“Bugiardo” a detta di molti è il miglior album di Fabri Fibra. Personalmente migliore o non migliore ritengo sia una questione di gusto personale, un ottimo spunto per avviare discussioni di qualità, ma non un vincolo o una necessità nell’analisi del progetto. Di sicuro è uno dei più completi e meglio riusciti, dove si perfeziona quanto fatto fino a quel momento e, allo stesso tempo, si introduce quello che verrà di li in avanti. Probabilmente il disco della maturità per il rapper marchigiano.
Al secondo disco sotto major, Fibra era chiamato ad una sfida particolarmente ardua: replicare il successo dei dischi precedenti smentendo i propri detrattori, a distanza di poco più di un anno e mezzo (“Tradimento” vide la luce il 26 maggio 2006, “Bugiardo” il 9 novembre dell’anno seguente), un tempo relativamente breve per la creazione di un disco, se ci rifacciamo ai ritmi dell’epoca del mercato musicale, a maggior ragione se ci concentriamo sulla scena rap di allora.
L’idea alla base del disco è quella che fa da intro e da title track, oltre che naturalmente da titolo: “Bugiardo”, appunto. Quasi un concept album dieci anni prima che questa particolare categorizzazione prendesse piede.
La figura del bugiardo prende due direzioni distinte ma parallele in questo disco, una introspettiva ed una rivolta al mondo che lo circonda.
Fibra si sente un bugiardo, o forse è questo che il pubblico vede in lui a causa delle mille maschere che gli ha visto indossare finora: all’inizio ci fu Fabrizio, il ragazzo di provincia che racconta di se in modo acerbo ed underground; poi venne Mr. Simpatia, con la sua volgarità e la continua iperbole per sfogare la sua rabbia; infine Fabri Fibra, il rapper di successo seguito dall’etichetta, ormai parte di quell’elite che ha sempre disprezzato.
Non riuscendo ad identificarlo nell’uno o nell’altro, il pubblico si è rifugiato nell’appellativo di “falso”, di “venduto”, di “bugiardo”. Lo mette in chiaro fin dall’intro, che di fatto intro non è in quanto title track che proietta immediatamente l’ascoltatore nel fulcro del discorso:
“Fibra è conosciuto come un gran bugiardo
Fabri Fibra – Bugiardo – Con Skit (Bugiardo, 2007)
Alle assemblee di istituto parlavo in sardo (Ajò)
Non mi presento in pubblico, ci mando un altro
Non mi assomiglia, è grasso e un po’ più alto“
E lui sembra quasi autoconvincersi di questo, analizzando questo aspetto della sua vita e chiedendosi se sia vero quanto dicono, mantenendo questo dubbio sulla veridicità delle voci sul suo conto. Tanto da arrivare, in tre tracce consecutive, ad esternare questa lotta interiore riversandola su di noi. Parte con quella che sembra essere una vittoria su questo suo demone, nel ritornello di “Sempre Io”:
“Ti sembro cambiato?
Fabri Fibra – Sempre Io (Bugiardo, 2007)
Ma sono sempre io
E quanto tempo è passato?
Ma sono sempre io
La faccia mia è dietro a un vetro
Ma sono sempre io
E la fama mette al tappeto
Ma sono sempre”
Capovolgendo tutto nell’outro del brano seguente, “Il Più Pazzo”:
“Chi conosce meglio Fibra?
Fabri Fibra – Il Più Pazzo (Bugiardo, 2007)
Ti assicuro questa qui è la vera sfida”
Per poi ritornare a quell’accettazione del parere del pubblico vista ad inizio album in “Questa Vita”:
“E se potessi almeno darti un consiglio:
Fabri Fibra – Questa Vita (Bugiardo, 2007)
Non fidarti di me, io sono finto, ah”
E naturalmente altri esempi di questo meccanismo mentale di Fibra, perennemente in bilico tra bianco e nero, vero e falso, ci sono in tutta l’interezza del disco. Non è un caso che sia proprio in “Bugiardo” che troviamo la coesistenza tra le tre maschere citate in precedenza.
Fabrizio osserva il mondo come quel ragazzo partito da Senigallia tanti anni prima, con diffidenza e rabbia, Fabri Fibra lo racconta al pubblico nel modo più congeniale ad un rapper della sua caratura, con quel tipo di posizione e di responsabilità, e Mr. Simpatia contribuisce alle atmosfere tetre e rabbiose che fanno da sfondo ai testi.
L’ultimo efferato alter ego citato, quello che lo ha fatto diventare famoso, è addomesticato da Fibra in “Tradimento”, ma ugualmente riconosciuto come componente fondamentale della sua carriera e psiche, fa percepire la sua aura in alcune tracce, come “Cento Modi Per Morire” o “Potevi Essere Tu”.
L’altra faccia del prisma sorge nel momento in cui l’autore si rende conto di come, effettivamente, possa essere lui in primis un “Bugiardo”, ma che gli altri sono forse ancora peggio.
Nel momento in cui sono arrivati il successo e, di conseguenza, i (pochi) soldi, arriva in automatico anche la scalata nella società. Se prima era un ragazzo che insegue il proprio sogno, ora è un cantante, una figura di spicco, un personaggio pubblico, e può osservare il mondo nella sua interezza, da entrambi i lati di quel muro invisibile che separa i VIP dalle persone comuni.
È qui che Fibra si accorge dei punti in comune tra i due mondi quando si parla di falsità, e decide di parlarne senza distinzioni. Come sempre ne ha per tutto e tutti, con una differenza: se prima parlava principalmente al proprio pubblico, qui prende coscienza delle sua possibilità e parla a tutti, ridimensionando ulteriormente il linguaggio per permettere a chiunque di ascoltarlo senza la scusa della troppa volgarità.
Si parla di ogni possibile problematica dell’Italia di quel periodo: da chi cerca la scalata facile a scapito della propria moralità, a chi si chiude gli occhi per non saperne nulla, dalle radio alla televisione passando per il festival di Sanremo, dai giovani agli adulti, dai ricchi ai poveri.
Si scaglia senza distinzione su spettacolo, attualità, politica, cronaca nera, facendo rendere conto a tutti di come, in fin dei conti, siano tutti dei bugiardi, forse per senso civico, forse per scrollarsi dalla testa quella fissazione che lo ha portato a costruire il disco in questo modo.
L’album, sostanzialmente, sta tutto qui, in perenne equilibrio in questa contradditoria duplicità morale del concetto del “Bugiardo”. La prova del nove è stata superata, Fibra si è alleggerito di numerosi pesi e noi ci siamo soffermati su quanto effettivamente stiamo facendo bene in questa nostra vita. Fibra è un “Bugiardo” ma, in fin dei conti, non lo siamo tutti?
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