Anche quest’anno, come di consueto, per la musica italiana sta arrivando quel periodo in cui tanti artisti cercano (o forse più sperano) che sia la volta buona per cavalcare l’onda per tre mesi circa. In parole povere, l’estate è alle porte e, come lei, anche le più acrobatiche collaborazioni con triplo carpiato in avvitamento tra gli Avengers delle hit nazionalpopolari e tra chi disprezza questo mondo ma sotto sotto vorrebbe non comprarlo bensì esserne comprato.
Bene, per oggi scordatevelo perché “Kaytraminé”, l’album in coppia di Kaytanada e Aminé, non è nulla di tutto questo. A dire il vero però questo disco non è stata la prima volta in cui abbiamo visto i loro nomi di fianco, dato che i seguaci più attenti ricorderanno sicuramente un fatto molto curioso: nel 2014, un Aminé ancora esordiente pubblicò sul suo profilo di SoundCloud il remix di “At All”, traccia di Kaytranada uscita diversi mesi prima. Ai tempi, né uno né l’altro erano ancora entrati tra gli artisti più apprezzati degli Stati Uniti ma qualche pianeta aveva già iniziato ad allinearsi.
In realtà, forse più che dal 2014 sarebbe bene partire da molto più indietro, parlando delle loro origini. Sì, perché in entrambi i casi sono degli elementi che emergono molto spesso nella musica e nel loro modo di approcciarsi a essa. Kaytranada, nome d’arte di Louis Kevin Celestin, è nativo di Port-au-Prince, la capitale di Haiti ma è cresciuto nei pressi di Montreal dove le influenze francocanadesi e della folta comunità giamaicana del Canada hanno forgiato parte del suo stile musicale.
Dall’altra parte, la famiglia di Aminé, al secolo Adam Aminé Daniel, ha una storia completamente diversa: i suoi genitori vengono dall’Africa, precisamente dall’Etiopia e dall’Eritrea, ma lui è nato e cresciuto nei sobborghi di Portland, in Oregon. Ma c’è dell’altro, perché il legame con le origini è profondissimo. Il nome Aminé in lingua amarica (la lingua ufficiale dell’Etiopia) vuol dire “io credo”. Il suo secondo nome all’anagrafe è diventato anche il suo pseudonimo, a dimostrazione della fierezza delle sue origini africane.
Non è finita qui perché l’universo di Kaytranada e Aminé è fatto di tanti colori e tante sfumature che, se uniti assieme, non avrebbero potuto che consegnarci 11 brani scanditi in 33 minuti il cui unico leit motiv è ricordarsi che la vita è ciclica, che dopo il buio viene la luce, che dopo la notte è sempre giorno e che dopo l’inverno è sempre primavera. Aminé esce fuori dagli schemi se si pensa alla classica storia del rapper. Adam è uno coi piedi per terra, ha studiato marketing alla Portland State University (che poi ha lasciato per dedicarsi a tempo pieno alla sua carriera artistica) ed era ben conscio dell’importanza di avere un Piano B.
Lo rivelò nell’aprile del 2018, in un’intervista al Los Angeles Times in cui disse che i suoi genitori, venendo da un contesto decisamente più povero, inizialmente non fossero così entusiasti e che avrebbero preferito vedergli fare un lavoro tradizionale e una vita tutto sommato agiata ma senza uscire dai binari prestabiliti. La vita di Kaytranada, invece, è stata parecchio più difficile tra emigrazione in Canada e divorzio dei suoi genitori quando aveva solo 14 anni ma anch’egli ha sempre rivelato di essersi sempre tenuto lontano dalla vita di strada.
Torniamo alla musica e al 2014. Il nome di Kaytranada era già in circolo perché il produttore haitiano-canadese aveva già prodotto diversi EP e collaborato con diversi artisti, tra cui Kendrick Lamar. Nello stesso anno, infatti, Kaytranada firmò un contratto con XL Recordings e iniziò a contribuire più che mai alle finanze della sua famiglia. Essendo Louis Kevin un grande appassionato di musica grazie a gruppi come gli Earth, Wind & Fire fu proprio lui a scovare il remix di un ragazzo di Portland ancora in erba. Ne rimase colpito tanto da decidere di regalargli tre strumentali da lui prodotte. Tre strumentali che, ovviamente, non avrebbero potuto fare la polvere ma che ritroviamo in tre pezzi di “Calling Brío”, mixtape del 2015 di Aminé.
Da lì in poi le carriere dei due artisti hanno preso due strade parallele, se non giusto per una collaborazione in “Egyptian Luvr” (2018), singolo di Rejjie Snow: da una parte, un produttore dedito al funk e alla musica elettronica; dall’altra, un rapper sorridente, scherzoso e a volte pure eccessivamente poco serio. Sono queste le critiche che vengono mosse all’Aminé di “Good For You” (2017), il suo album d’esordio, salvo poi essere completamente ribaltate da “Limbo” (2020), il suo secondo progetto, in cui Adam sa godersi la vita ma capisce che c’è un momento per tutto. Kaytranada, nel frattempo, continua a stupire tutti con due dischi: prima con “99,9%” (2016), con dentro artisti come Craig David, Anderson Paak, Vic Mensa e infine con “Bubba” (2019), disco della consacrazione e di ben due Grammy come Best Dance Recording per il pezzo “10%” e Best Dance/Electronic Album per “Bubba” stesso.
Le loro strade però si incrociano di nuovo nel 2021, anno in cui decidono di prendere una casa in affitto assieme e di andare a vivere a Malibù, in California. È questa la genesi di “Kaytraminé”, un disco che ci ricorda che la musica non va mai in vacanza è che essere felici non è mai una colpa. L’album si costruisce in maniera naturale: di giorno si produce e di notte si scrive, registrando il tutto poi nel giro di due settimane. Il risultato è un album gioioso, con una lista infinita di campioni di gusto sopraffino uniti a un retrogusto vintage che lo rendono uno dei prodotti più originali e freschi di questo 2023. Kaytranada riesce a far stare sulle sue strumentali anche rapper come Freddie Gibbs e Snoop Dogg, oltre che a condividere la produzione con Pharrell Williams in “4EVA” mentre Aminé in questo album si è dato completamente al divertimento e ai momenti scanzonati. Proprio questo pezzo è stato il singolo scelto per anticipare l’album, non solo come estratto prima della sua uscita ma anche perché lo stesso Kaytranada lo ha suonato dal vivo durante il suo set al Coachella 2023.
Ora vediamo da vicino “KAYTRAMINÉ”.
Il disco si apre con “Who he Iz”, traccia che già nell’intro contiene un campionamento di “Real Niggas” di Puff Daddy, anche se nel corso dell’intero album la musica campionata è tantissima. Un’altra curiosità è il flow di Aminé in questo pezzo, che ricorda tantissimo quello di Busta Rhymes in “Put Your Hands Where My Eyes Could See”. Anche “letstalkaboutit”, la traccia successiva, si apre con un altro campionato 100% hip hop, precisamente con “Let’s Talk About It” dei Clipse, ma si chiude con una super strofa dell’anteriormente citato Freddie Gibbs, il primo ospite in ordine di apparizione.
Seguendo l’ordine del disco, troviamo prima “4EVA” e poi “Westside”, pezzo un po’ più vicino all’esercizio di stile e con un campionamento di una canzone dal mondo di Bollywood. La quinta traccia “Master P” già dal titolo omaggia una delle figure più importanti della storia del rap a livello imprenditoriale ed è impreziosita da una strofa di Big Sean, che ritorna dopo qualche mese di silenzio dopo l’uscita di “Detroit”. Le tracce successive, “Rebuke” e “Sossaup” (in collaborazione con Amaarae) forse saranno quelle che saltano meno all’occhio se si guarda la tracklist ma rappresentano in pieno l’atmosfera del progetto, con influenze tropical house e funk. Due pezzi da godersi in pieno agosto sorseggiando un po’ di piña colada sotto l’ombrellone.
“STFU3”, invece, è il terzo capitolo della saga personale dei STFU di Aminé, iniziata nell’ormai lontano 2017 con la sorella maggiore contenuta in “Good For You”. “KAYTRAMINÉ” prosegue con “UGH UGH” e “EYE”, con Snoop Dogg a chiudere il discorso collaborazioni, dove l’impronta post-Bubba di Kaytranada si sente tutta e dove Snoop ci ricorda che la sua versatilità lo porta a stare a casa sua su qualsiasi tipo di strumentale. Camaleontico, ma forse non dovrebbe più stupirci. A chiudere l’album ci pensa “K&A”, che più che essere un unico pezzo è un medley che connette due atmosfere diverse unite da un bridge in cui Aminé si ispira al Southern Rap e chiude tutto l’album con una strofa su un beat che gli anglofoni definirebbero smooth perché è sì molto rap ma si sposa perfettamente con tutta l’orchestra diretta da Kaytranada per tutte le 11 canzoni.
“Kaytraminé” è questo, un disco che ci ricorda che l’estate non è solo il periodo del consumo bulimico di musica, ma che ha tantissime ispirazioni di assoluta qualità. La musica di qualità non ha stagioni e non ha date di scadenza. “Kaytraminé” è soprattutto però un viaggio di due amici che si rincontrano, fanno musica assieme e che non hanno paura di mostrarsi felici senza sfociare in esperimenti ridicoli.
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