Recensione di Riot
Tantomeno prevede regole e schemi da seguire.
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Il rumore dei passi che si muovono confusionalmente sull’asfalto ruvido, le urla e le grida di dolore ed esortazione, il suono riecheggiante della caduta di una transenna e l’infrangersi di una vetrina. L’odore acre dei fumogeni che riempie violentemente le narici unendosi alla pungente puzza di bruciato e l’inconfondibili esalazioni della polvere da sparo delle bombe carta. Le nubi di fumo, la vista offuscata dai lacrimogeni, la luce invasiva delle fiamme e la frenesia delle altre persone presenti, tra le quali però si possono individuare anche quelli più schivi, calmi e fuori scena che si limitano a guardare senza prendere effettivamente parte a ciò che sta accadendo.
Tutto questo è ciò che potrebbe venire in mente pensando ad una rivolta scoppiata per le strade di una qualunque città ed è ipotizzando questo scenario che viene da chiedersi cosa accumuna tutte le persone che sono scese per strada o che si limitano ad osservare da finestre e balconi. Ognuno di questi esseri umani ha una coscienza, una storia ed un trascorso differente da qualsiasi altro eppure cosa li ha portati a condividere un momento così forte e particolarmente emozionante?
Questa stessa domanda è egualmente valida e giustificata dopo aver letto la tracklist ed ascoltato Riot; il nuovo disco di Izi, al secolo Diego Germini, pubblicato lo scorso 30 Ottobre. L’opinione pubblica è stata da subito molto spaccata dopo l’annuncio dei 18 featuring smistati in 13 brani da parte dell’artista genovese, lo sgomento del pubblico era tangibile aggirandosi nei vari social. Il rapper ligure classe 1995 era ben consapevole della possibile reazione sbigottita degli ascoltatori ma nonostante ciò ha deciso di non voler seguire il tipico schema previsto per la costruzione di un album. La scelta è stata proprio quella di andare controcorrente, com’è lecito aspettarsi da un personaggio come lui, e cimentarsi nella direzione artistica di uno spettacolo corposo e variegato, ambientato nelle strade del suo disco e con il sottofondo delle produzioni perfettamente curate, le quali come i lampioni ai margini della carreggiata illuminano il percorso rimanendo tanto distinguibili quanto incatenati l’uno all’altro nel lembo di luce che unisce il fascio di uno all’altro.
Le strumentali risultano infatti essere il fil rouge del quarto progetto ufficiale di Izi, prima ancora del concept stesso di Riot (dall’inglese rivolta o disordini) che in quanto “rivolta” incorpora la confusione e la difficoltà nel fare chiarezza in tutto ciò che accade.
Il quadro generale presenta molte voci diverse, ognuna delle quali a suo modo fa emergere i propri disagi che si raccolgono in unico grido di lamento, molte delle quali potrebbero sembrare quasi fuori contesto, altre invece assolutamente perfette per il contesto in cui vengono inserite.
Izi, consapevole del messaggio che vuole trasmettere, adotta un metodo di scrittura diverso da quello a cui ci aveva abituato in Aletheia (qui la nostra recensione), di cui abbandona le citazioni letterarie per prediligere ora le citazioni a film caratteristici della cultura popolare come Matrix, The Truman Show e l’omaggio al famoso attore Al Pacino. Questo tipo di citazionismo è da ricondurre alla volontà di arrivare ad un pubblico più ampio, senza la necessità di cercare introspettivamente una chiave di lettura. Diego vuole ora smuovere le coscienze dei suoi ascoltatori perchè stanco di ciò che lo circonda e l’inettitudine generale. La componente “popolare” emerge ancora di più nel ritornello di “Al Pacino”, brano in collaborazione con IDK (rapper americano) e prodotto da Sick Luke, che è infatti un estratto della canzone partigiana “Fischia il Vento”, inno della resistenza italiana e del concetto di libertà.
L’ascolto del disco porta all’estrapolazione di determinati concetti da ogni singolo brano, alcuni più introspettivi e altri più concettuali. La terza traccia, che vede il featuring di Nayt, è un richiamo all’immaginario distopico e futuristico della saga Matrix. I due artisti in questo caso utilizzano riferimenti al film per far emergere determinate realtà che potrebbero sembrare fantascientifiche ma ormai sempre più vicine e verosimili. Si fa notare incredibilmente Nayt che sotto l’occhio attento di Izi in veste di direttore artistico si attiene perfettamente al concept del brano e contribuisce in maniera lodevole al messaggio che Diego vuol far emergere. Colpisce più di tutto la veridicità della barra del rapper romano in cui dice “Odio i ricchi fino a che non ne faccio parte”, che per quanto scontata è una reale constatazione dell’ipocrisia di chi tende a rifiutare uno status fino a che non lo acquisisce e finisce per apprezzarlo. Questo stesso tema viene ripreso da Madman, nel brano “Foto” insieme al suo collega Gemitaiz. I due Mc romani riportano uno dei temi più lamentati dagli artisti, ovvero quello dei fan invadenti nella richiesta di foto come semplice trofeo di caccia da ostentare sui social in seguito all’incontro di un personaggio famoso, dimenticando che oltre alla figura pubblica c’è una persona normale ed un essere umano come tutti noi.
Altrettanto comprensibile è il concetto espresso nella traccia con Leon Faun, che esprime la banalità del percorso che molti artisti si trovano a percorrere e della semplicità ed erroneità con cui viene utilizzato il termine flop. Il brano in chiave simpatica ironizza sull’augurio di un flop del progetto in cui è incluso. L’ironia svanisce presto però per lasciare spazio ad una nota di follia e consapevolezza nel brano che ospita il rapper marchigiano Fabri Fibra, i due artisti qui fanno presente come il loro trascorso ed il loro background di diversità e anticonformismo li abbia portai ad essere ciò che sono oggi. La follia è inoltre un altro filo conduttore del disco del bambino magico, ed è un pizzico di essa ciò che serve per arrivare a sperimentare tanto con il brano S8 K4SS4, insieme a Dargen D’amico e Benny Benassi; il tentativo risulta ben riuscito.
La chiusura del disco avviene con Parigi, un grido d’amore e follia che si intrecciano in un gesto significativo e incredibilmente grande per amore.
È necessario inoltre soffermarsi sul brano Peligro che segna il ritorno di un Izi poliglotta e poliedrico, come ci aveva dimostrato nella traccia Weekend in Aletheia e recentemente nel feat con Margherita Vicario (Pina Colada). Diego Germini si avventura sempre più spesso nella sperimentazione linguistica, nel caso questa passione per gli idiomi dovesse essere coltivata appropriatamente potrebbe portarlo ad ampliare la sua fanbase, senza però perdere quella sua particolarità che lo contraddistingue creandosi nuove nicchie di ascoltatori in altri paesi ed ulteriori collaborazioni con artisti stranieri.
Riot è la dimostrazione dell’ulteriore crescita di Izi, che si dimostra in grado di poter vivere con empatia il disagio sociale fino al punto di poter prevedere lo sfogo della società che lamenta sempre più di essere privata della propria libertà e giunge ad esporre il proprio disagio in maniera confusa, istintiva e violenta.
Il disco rappresenta uno sfogo necessario anche per i cittadini del paese in cui abita e ora forse, nonostante la comunicazione minima e non pianificata nei minimi dettagli si rivela quasi premonitoria. I fan più attenti potrebbero ricordare una storia pubblicata il 25 Maggio 2019 in cui si chiedeva se stesse per arrivare la Grande Tribolazione o ci fossimo già dentro fino al collo, ed effettivamente ripensando allo scorso anno è lecito dirsi che doveva ancora arrivare e che ci stiamo entrando solo adesso.
Il progetto, al sorgere del sole dopo la notte di rivolte, può essere considerato l’uscita di Izi dalla sua zona di comfort, la conferma delle sua capacità di adattamento e la sua crescita artistica che lo hanno portato ad orchestrare magistralmente molti artisti, spesso diversi tra loro, ottenendo un prodotto ben amalgamato e coeso.
A cura di Ismail Ezzaari.
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