Alcuni di noi della redazioni – tra cui il sottoscritto -, prima di parlare di qualche disco particolarmente rilevante per il genere, adorano fare cappelli introduttivi, questa volta invece il cappello introduttivo di “Controcultura” ce lo prepara direttamente Fibra stesso ed è “Quorum“.
“Quorum” era già controcultura
Siamo nel 2010 e Fabrizio Tarducci è una rapstar nazionale. L’intro di Quorum è una raccolta di spezzoni di telegiornale che raccontano il successo di Fibra. Ma che cos’è “Quorum“? Quorum è un web album lanciato da Fibra il 20 luglio, scaricabile in freedownload dal suo sito.
Web album perché è nato appositamente per esistere ed essere ascoltato solo ed esclusivamente sugli apparecchi digitali. Gli anni ’10, per il rap italiano, sono anni di sopravvivenza e tale sopravvivenza è stata possibile solo ed esclusivamente tramite internet. Il web dava respiro a tutte quelle realtà che nei media tradizionali non riuscivano a trovare spazio e possibilità d’esistenza.
Su questo progetto ci sarebbero diversi aneddoti da raccontare – come le critiche ricevute da Fibra le battute omofobe fatte nei confronti di Mengoni su “Non Ditelo“, oppure le denunce di Paola Barale e Manuela Arcuri per la strofa “Nel Mio Disco” poi rimossa – ma vorrei concentrarmi soprattutto sul suo lancio e sulla sua non comprensione.
I giornalisti italiani molto spesso sono fermi al passato, non sono aggiornati e nemmeno sono interessati a esserlo, sottovalutano completamente la potenza di internet, non seguono le novità del mercato straniero.
Fabri Fibra, “Dietrologia”, Milano, Rizzoli BUR, 2011.
Quando ho messo in free download sul web un mio album intitolato “Quorum” creato appositamente per internet, per promuovere l’uscita del mio disco ufficiale, un giornalista di «Panorama» scriveva che ero costretto a regalare il mio nuovo disco perché non avevo più un contratto, non capiva l’operazione: non aveva cioè gli strumenti per interpretare questa strategia di mercato.
[…]
Non è un problema se il mio disco non piace ai giornalisti; è un problema se si inventano delle falsità sulla mia carriera per pregiudizio. Dopo un paio di settimane dall’uscita del suo articolo, il mio disco ufficiale (ndr. Controcultura) schizza in vetta alla classifica.
[…]
Il web è un’alternativa, quindi gli artisti fanno prodotti appositamente per il web. Il pubblico di massa non sa ancora bene cosa sia il web perché non se ne parla, nei programmi tv, in radio, nei giornali non si parla di internet, e quando ne parlano ne parlano male, del tipo: «su internet ci sono i matti, gli psicopatici, i pedofli, gli adescatori di minori, i maniaci sessuali e anche tanti video stupidi».
Fibra ha spinto uno web album su internet perché è lì che il rap, in quel tempo, viveva. In poche parole, da lì proveniva la Controcultura. Bisognava solamente formalizzarla in un disco per farla uscire fuori.
Serviva il numero necessario di persone, il quorum – per l’appunto -, per trasformare in cultura quella che, fino a quel momento, era solo “Controcultura”.
2010,2011,2012. 2010 “Controcultura”, 2011 “King Del Rap” di Marracash, 2012 “Noi Siamo Il Club” dei Club Dogo. Mentre la musica italiana si adagiava sui media tradizionali, il rap sfondava la parete del mainstream a colpi di in-store, di video su YouTube, di notizie su Facebook e di qualche tormentone in radio.
Ma guardiamo bene la cronologia proposta. A dare il via al successo commerciale è stato proprio “Controcultura”. La cultura opposta a quella dominante che bussa alla porta del mainstream che non apre, e proprio perché nessuno apre, la controcultura sfonda ed entra da sola nei club a fare i DJ set, dove le persone si radunano.
Se il rap voleva conquistare un nuovo avamposto per la sua emancipazione, secondo i pionieri del momento, bisognava passare proprio dai club.
2009, la stampa che non capiva
Fabri Fibra – Intro (Cielo) (Caos, 2022)
Incomprensioni, Chi vuole essere Fabri Fibra?
Firmo il deal con Adidas, la mia faccia è popolare
Qualcuno mi dica che tutto questo è normale
Controcultura e va da sé, comincio a guadagnare
Con il rap tutti dentro il locale tranne te
Siamo nel 2010, sei commerciale, non mi provocare
Vado dritto come un treno merci
Per parlare di “Controcultura”, per quanto riduttivo, credo sia necessario dover parlare dei tre tormentoni trainanti, perché tutti e tre riescono a sintetizzare e simboleggiare l’album e la piccola ma grande operazione culturale apportata. Ma prima di andare avanti chiariamo il significato del titolo dell’album.
Controcultura: s. f. [comp. di contro– e cultura]. – Denominazione dell’insieme delle manifestazioni culturali di opposizione ideologica (dette anche cultura alternativa), inizialmente proprie di gruppi emarginati, generalmente giovanili (hippies, beats, movimenti di contestazione, ecc.), sviluppatesi a partire dagli anni ’60 del Novecento con marcato carattere anticonformistico e con dichiarata avversione non solo alle manifestazioni della cultura ufficiale ma anche ad altri aspetti della vita e del costume della società odierna (tra cui il consumismo e il progresso tecnologico), e realizzatesi con la creazione e l’uso di un autonomo circuito comunicativo (giornali e periodici, case editrici, ecc.) per la diffusione, tra l’altro, di principî e pratiche delle filosofie orientali, con produzioni artistiche (teatrali e cinematografiche d’avanguardia) o ricreative.
Dal vocabolario “Treccani”, definizione di “controcultura”.
Tanto per essere scrupolosi, vediamo la definizione che offre Fibra stesso.
La «controcultura» è il pensiero opposto alla cultura dominante. Quindi, se la cultura dominante è caratterizzata da una bella immagine e da un contenuto debole, la controcultura è un messaggio forte e un’immagine in secondo piano, opposta a quella della cultura dominante. Quindi alla bellezza si contrappone il non bello. Questa è oggi la controcultura.
Fabri Fibra, “Dietrologia”, Milano, Rizzoli BUR, 2011.
Bene. Ora per non rimanere astratto, ho realizzato un piccolo grafico casareccio che potrà aiutarti a farti capire intendo e perché vorrei mettere in primo piano le tre hit di Fibra del 2010.
Capire “Controcultura” tramite le hit da radio
“Controcultura” chiude la trilogia iniziata con “Tradimento” e proseguita con “Bugiardo“.
Non è l’ultima volta che sentiremo parlare Fibra delle storture del nostro paese, ma è l’ultima volta che fa le ultime scorie di Mr. Simpatia. Il rapper italiano per eccellenza tratta i temi da bar (politica, corruzione della morale, scandali dei VIP) senza essere banale, con una corrosività che chi occupa le posizioni delle classifiche non sceglie. E lo fa anche nei tormentoni.
Riguarda un attimo il grafico. C’è una retta che tende in due direzioni opposte. Sulla stessa linea ci sono “essere nazionalpopolare” ed “essere commerciale“. Le due cose giacciono sullo stesso identico piano.
Partiamo da “Le Donne“. Il singolo è un’ode alla bellezza femminile vista dagli occhi di Fibra. Inizialmente bollato come un brano omofobo è, in realtà, una critica alle soubrette dello spettacolo pubblicizzate e mercificate.
Arrivato al successo, come abbiamo già detto nei precedenti episodi della Fibrografia, Fibra preferisce una ragazza che sia fuori dalle luci dello spettacolo perché ritenute fredde, fatte con lo stampo.
Al posto della solita modella che si sdraia
Fabri Fibra – Le Donne (Controcultura, 2010)
Sogno le foto sexy della tabaccaia
Della benzinaia, della giornalaia, della fornaia.
Uno degli argomenti più gettonati, trattato spesso in una maniera dequalificante da una maggioranza della popolazione androcentrica, che fiera si batte sul petto perché gli “piacciono le donne”, esce dai luoghi bistrattati e ritenuti bassi ed entra in classifica. Eccola la controcultura.
Perché “nazionalpopolare“? Perché sfido a non aver mai sentito, almeno una volta nella vita, una persona che, sprezzante e tronfia, non abbia detto “a chi è che non piacciono le donne?“, dando per scontato che per tutti fosse così. Il singolo ottenne un disco di platino.
“Tranne Te” è stata prodotta è stata prodotta da un duo di ragazzi francesi i “Medeline”, Remi Tobbal e Guillaume Silvestri, parigini. I due ragazzi inviavano il materiale al Paola Zukar dal 2008 – come racconta la stessa nel suo libro – e tra quelle basi Fibra scelse questa, che si chiamava “Magic Rainbow”, per la cassa dritta dirompente e per il synth che lo aveva stregato. Fibra scrive quasi in freestyle il brano, chi di dovere lo gira a Canova per farlo suonare meglio ed ecco che esce uno dei pezzi più spaccaclassifiche di tutta la storia del rap italiano.
Il brano, inoltre, è una fine citazione a “Mr. Simpatia”. Quando nel finale di “Non Crollo” c’è lo skit della voce aliena che preannuncia “Non Fare La Puttana” (Fatti vedere in giro perché comunque suonano tutti tranne te, non ti si vede.) che ritorna in “Speak English” di “Chi Vuole Essere Fabri Fibra?” e qui trova il definitivo sviluppo.
La radio voleva esattamente questo e Fibra ha risposto. Tutti facevano un pezzo cazzaro per finire in radio e, ispirato dalla base, Fibra ha scritto un brano che, inizialmente, si doveva chiamare “Tranne Me”. Come racconta Fibra al Basement, il brano ha un sacco di barre riempitive, come lo stesso ritornello. L’acume sta nell’aver spostato il fulcro del brano “dal sé”, al “te” per attuare il paradigma del rispecchiamento.
“Tutti fanno x tranne te“. Una frase incredibilmente colloquiale che entra senza troppi sforzi nei tessuti di un testo. Un brano che è un meta-brano, perché nella stessa canzone si ironizza di come lo stesso Fibra abbia fatto, fino a quel momento, solo pezzi super-impegnati, senza mai preoccuparsi di far divertire chi lo ascolta.
Un contentino all’industria, alla radio che voleva solo brani spensierati senza parolacce, fatto in modo canzonatorio e indirizzato a chi richiede l’omologazione, ma che, se ascoltata con attenzione, fa riflettere su quanto appena detto. Un cavallo di troia.
Compresi la potenza intrinseca del brano in maniera quasi epifanica, quando un anziano signore, in modo scherzoso, cantò il ritornello di “Tranne te” al nipote che non era riuscito a prendere qualcosa che non ricordo bene. Se entri nella testa di uno spettro così ampio della popolazione, perfino a persone con una mentalità così diametralmente opposta alla tua, hai sfondato. Sei definitivamente pop. Sei commerciale.
Andiamo a “Vip In Trip“, il singolo di “Controcultura” in perfetto equilibrio tra l’essere commerciale e l’essere nazionalpopolare, capace di incarnare al meglio lo spirito di tutto l’album.
Il singolo porta con sé un’altra vicenda legata alle numerose querele che Fibra ha ricevuto da una delle Very Important People dell’Italia che fu. Sto parlando di Laura Chiatti.
In “Vip In Trip” Fibra attaccò Marrazzo, un politico i cui scandali s’intrecciano con la sessualità promiscua, e Laura Chiatti, un’attrice e modella italiana. Fibra venne portato in tribunale e, nel 2013, fu poi costretto a cambiare la strofa in questione.
Laura Chiatti me la voleva dare
Fabri Fibra – Vip In Trip (senza censura) (Controcultura, 2010)
ma io dovevo lavorare lavorare e ancora lavorare
e ancora lavorare
Beh comunque ho il suo cellulare
ogni tanto le messaggio, dico “Ciao, come stai?”
Lei mi risponde “Ci vediamo e scopiamo”
Strano, un tempo ero io che la cercavo
Ma non ero abbastanza famoso,
chi è troppo non va con chi è poco famoso,
poi becca il tronista
e chi l’ha più vista
oggi invece mi chiama, mi cerca, mi ama
Volessi farmela si che potrei,
ma che tristezza bambole di pezza,
e mi domandi: “E perchè non te la fai?”
“Perchè ho troppo paura di prendere l’AIDS!
Un brano forte, con una forma moderna, capace di stare in radio come ci stavano “Le Donne” e “Tranne Te”. Il video cita “Rock The Casbah” e il testo attacca Berlusconi, in quel momento presidente del consiglio, e Umberto Bossi, allora ministro delle riforme.
Nel testo Fibra dice «io coi vostri testi mi ci pulisco il culo come Bossi», facendo riferimento al segretario della Lega che aveva detto che si puliva il culo con la bandiera italiana. Basta questo piccolo riferimento per capire come qualcosa di canticchiabile come “perepè qua qua, qua qua perepè” onomatopeico, profondo, preso dai The Dickies (gruppo punk storico, dal titolo Killer Klowns) riusciva a controbilanciare la forza così corrosiva del rapper racchiusa in una hit da radio.
Avendo compreso il contesto del progetto e il sistema dei singoli, imboccando “Vip In Trip” come uno scivolo che ci porta in un seminterrato, è possibile entrare nel disco e comprendere l’opera che ha definitivamente consacrato Fibra e che ha fatto capire a tutta Italia che il rap era un genere con cui le classifiche italiane avrebbero iniziato a fare i conti.
Tutta la scrittura di “Controcultura” è un discorso a parte. Qui Fibra alterna i suoi migliori momenti di tecnicismo, le sue migliori punchline (es. “Double Trouble”, “+ o -“, “Qualcuno Normale” con un Marracash in formissima) a dei picchi di geniale follia (come “Insensibile” con Dargen D’Amico degna di “Mr. Simpatia” o “Tre Parole“, in cui utilizza solamente sintagmi di tre parole per descrivere situazioni)… ma fermiamoci qui. Ho scritto anche fin troppo, mi vorrai scusare per averti occupato tutto questo tempo.
Per attuare una rivoluzione del genere c’era bisogno di spingersi oltre, di sgomitare nel mainstream senza rinunciare alla propria identità costruitasi faticosamente con il tempo. Fabri Fibra si è assunto le sue responsabilità, si è buttato a tutta forza contro la vetrata, l’ha sfondata e ha ridato, per l’ennesima volta linfa al genere. Da quel momento, la controcultura è entrata a far parte della cultura dominante.
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