I crossover delle serie tv, o gli spinn off, ai consumatori seriali di film sono sempre piaciuti, soprattutto quando ad incontrarsi sono personaggi che possono avere molto in comune. Gli ascoltatori rap, soprattutto quelli italiani che seguono attivamente la scena americana, hanno sempre richiesto a gran voce dei joint album (album fatti da due rappers) tra artisti di alta caratura: Gemitaiz e Madman, nel 2011, con “Haterproof” accontentarono il proprio pubblico e il clamore che scatenò quel progetto fu spaventoso, sia per lo spessore di contenuti che per l’altissima densità di trick metrici. Tre anni dopo, ripeterono l’ardua impresa con “Kepler”, l’album garantì addirittura il disco d’oro in poco tempo. Tra un prodotto di coppia e i vari progetti in totale autonomia, nel frattempo, i due rappers sono cambiati, si sono evoluti, hanno stravolto il loro status symbol in maniera più che positiva, eliminando quasi alla radice i problemi che precedentemente li attanagliavano.
Nel 2019, Gemitaiz e MadMan, hanno riproposto un nuovo joint album, “Scatola Nera”, dopo una lunga attesa che ha fatto fermentare grandissime aspettative da parte dei fan.
Per poter parlare della coppia formata dal rapper romano e dal rapper pugliese è necessario togliere il legame affettivo che ogni ascoltatore ha poichè nel bene o nel male, il ruolo principale del famoso tag team è stato quello di avvicinare davvero molti ragazzi a questo genere musicale definitivamente esploso in concomitanza alle loro comparse. I detrattori saranno sempre pronti a scagliare commenti di disprezzo sottolineando la mancanza di spessore e di estro creativo, i fan più accaniti tireranno sempre su gli scudi sostenendo il contrario e rimarcando che i due dovrebbero essere annoverati tra i più forti rapper del Bel Paese.
Ti offriamo oggi due punti di vista antifrastici e non concordi, scegli tu da che parte stare.
ASCOLTATORE ENTUSIASTA
Nonostante la pioggia di critiche piombata su di loro per la mancanza di contenuto, in “Scatola Nera”, Gemitaiz e MadMan pare che non si siano discostati troppo dal proprio immaginario tematico , eccetto in qualche traccia. Ciò che ho potuto notare è che i due rapper abbiano puntato tutto sulla metrica, l’innovazione stilistica (in particolare Gemitaiz), il mood e alcuni feat nuovi e sperimentali.
Partendo dall’intro, in collaborazione con Tha Supreme, notiamo subito un Madman molto sperimentale, con metriche e liriche sempre di elevata caratura , che dimostra di saper gestire egregiamente un beat atipico come quello di “ Fuori e Dentro “, seguito dal ritornello cantato di Tha Supreme che utilizza una linea melodica molto originale e adatta a quello che è il mood della canzone. Gemitaiz nella seconda parte non aggiunge nulla di nuovo ma arricchisce il valore di quella che è un’intro che suggerisce ciò che i due ci porgeranno durante il progetto. La seconda traccia, “Esagono“, è in collaborazione con Salmo che calza a pennello in un brano, senza ritornelli, a dir poco zarro, che punta tutto sulla musicalità e un beat trascinante perfetto per il trio. Il mood di quest’ultima traccia viene richiamato dal quarto brano in cui possiamo ascoltare l’abile duo di “Santeria”, Marracash e Guè Pequeno, i quali forniscono un contributo breve quanto intenso, dimostrando con una strofa di essere ancora tra i pilastri portanti del rap in Italia. Successivamente le tracce che vanno dalla terza alla quinta compresa sono accumunate da un’atmosfera veramente interessante che lascia spazio ad un minimo di malinconia e di autoanalisi da parte degli artisti, accompagnati nel terzo brano dal ritornello cantato dalla sensazionale voce di Mahmood che aggiunge particolare valore e identità. La metà dell’album viene sancita da quella che, personalmente, reputo la miglior traccia del disco: “ ¥€$ ”, valorizzata da uno dei beat più originali e coinvolgenti che lascia spazio e libero sfogo alle incredibili capacità metriche, liriche e stilistiche degli artisti. Dall’ottava all’undicesima traccia il disco sembra assumere una forma totalmente differente rispetto ai precedenti brani sopracitati, infatti questi brani sono tutti accumunati da un’atmosfera più tranquilla e autoriflessiva. In queste tracce infatti, e in particolare nella penultima,” Tutto Ok ” , i due rapper affrontano tematiche più riflessive, rispetto ai precedenti brani, evidenziando problemi e dubbi personali, lasciando uno spiraglio allo spettro malinconico che aleggia in tutte le canzoni appartenenti alla seconda metà dell’album, fomentato anche dalle avventure e delusioni amorose. Questi brani, inoltre, vengono accompagnati da alcune collaborazioni con particolari trimbri vocali: Priestess, Venerus e Giorgia. Il disco viene chiuso con l’ormai nota traccia “Veleno 7”, soggetta a suo tempo ad un improvviso successo che ha stabilito un nuovo record di ascolti in Italia raggiungendo la classifica mondiale. In chiosa, posso dire che l’album si presenta come un prodotto valido che non ha come obbiettivo quello di convincere i detrattori del duo ad ascoltarli, bensì punta ad una fascia di pubblico che ha già apprezzato i precedenti lavori, dimostrando loro le grandi varietà di stile utili a collocarli nella scalinata che porta all’Olimpo del rap italiano.
FAN DELUSO
L’annuncio di “Scatola Nera” di Gemitaiz e MadMan, salvo rari casi, non aveva creato aspettative altissime: non per la qualità degli autori, indiscutibile, ma perché è oramai appurato che il duo “Gem e Mad” preferisce il disimpegno ai testi introspettivi e ricercati. In tutto ciò non c’è nulla di male, basta cambiare il metro di giudizio con cui criticare l’album spostando la lancetta da “ricerca di contenuti” a “ricerca di stile e sonorità”, e con “stile” intendo rime, flows “nuovi di pacca” (semicit.) e musicalità nell’organico complessivo.
La grande abbondanza di ospiti (8 in 12 tracce) toglie molto spazio al dinamico duo che viene messo nella posizione di dover alzare l’asticella per poter competere e farsi sentire, ma ciò che a volte sembra è che la situazione sfugga di mano: in più di una traccia gli ospiti fanno meglio degli ospitanti. Le tracce che vantano la compresenza di cantanti dotati di particolari vocalità (Mahmood, Venerus, Giorgia, Priestess) spiccano più per i ritornelli confezionati da essi che per le strofe dei due autori, senza tralasciare “Fiori” in cui il mirabolante tag team viene totalmente disintegrato da Marracash e da Gué Pequeno. “Scatola Nera” appare una grande festa in cui i padroni di casa perdono le redini. La possibile spiegazione a questa interpretazione potrebbe essere il tentativo di innovazione e di leggero spostamento d’equilibrio verso una matrice pop; il diverso approccio al prodotto musicale inclinato verso una dimensione differente fa sì che automaticamente la vena rap venga meno, infatti essa viene curata più da MadMan, viene invece impattata con sufficienza da Gemitaiz, che nonostante ciò non sfigura sfoderando qualche bella rima ad effetto e a qualche cambio flow degno di nota. Le basi del disco sono forse la parte meglio riuscita: al passo con i tempi, ricche di strumentazione e di ricercatezza (emblematico il brano “Che Ore Sono” con Venerus con i synthoni anni ’80 e “Y€$” che richiama il sottofondo musicale della cinematografia muta degli anni 20/30), riescono però nell’impresa di perdere di valore appurato che in almeno 9 brani su 12 viene continuamente rimarcato quanto e come fumano, che sono bravissimi a rappare e che sono i migliori in live. Gli accenni di tematiche rispolverano i clichè sul successo, l’amore per le belle donne e la sofferenza degli artisti; più di una volta i topic vengono trattati superficialmente e vengono calati in situazioni molto stereotipate, senza sviscerarli, al contrario di quando le loro condizioni sociali erano infime e spiegavano per filo e per segno come si sentivano. Ci sono almeno tre brani indiziati a finire in radio: “Karate” con Mahmood, caratterizzata da un beat medio-orientale che si adagia perfettamente alla voce del cantante, “Che Ore Sono” con Venerus e “Scatola Nera” con Giorgia, elemento di spicco nell’industria della musica pop italiana. Le tracce meno blasonate, caratterizzate da testi amorosi in chiave carnale, finiranno per essere pubblicizzate nelle storie Instagram della fetta di fanbase più giovane e acerba. Il disco otterrà senza dubbio un buon numero di streaming.
La scatola nera è un apparecchio che si può installare in diversi mezzi di trasporto, essa registra tutto ciò che avviene a bordo del veicolo, dalle registrazioni vocali, ai dati oggettivi inviati dai sensori. Potendo resistere ad impatti fortissimi, viene utilizzata per capire le dinamiche di un incidente, soprattutto se non ci sono superstiti; seguendo tale metafora, la scatola nera del duo in teoria dovrebbe testimoniare tutto il tormento emotivo che Gem e Mad hanno provato nel forte “schianto” con il successo, ma ciò che è manifesto, molto più del dolore, sono i divertimenti effimeri che hanno quasi finito per narcotizzare le penne di Davide e Pierfrancesco. Il progetto, esente da pezzi candidati a diventare iconici nella storia del genere, rappresenta la transizione verso un universo rap-pop che va a castrare la componente tecnica, proprio quel particolare che più di una volta li hanno portati in cima alle vette.
Penso che “Scatola Nera” sia davvero un disco…
Di Riccardo Bellabarba e Alessandro Toso
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