Recensione di Volare
Il ritorno di Coez poteva sembrare un evento che non ci sarebbe dovuto interessare, dopo tutto “vi chiamate RAPteratura”. La realtà però è un’altra: Coez is back e non poteva farlo in un modo migliore. L’artista romano è tornato con “Volare”, il suo nuovo progetto, ma non tutti potevano aspettarsi un risultato di questo tipo, anche se lui qualche indizio sulla sua voglia di cambiamento lo aveva lasciato per la strada: e alla fine “raccogli ciò che semini”.
Coez per questo nuovo album ha scelto di fare un passo indietro rispetto alla “comfort zone” che credevamo ormai definitiva: sia all’interno del disco, ma anche da dichiarazioni precedenti, è palpabile la volontà di volersi allontanare da quel filone “indie” che aveva contribuito a sdoganare, rendendolo un fenomeno popolare e non più di nicchia. Rendiamoci conto che quel mondo it – pop, sia per le sue capacità vocali sia per coerenza con la sua carriera negli ultimi anni, è ancora presente: Coez è stato chiaro nell’affermare che con “Come nelle Canzoni”, si chiuda una sorta di trilogia che nasce con “La musica non c’è” e continua in “E’ sempre bello”. Quell’ “indie” che ha consacrato Coez al successo nazionalpopolare c’è, ma questa volta è la notevole componente Hip Hop a destare curiosità e stupore. Un rap che non si sentiva con questa preponderanza in un suo progetto ufficiale da prima di “Non erano fiori”, quindi da circa dieci anni.
Un disco del genere, un richiamo alle origini, non poteva non farsi condizionare dall’atmosfera che circonda Roma e il rispettivo ambiente Urban: le produzioni di Sine, i featuring dei Brokenspeakers, di Noyz Narcos e Gemitaiz sono alcuni degli elementi fondamentali che contribuiscono a fare da trait d’union tra due ambienti, quello HH e quello popolare, apparentemente difficili da far collimare. La sensazione è che per Coez non sia stato proprio così.
Coez è sempre stato un personaggio autentico, un personaggio molto schietto che non ha mai rinnegato il suo passato da rapper, e questo aspetto, soprattutto chi era fan dai tempi di “Figlio di Nessuno”, l’ha sempre riconosciuto, anche dopo i platini successivi a hit radiofoniche. Come ben sappiamo, la credibilità è un aspetto fondamentale in un ambiente del genere, forse più prima che adesso; ma checché se ne dica Coez ha una fan base più ampia rispetto ai neofiti ascoltatori dei generi urban. Il panorama rap l’ha sempre rispettato come testimoniano le innumerevoli collaborazioni con artisti di spicco della scena, e questo ha facilitato il ritorno, con questo nuovo album, a certi suoni senza passare per opportunista: anche quando ci è tornato in episodi sporadici è sempre stato perfettamente calato nel personaggio. È sempre rimasto credibile.
La coerenza e la credibilità ripagano, soprattutto quando il sentimento d’amore che lega un artista come Coez ad un genere come il Rap è così passionale e vissuto in maniera viscerale da chi può definirsi cullato da esso, a livello artistico e non solo.
“Volare” è il risultato di questo duplice movimento tra hiphop e “indie” e per questo non può essere ricondotto unicamente ad un solo genere, perché qui il Coez di “E’ sempre bello” recupera e reinterpreta il Coez di 10 anni, con le sue barre e la sua aggressività risultando perfettamente coerente.
Così si giustifica la gran quantità di citazioni che il disco intende fare, forte di questo drenare energie musicali da un passato ricoperto. I riferimenti alla cultura HH sono evidenti già solo dalla tracklist e dall’estetica del progetto: titoli come “Wu – Tang” e “Ol’ Dirty”, i mattoni sullo sfondo della copertina richiamano un immaginario puramente rap. La storia del genere italiano si incarna nei featuring di Salmo, Guè, Noyz Narcos e Gemitaiz e riemerge con Neffa. Esempio del passaggio dal rap al pop, Neffa è alter ego dal passato di Coez: il totem di una figura che anche dopo aver abbandonato l’hiphop non ha perso l’aurea di leggenda e il rispetto della scena. Il brano in cui collaborano (“Cerchi di Fumo”) è un omaggio, nel campionamento e nelle metriche, a un vecchio brano storico del cantautore campano, “Stare al Mondo”; e ancora nella prima strofa di “Ol’ Dirty” Coez non esita a citare un brano sempre di Neffa, questa volta in collaborazione con Kaos, “Meglio che scendi”:
“Non contano i dischi che vendi
Le tipe che stendi
Ma solo le mazzette che prendi”
Coez scava nella storia del genere in Italia per ritrovare le sue radici, ma scava anche nel suo passato e nel suo stesso rapporto con il rap. Lo stesso titolo dell’album “Volare” è un riferimento all’omonimo brano che chiude l’EP “Senza Mani” del 2012:
“Ma sto imparando a volare da me”
Non si può non fare menzione speciale di “Casse rotte”, il brano in collaborazione con i Brokenspeakers, il collettivo in cui Coez è artisticamente nato e cresciuto. È la lettera d’amore che Coez scrive al suo hiphop, alla sua storia artistica e ai suoi natali musicali.
Cercare di parlare di genere musicale con Coez è sempre stato difficile, e mai come questo album impone delle attenzioni. Troppo rap per essere indie, ma ancora troppo indie per essere rap. Semplicemente è Coez, che questa volta più di sempre si libra in alto, e vola su qualsiasi definizione unilaterale e limitante. Provare a etichettare “Volare” sarebbe semplicemente riduttivo. Quello che possiamo dire è che in questo progetto Coez ha fatto 10 passi in avanti. Ma prima ha dovuto farne altrettanti all’indietro nel suo passato.
Di Francesco Palumbo e Simone Locusta
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