco.
Nei sei brani che compongono questa sezione, il rapper si sofferma tanto sulle relazioni umane, sia di amicizia che sentimentali. Gioca tanto sulle contraddizioni del volere una vita normale ma essere costretto (e forse in parte anche attratto) dalle emozioni forti. Come se cercasse queste ultime e come se fossero il segnale dell’essere vivo o la validazione delle emozioni di cui sopra.
“Amarsi fino ad annullarsi, a quale condizione?
Litigare per ricominciare a far l’amore
Una partita con te, ci ho giocato il cuore
A saperlo prima, non avrei fatto l’errore”
Rondodasosa – Odio e Amore (Mattia, 2025)
Nella parte conclusiva del disco, troviamo gli altri due featuring: ayo ally in “Ottobre” e Heartman in “Amico”, entrambi artisti della scuderia Trenches Records. Ancora una volta, Rondo non si tira indietro quando si tratta di dare spazio ad altri artisti da lui ritenuti validi. Finora il suo fiuto da talent scout si è mostrato decisamente affinato, anche se tale ruolo spesso non gli viene riconosciuto pienamente pur avendo contribuito al successo di tanti rapper contemporanei.
Tornando ai brani, “Ottobre” sembra essere fermo nel tempo, nel primo decennio degli anni Duemila, con Rondo ed ayo ally ispirati da Jay-Z e Beyoncé, che citano nello stesso brano. Due brevi parole su ayo ally: se attorno a lei, ancora giovanissima in quanto classe 2006, verrà strutturato un progetto ben definito ci darà tante soddisfazioni. Glielo auguriamo, staremo a vedere.
Infine, “Amico”, forse il brano emotivamente più sentito, in collaborazione con il sopracitato Heartman chiude “Mattia”. Il brano si distende sul beat della famosissima “Mockingbird” di Eminem ed è qui che viene fuori tutta la delusione di Rondo nei confronti di chi lo ha tradito a detta sua, senza esser mai riconoscenti nonostante i suoi aiuti incondizionati.
I riferimenti ad una tanto agognata redenzione è rintracciabile anche in questo brano, ma leggermente più accantonata nel progetto in sé a confronto dei precedenti progetti. La voce cristallina di Heartman conferisce al brano una maggiore portata emotiva, confezionando così una bel tributo al brano cult di Eminem senza però nutrirsi dell’ingombrante ombra del pezzo.
La mancanza di un lessico più accurato, il continuo riferimento a cliché ormai onnipresenti nella produzione di ogni rapper possono appesantire l’ascolto di “Mattia”, così come la piega più “love” che prende il disco nella seconda metà della tracklist, ma qualcosa in mano ci rimane.
Dall’altra parte, questo aspetto rende Rondo verace, un prodotto riconoscibile fin dalla prima nota. Sa distruggere i beat dei banger, con stile, con un timbro particolarmente suo sia con il tune che senza, dimostra di avere nelle corde tanto rap estero e soprattutto oltreoceano.
Questo aspetto conferma come non mai che la sua visione sia più adatta a un pubblico come quello statunitense che, a differenza di quello italiano, non ha bisogno di incasellare gli artisti in compartimenti dai quali è impossibile uscire. “Mattia” potrebbe essere l’ultimo album italiano per Rondo perché desideroso di potersi esprimere al meglio.
Checché se ne dica, Rondo è probabilmente il rapper italiano che più ha cercato di essere internazionale non solo nella musica ma anche nei codici. Non è un caso se anche Drake ha intravisto del potenziale anche in lui. Così come non sono casuali le connessioni con Regno Unito e Stati Uniti, dove Rondodasosa sembra volersi trasferire per consolidare la sua carriera anche in lingua inglese.
Ricordiamo che, al momento, ha creato una rete di contatti piuttosto ampia pur stando di base a Milano e tornando col tesoro (da intendersi come co-sign o collaborazioni), da vero corsaro, tutte le volte che oltrepassava la Manica o l’Atlantico. Non sappiamo quale sarà la prossima mossa del rapper, anche se si vocifera un album internazionale in arrivo presto.
Potrebbe essere la versione internazionale di “Mattia” o qualcosa di diverso. Ciò che sappiamo però è che gode del rispetto di numerosi artisti statunitensi e inglesi, a cominciare da Ice Spice presente al release party dell’album e dai featuring, a quanto pare già chiusi, con rapper come BLP Kosher, Bossman Dlow, Jackboy, Ohgeesy e chissà quanti altri arriveranno.
Ciò che è certo è che tra Rondodasosa e il mercato italiano si è creata una spaccatura profonda, forse troppo grande per essere sistemata. Ed è proprio per questo, allora, che si trova meglio ovunque che in Italia, siano essi luoghi reali come gli Stati Uniti o il Regno Unito o più sfumati come le trenches e Mylan.
Con la collaborazione di Alessio Marras Sitzia.
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