“Non è Gratis” probabilmente è arrivato nel momento sbagliato, sollevando più dubbi che certezze. L’album fu coinvolto in un turbine di critiche non necessariamente dipendenti dai soli artisti chiamati in causa.
Dopo ogni periodo florido di un genere arriva inevitabilmente una fase di scarico, la chiusura di un ciclo come viene definita nel calcio. Quando una squadra arriva al punto massimo della propria forma è destinata a calare, a finire in un vortice di brutte prestazioni che si contrappongono e fanno dimenticare quanto di buono c’è stato.
Ecco, possiamo riassumere così quello che è successo alla scena rap italiana (la nostra “squadra”, in questo caso) negli anni che indicativamente vanno dal 2010 al 2015.
Non fraintendiamoci, non sono stati fatti solo danni, ma sicuramente non è il periodo meglio ricordato di questo genere. E se tra il 2005 e il 2010 abbiamo assistito a quella che, fino a quel momento, era considerabile la miglior versione della scena – con artisti come Fabri Fibra e i Club Dogo nella loro versione “prime” – dal 2011 in poi le le cose non sembravano andare nella migliore delle direzioni.
È in questo scenario che, il primo gennaio del 2012, viene pubblicato il primo joint album di grande portata della nostra storia, “Non è Gratis” appunto, opera di quello che si può considerare il rapper più famoso del periodo (Fibra) e di un ragazzo della provincia napoletana che si era da poco fatto conoscere grazie al programma tv “MTv Spit”, che risponde al nome di Clementino.
I due scelgono di unire le armi sotto un unico nome d’arte, “Rapstar”, quasi a voler azzerare la differenza di status tra i due artisti, permettendo all’emergente di essere considerato al pari del peso massimo che altrimenti rischierebbe di risultare come un padrone di casa concessivo, piuttosto che come un mentore che crede fermamente in quel ragazzo sconosciuto ai più in cui ha intravisto del talento.
Se già di per se il fatto di fare qualcosa per la prima volta non fosse sufficientemente impattante, consideriamo anche che i due portarono in Italia una tradizione già ben fondata – e quasi fondante – della scena statunitense.
I joint album sono sempre stati un occasione per ampliare il proprio pubblico, mettersi alla prova e divertirsi insieme per i grossi nomi americani (basti pensare che pochi mesi prima usciva un certo “Watch The Trone”) mentre, al contrario, in Italia la scelta di collaborare non era vista di buon occhio ai tempi.
Il titolo dell’album è “Non è Gratis”, una chiara dichiarazione di guerra al problema della musica piratata online, che andrà ad affiancarsi a tutta un’altra serie di polemiche già sezionate in ogni aspetto nel precedente disco di Fibra, “Controcultura”, e che in parte vengono riprese. Ma il vero focus del disco non è tanto il contenuto, quanto la forma.
La percezione è quella di una suddivisione dei compiti, con il rapper più rodato a fare da mastro, compiendo le scelte più importanti quali le sonorità e il ritmo da imprimere all’album, lasciando l’apprendista libero di valorizzare i suoi punti forti seguendo la strada tracciata per lui.
Dico questo perché, se prendiamo in esame “Guerra e Pace” il disco solista del rapper marchigiano successivo a questo in ordine cronologico, ci accorgiamo di come suoni simile e ne rispecchi alcune scelte stilistiche a livello di scrittura.
Fabri Fibra veniva da una vera e propria chiusura di ciclo, la trilogia di pubblicazioni sotto major composto da “Tradimento”, “Bugiardo” e “Controcultura” (di cui il mio collega Riccardo ha parlato con maggior dettaglio nell’articolo dedicato a quest’ultimo) e si arrivava a questo punto senza un’idea chiara su cosa fare della propria musica.
È qui che, complice la sensazione di ristagnamento percepita nel rap, arriva la scelta di cambiare diametralmente direzione rispetto a quanto fatto finora, sperimentando nella scrittura e nella scelta delle basi.
In questi due progetti troviamo molte influenze, che vanno dalla dubstep al reggae passando per degli abbozzi di quella che sarà la trap (le batterie di “Nonsisamai” la ricordano), oltre a una variegata selezione di suoni elettronici che contaminano il boom bap canonico. A questo si aggiunge una continua ricerca del tecnicismo, quasi un’esasperazione, con giochi di parole, incastri e figure retoriche portate all’estremo nella maggior parte dei brani.
L’utilizzo della paronomasia in più occasioni ne è l’esempio lampante. Per “paronomasia” si intende una figura retorica figura retorica di suono utilizzata in poesia e letteratura, comune anche nei modi di dire e nelle frasi fatte, che consiste nell’accostare due parole dal suono molto simile, ma di diverso significato.
Fibra lo utilizza o lo declina all’interno della stessa quartina in chiusura di due barre consecutive, estremizzando il concetto di esercizio di stile. Per esempio, in “La Prova Vivente” chiude la sua strofa con una diafora sonora, dicendo:
“Il rap italiano chiede i soldi, siamo pazzi?
Fabri Fibra & Clementino (Rapstar) – La Prova Vivente (Non è Gratis, 2012)
Il rap e i soldi non si incrociano mai come due cazzi
È sbagliato, non è giusto e via discorrendo
Ma il fatto è che non vendi perché il tuo è un disco orrendo”
O ancora, in “Come Me”:
Dai, stupida, ma che estate ventilata
Fabri Fibra & Clementino (Rapstar) – Come Me (Non è Gratis, 2012)
Io ti sogno mutilata
Sei un sogno a letto
Sei carne venduta all’etto”
È in questa sperimentazione tecnica (naturalmente ripresa anche da Clementino, seppur in termini più tradizionali e meno estremi) che ritroviamo il significato del nome scelto in rappresentanza del duo. “Rapstar” non è solo lo status che si portano addosso, è anche la capacità di riscrivere le regole del gioco, di elevarsi a vera e propria star del rap per merito, oltre che per assenso popolare.
Ma, come la storia insegna, chi guarda troppo al futuro finisce per essere frainteso, ed è il caso del Fibra di quel periodo. Lui si pone come avanguardista, ma questa sua innovazione non viene compresa, portandogli critiche più che complimenti e frustrazione invece che soddisfazione.
Questo si evince dall’apertura del disco dove lo stesso scopre le carte fino a spiegare a tutti noi le sue intenzioni. Dopo un intro interamente strumentale “Nonsisamai” si apre con queste frasi:
“Non si sa mai c’è qualcosa da capire
Fabri Fibra & Clementino (Rapstar) – Nonsisamai (Non è Gratis, 2012)
Per quanto il senso sia difficile da dire
Per quanto il senso sia difficile da dire
Difficile da dare, non si sa mai
[…]
Cari anti-fan bastardi
Dal Sud al Nord, dal Nord al Sud, scena rap Garibaldi
Avvolgimento, rime da risorgimento
Coinvolgimento”
La scelta della parola Risorgimento non è casuale, esso infatti è utilizzato nel senso di
“termine storiografico usato per indicare quel complesso processo spirituale e politico, quella serie di trasformazioni economiche e sociali, di atteggiamenti letterari e culturali, di eventi diplomatici e militari, che tra la fine del Settecento e l’Ottocento, intrecciandosi e contrastandosi, portarono l’Italia dal secolare frazionamento politico all’unità, dal dominio straniero all’indipendenza nazionale, dall’assolutismo monarchico allo Stato liberale e costituzionale sotto la dinastia sabauda”
Dal vocabolario “Treccani”, definizione di “risorgimento”.
che si può interpretare come il tentativo di Fibra di traghettare nuovamente l’Italia, del rap in questo caso, da un’era all’altra.
“Non è Gratis” è una battaglia portata avanti da Fibra nella quale sceglie di dare un’opportunità ad un’emergente in cui si rivede.
“Non è Gratis” è la sua visione del presente e del futuro che, al tempo dell’uscita, non è stata capita fino in fondo ma che, a distanza di più di dieci anni, fa comprendere quanto questo artista fosse ancora una volta lungimirante e capace di guardare nel futuro.
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