Dopo la morte c’è la vita, dopo la notte il giorno, in un ciclo sempiterno di contraddizione e contrasti in cui si incastra il senso dell’esistenza. Per ogni fiore che muore, c’è un seme che feconda la terra, dal quale sboccerà un nuovo petalo foriero di vita intensa, ma che cela dentro la sua delicatezza l’indizio della sua morte.
Dopo la notte di Gotham, infestata di fantasmi e malviventi, di cemento e infecondi palazzi, arriva la stagione della Sakura. Nella cultura giapponese, il fiore di pesco è la carica della contraddizione: se da un lato è simbolo di una rinascente primavera, ricca di bellezza e delicatezza, è anche l’immagine stessa dell’effimero, di ciò che muore con un soffio di vento.
Ho sempre immaginato che a questa ciclicità appartenesse l’idea di Rose Villain di chiamare i suoi due progetti “Radio Gotham” e “Radio Sakura”: la profonda convinzione che buio e luce appartenessero alla stessa circonferenza, come lo Yin e lo Yang, dove gli opposti si fondono, coesistono e si compenetrano.
“Radio Sakura” arriva dopo una cavalcata che l’artista meneghina ha percorso con la forza e la velocità di un puledro al galoppo: la pubblicazione di “Io, me ed altri”, primo estratto dell’album, certificato disco d’oro; la partecipazione al Festival di Sanremo con “Click Boom” per arrivare al pubblico nazionalpopolare senza perdere la propria identità; la partecipazione a “Nuova Scena” per rinsaldare i rapporti con il pubblico di Netflix, imponendosi come diva dell’urban italiano, artista del crossover tra rap e pop.
Ma è stato veramente tutto così veloce? La strada di Rose Villain è molto più lunga e tortuosa di una tornata di mesi fortunati, di quelle che potrebbero sembrare semplici mosse a tavolino di una Major: a guardare meglio si riesce a tracciare la linea di una carriera quasi decennale, che parte nel 2016 dagli USA con brani interamente in inglese, che affiora in Italia solo nel ritornello di “Medellin” di Salmo, per poi approdare completamente nel nostra Penisola nel 2020, con i primi singoli in lingua italiana.
Di lì il cammino è stato un lento inserirsi negli interstizi dei progetti di punta del rap nostrano, tra le strofe dei rapper cucite da bellissimi ritornelli melodici: arrivano “Chico” e “Piango su una Lambo” di Guè, Rose è tra gli ospiti di “Milano Soprano” di Don Joe, in “GoodFellas” con Fabri Fibra. Lì dove arriva Rose Villain, nasce una hit.
Parlare di una cometa vuol dire non rendere giustizia a uno dei percorsi artistici più naturali degli ultimi anni. Arrivare a “Radio Sakura” vuol dire prendere consapevolezza di tutto ciò: l’identità artistica di Rose Villain vive nella sua gavetta, da informe cantante americana a “ritornellara” dei dischi rap, per arrivare a essere l’imponente direttrice di orchestra dei suoi stessi progetti, veri e proprio album strutturati intorno a una personalità incredibilmente riconoscibile.
“Radio Sakura” di Rose Villain rappresenta questa maturità a pieno, in ogni suo momento, imponendosi come un disco maturo, identitario, ma al suo interno incredibilmente variegato, come le influenze artistiche dell’artista.
Al centro dell’idea del progetto c’è proprio l’ambivalenza del suo nome. Il fiore di pesco, immagine di vita e morte contemporaneamente, racchiude dentro di sé i temi più cari all’artista: un’emotività ora fragile e delicata, ora ferita, ora innamorata ma sempre viva convive con il lato oscuro di Rose, quello che attinge a piene mani dal mondo hiphop e rap, che l’artista, anche grazie al sodalizio artistico con SixPm, conosce dall’interno.
A tutto ciò si aggiungono gli immaginari che hanno sempre alimentato la scrittura della cantante: dagli anime ai manga, al mondo della moda e delle automobili, i fumetti e il cinema noir, Quentin Tarantino e Scarface.
Già dall’intro, “Hattori Hanzo” in collaborazione con Madame, l’ascoltatore viene immerso in un’estetica che ricorda Kill Bill e i fiori del Giappone, che si concretizza in una personalità femminile tanto forte quanto fragile nella sua sofferenza emotiva, a cui Rose Villain dà voce con una scrittura evocativa e diretta allo stesso tempo, ricca di metafore e citazioni pop: l’idea che si ha ascoltando il brano è quella di una sensualità affascinante e pericolosa, profondamente lirica e analitica. È esattamente la stessa idea che si ha guardando la copertina del disco: quella di una geisha, una femminilità delicata e flessuosa che tiene in mano una spada.
Il contrasto delle anime dell’artista, ora dolce come la carezza di un petalo, ora tagliente come il fendente di una katana, coesiste in “Click Boom”, in cui alla delicatezza degli archi delle strofe e alla solennità quasi angelica della voce dell’artista, segue un’improvvisa svolta urbana, segnalata dal drop dance del ritornello: Gotham è dentro Sakura, lo Yin è dentro lo Yang.
Il disco muta, dove sboccia un fiore, ne appassisce un altro: “HUH?” è brano rap su un beat tribale che accompagna le rime aggressive e autocelebrative di Villain, ma la base trap diventa il sottofondo ad un arpeggio rock delicatissimo nel brano successivo, “Graffiti” con Bresh, dove l’artista si lascia andare al sofferto racconto di una relazione complessa, tossica, che fa soffrire profondamente chi ne è immerso, sullo sfondo della città, onnipresente protagonista di tutto il disco.
Tutto è andato in pezzi
Rose Villain – Graffiti feat. Bresh (Radio Sakura, 2024)
C’ho i graffiti sui palazzi dentro
È alla metropoli stessa, Milano, che nell’outro del disco “Milano almeno tu”, Rose Villain si rivolge: l’ultimo brano è un canto disperato alla City, con la quale l’artista instauro un dialogo emotivo per fare chiarezza sui suoi stessi sentimenti, lasciandosi andare anche ad alcuni versi in dialetto meneghino.
Milano, almeno tu, ti prego abbi cura di me
Rose Villain – Milano Almeno Tu (Radio Sakura, 2024)
E mi perdo, nelle strade, nei quartieri
Nei bicchieri, nei miei sbagli
Se nella primavera di Sakura c’è il segno della sua sfioritura, anche nell’album di Rose Villain c’è la morte: “Funerale”, con le sue sonorità rock, è l’augurio gioioso e profondamente ironico dell’artista di vedere alle sue esequie una messa di persone esultanti per la sua stessa dipartita.
Parlare di questo disco vuol dire necessariamente soffermarsi su SixPm, il genio sonoro dietro “Radio Sakura”: il produttore segue le curve di Rose Villain, cucendole abiti sonori diversi ma perfettamente aderenti alle sue diverse forme emotive.
Nonostante la distanza che li separa, il dance pop di “Stan”, che richiama le sonorità del TheWeeknd di “Afterhours“, coesiste con l’essenzialità di “Trasparente” in cui, su una base piano e chitarra, la voce di Rose ci consegna forse il testo più introspettivo del disco: libero, disperato, provocatorio, nichilista ma terribilmente autentico. Menzione d’onore va anche a “Come un Tuono” in collaborazione con Gué, con il suo beat latino, quasi da bachata.
Pop o Rap? Urban o Melodico? Rose Villain con questo progetto arriva alla sua acme creativa, imponendosi come “popstar” nel panorama italiano, in grado di settare tendenze sonore e giocare con suoni e citazioni: il disco diventa uno snodo imprescindibile per capire cosa voglia dire contaminazione, urban e pop.
“Radio Sakura” è la risposta a questi dilemmi: una primavera di fiori, di bellezza e decadenza, di colori diversi, destinati a sfiorire e rinascere. Se “I fiori come metastasi, si prenderanno tutto”, in questi prato di alberi di pesco, Rose Villain ci ha regalato la primavera della sua anima.
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