Jeffery Lamar Williams, in arte Young Thug, è un personaggio piuttosto particolare nella scena musicale americana. L’aggettivo “particolare” è usato scientemente, in quanto la sua originalità lo ha reso unico, diverso, originale e rivoluzionario non solo per la musica degli Stati Uniti, ma senza dubbio di quella mondiale. Il suo eco, il suo stile e le sue scelte lo hanno reso, senza ombra di dubbio, uno dei rapper più iconici della storia del rap.
L’ultimo anno per l’artista di Atlanta però non è stato affatto semplice. Infatti, Thug, così come altri membri della YSL (collettivo ed etichetta fondati dallo stesso artista), è stato tra le 28 persone sui cui pendevano ben 56 capi d’accusa legati al mondo delle gang e in particolare al RICO (Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act), un reato per certi versi simile a quello di associazione di tipo mafioso presente in Italia. Non sono stati e non sono tuttora mesi facili quelli passati alla Cobb County, dopo 4 risposte negative alla richiesta di cauzione o qualsiasi agevolazione in attesa del processo che inizierà a luglio 2023, ma la musica di Jeffery non si ferma nemmeno da dietro le sbarre.
È in questo contesto che avviene la gestazione di “Business Is Business”, il suo terzo album in studio, rilasciato il 23 giugno 2023, a due anni di distanza da “Punk”, per YSL Records e distribuito da Atlantic Records e 300 Entertainment mentre si trova ancora in custodia cautelare. L’album vede, inoltre, Metro Boomin come produttore esecutivo e, infatti, solamente tre giorni dopo è uscita anche la “Metro’s Version”, ovvero una edizione deluxe con le tracce in diverso ordine ma con anche altri due inediti.
L’annuncio di “Business is Business”, invece, piuttosto singolare, con un QR Code, ripubblicato da tantissimi artisti, condiviso su proprio dallo stesso Metro Boomin in cui si poteva scoprire il titolo del disco. La visione di Young Thug però non si è mai solo limitata alla parte musicale in sé e per sé, costruendo un’idea e un immaginario coerenti che trovano la loro realizzazione proprio nella musica e non solo tramite essa. Approcciandosi al disco, il primo aspetto che salta all’occhio, è ovviamente quello della copertina che vede Thugga in tribunale circondato da altri coimputati.
Ancora una volta è la situazione giudiziaria a fare da contorno e non poteva essere altrimenti. Il titolo ai più potrebbe sembrare un titolo qualsiasi, ma in realtà l’espressione business is business è eloquente già da sola: gli affari sono affari e negli affari, a volte, devi essere pronto a fare qualsiasi cosa pur di guadagnare e raggiungere i tuoi obiettivi. Un bel riassunto della vita di strada ma anche di come il business non si debba fermare nemmeno dal carcere, un po’ per vocazione e un po’ per necessità.
Per quanto riguarda la struttura interna, il progetto si apre curiosamente con una strofa di Drake in “Parade on Cleveland”. Non è la prima volta che un disco rap si apre con la strofa di un ospite invece che dell’artista principale ma stentiamo a credere che sia casuale. Analizzando il contributo del rapper canadese, si evince che Drake sia la voce di Young Thug, visto che parla in prima persona della circostanza che coinvolge il suo collega, chiedendosi “come sia finito dentro”, e vivisezionandola nel dettaglio.
Il ritornello toglie ogni dubbio, visto che Cleveland Avenue (adattata a Bleveland, per rispetto dei suoi soci Bloods), inizialmente nota come Jonesboro nome, per altro, di una traccia del disco, arcinota per la criminalità e il degrado, è la zona di Atlanta da cui Thugga e gran parte della YSL provengono. L’altra considerazione in merito, più simbolica e totalmente soggetta a libera interpretazione, è l’impossibilità per Jeffery di esprimersi davvero, come se fosse braccato e quindi abbia bisogno di qualcuno che parli per interposta persona dalla sua prospettiva. Thugga, dal canto suo, arriva proprio con una chiamata direttamente dalla prigione di Cobb County, a sottolineare il suo distacco dal mondo che invece continua ad andare avanti, attraverso la quale sembra velatamente riferirsi anche a Gunna.
Gli ospiti del disco sono numerosi, sia in termini di rapper che produttori, come da normale amministrazione nei dischi della YSL. In “Business Is Business” troviamo, oltre a Drake, 21 Savage e Travis Scott presenti in almeno due tracce e con quest’ultimo pure con delle voci aggiuntive in “Uncle M”, anche Future, 21 Savage, Yak Gotti, Lil Uzi Vert, BSlime, Lil Gotit e Nate Ruess.
Nella “Metro’s Version”, invece, tra i due inediti bonus troviamo anche un featuring di Nicki Minaj e una strofa postuma di Juice Wrld.
Nate Ruess, frontman delle band indie pop Fun e The Format, è l’unico che non proviene dall’ambiente rap e R&B, e appare come collaborazione nell’ultima canzone del disco, intitolata “Global Access”. Come spesso accade, l’outro degli album regala uno dei momenti più introspettivi dell’intero disco e anche stavolta non è da meno. Nate apre il pezzo proprio parlando della situazione paradossale che vede Thugga coinvolto, poiché i suoi testi potrebbero costituire una prova contro di lui in tribunale. Un po’ come incarcerare Lars Von Trier per molteplici omicidi solo perché nei suoi film ciò si verifica piuttosto frequentemente. Non stiamo qui a sindacare sulla colpevolezza o l’innocenza dell’artista perché è un’altra questione, quanto sull’assurdità di usare un’espressione artistica come prova per incarcerarlo. Potremmo ritrovarci di fronte a un punto di non ritorno, dove la musica può essere solamente family friendly e regalarci un’industria distopica con sole canzoni d’amore e con un mondo raccontato come nelle fiabe per bambini.
Tra i momenti “da non perdere”, c’è un campionamento di “Better Dayz” di 2Pac come intro di “Want Me Dead”, che ci aspettiamo diventi una hit a breve come tutte le collaborazioni coi giganti presenti nell’album, ma soprattutto “Went Thru It”, “Mad Dog” e “Jonesboro”, con quest’ultima che per strumentale, liriche e atmosfera ha tutte le caratteristiche per essere considerata uno dei pezzi manifesto di Thugga, nonché un inno per il Sud di Atlanta. In “Jonesboro” traspaiono tutti gli sforzi, tutti i sacrifici e tutta l’ascesa di Jeffery, senza far mancare riferimenti a un “ex fratello” di cui non sente la mancanza che potrebbe essere facilmente associabile a Gunna ma si tratta solo di interpretazioni.
“Business Is Business” è un nuovo capitolo, per lunghi tratti più introverso e meno eccentrico del solito, di un racconto che si sviluppa da oltre dieci anni.
Dal volume uno di “I Came From Nothing” al 2023 sono cambiate tante cose nel rap game e Young Thug è stato uno dei vettori principali di questo enorme cambiamento, sapendo fungere da accentratore e precursore. Il ciclo è sempre lo stesso: destare stupore e poi ispirare le nuove generazioni.
Come nel caso di Future, a riconoscere una stella molto prima che brillasse è stato, e non dovrebbe più sorprenderci, il solito Gucci Mane (che prima o poi avrà un approfondimento dedicato, considerata l’importanza) che, come scopritore di talenti, non fa invidia a nessuno. Nel giro di un anno e mezzo, per l’allora esordiente Young Thug arriva il primo grande contratto, proprio con la 1017 di Gucci Mane, sotto l’egida di Asylum e Atlantic. Grazie a questa spinta, “1017 Thug”, il primo mixtape dopo la firma, è stato accolto a gran voce dalla critica e da tutte le riviste più grandi non solo di settore, considerato che anche il The Guardian ne ha tessuto le lodi. Dal 2013 in poi, infatti, la carriera di Thugga è andata solamente in crescendo, grazie anche alla viralità di pezzi come “Stoner” e “Danny Glover”, che hanno dato il La per diversi remix non ufficiali spesso non apprezzati dallo stesso artista ma che hanno indubbiamente contribuito a far girare il suo nome.
Nello stesso anno è arrivata anche “Some More”, la prima collaborazione con Metro Boomin, contenuta in “19 & Boomin”, disco di esordio del produttore. Il loro primo album ufficiale “Metro Thuggin” avrebbe dovuto vedere la luce nel 2014 ma così non è stato, rilasciando solamente il singolo “The BLanguage”. Nello stesso anno, in un clima tutt’altro che disteso in termini di contratti tra Thugga e Birdman, CEO di Cash Money Records e membro del duo Big Tymers, però la produttività non è stata messa a repentaglio, visti i 6 mixtape pubblicati nel corso dei 12 mesi e di cui ben 2 in collaborazione con Gucci Mane, 1 con Bloody Jay e uno come collettivo Rich Gang (assieme a Birdman e Rich Homie Quan).
L’anno è turbolento, come già sottolineato, ma la rete di collaborazioni continua a estendersi, addirittura arrivando a condividere un pezzo con Lil Wayne nella seconda compila come Rich Gang. Per Jeffery non poteva altro che essere una consacrazione, visti i rumour attorno Carter 6, titolo del suo primo album ufficiale in onore proprio a Lil Wayne. Abbiamo detto disco ma in realtà, dopo che Lil Wayne ha manifestato del disappunto attorno al nome, è diventato un mixtape e da Carter è diventato Barter 6 (come tribuito a The Carter V, all’epoca ancora ben lontano) senza mai rinnegare il tributo a Tunechi e al posizionarsi come suo erede.
Il progetto, uscito poi nel 2015 dopo la firma con 300 Entertainment, ci ha dato la primissima versione eclettica di Young Thug, soprattutto in pezzi come “Check”, “With That” con Lil Duke e “Halftime”, divenuti poi dei veri e propri classici della discografia del rapper della Georgia. La strada iniziava a essere raccontata in un modo più peculiare, con un’impostazione vocale che spesso ricorda più artisti come James Brown che altri rapper. Il 2015, in pieno cambiamento della fruizione della musica tra analogico e streaming, si è chiuso con altri due mixtape: “Slime Season”, con ospiti anche i Migos, Lil Wayne e Gucci Mane tra i più e “Slime Season 2”, regalando altre pietre miliari della carriera di Young Thug. La trilogia si chiude nel 2016, con l’uscita del terzo Slime Season, anno in cui ha fatto il suo ingresso anche nel mondo della moda e in cui ha rilasciato “Jeffery”, nella cui copertina indossa un vestito realizzato da Alessandro Trincone.
“Jeffery” è stato uno dei primi grandi passi di Young Thug per ridefinire genere e mascolinità nella scena rap americana, mostrandosi in un modo insolito e senza paura. Inutile dire che la copertina in pochissimo tempo ha fatto il giro dell’Internet, generando meme, parodie, tante risposte ma soprattutto condivisioni, facendo di fatto da marketing per il mixtape. Probabilmente, vi verrà in mente “Pick Up The Phone” ma la realtà è che in “Jeffery” si delinea ancora di più l’identità artistica di Young Thug, sempre più volta a percorrere un percorso ancora inesplorato e unendo le sporche alle strofe, come se fossero una cosa unica e talvolta come se le prime fossero più importanti delle seconde, con un connubio perfettamente rappresentato da “Harambe”, presente proprio in questo disco. Il tutto senza mai togliergli un briciolo di dignità pur dando spesso più valore all’atmosfera che a ciò che si dice. Young Thug è proprio questo: un artista unico e della cui eredità se ne parlerà per decenni. Di questo, probabilmente, anche lui stesso ne era a conoscenza, decidendo di fondare la YSL Records nello stesso anno e di procedere come Gucci Mane a inizio carriera aveva fatto con lui.
Dopo il 2016, ormai Young Thug è una star mondiale. Una figura che non può essere ignorata, le cui critiche non hanno fatto altro che motivarlo ancora di più e che hanno provato la sua ragione e la sua visione con quasi dieci anni di anticipo. Giusto sottolinearlo: parliamo del 2016, dove a malapena in Italia si sapevano pronunciare le parole trap e drill mentre dall’altra parte dell’oceano c’era un artista che distruggeva e ricostruiva un nuovo modo di fare musica e di essere più che un semplice rapper.
Andiamo avanti e direttamente al primo “vero” album in studio, “So Much Fun” (2019) seppur nel mezzo ci siano tante altre collaborazioni e “Beatiful Thugger Girls” (2017), in cui Jeffery dimostra di poter fare anche altri generi senza sfigurare e senza snaturarsi. Doverosi di menzione anche “Super Slimey”, mixtape in collaborazione con Future e i tre EP, tra cui “On The Run” usciti tra il 2017 e il 2018. Inutile dirlo, il debutto di “So Much Fun” è eccezionale: subito al primo posto in Billboard 200 e un anno dopo è diventato il primo progetto di Thugga a diventare disco di platino per il milione di copie vendute. Sono tantissimi i momenti d’oro di questo album, come “The London” con J.Cole e Travis Scott e “Hot” in collaborazione con Gunna, al momento in rampa di lancio e gioiello della YSL. Oltre al primo album ufficiale e all’edizione deluxe, nel 2019 troviamo anche, dato ancora più clamoroso, ben 14 entrate nella Hot 100 di Billboard nel corso dell’annata.
Tra il 2020 e il 2021 troviamo un Thugga un po’ diverso, prima in un inedito sodalizio con Chris Brown nel mixtape “Slime & B” (2020) e poi finalmente in maniera matura come guida in “Slime Language 2”, secondo capitolo dopo quello del 2018 come compilation di presentazione della YSL. Forse una sorta di canto del cigno, se si prendono in considerazione tutte le vicende che si sono susseguite e che hanno frenato l’ascesa dei membri del collettivo nonostante l’ottimo riscontro.
Il 2021 è anche l’anno di “Punk”, del secondo album in studio di Young Thug, che ha ridotto il numero di mixtape per dare più valore alle produzioni artistiche in senso stretto. Difatti, a fare da padrona in questo progetto è l’introspezione e, come essa, un approccio decisamente più intimo. In realtà, ciò non ci dovrebbe sorprendere perché i dischi introspettivi post pandemia da Covid-19 sono stati numerosissimi, rimettendo sul tavolo alcune priorità invece che altre. Pur essendo due progetti dello stesso anno, “Slime Language 2” e “Punk” non potrebbero essere più diversi: nel primo c’è ancora la voglia scanzonata di urlare al mondo che si ha vinto al gioco della vita: nel secondo, forse, una richiesta di aiuto a comprendere meglio le regole di questo gioco, ribadendo di sentirsi non compreso a pieno da chi lo circonda. E infatti poi il buio, la legge, le accuse e il silenzio, fino a tornare con “Business Is Business” che ci ricorda che nulla potrà fermare il flusso creativo e il business, per l’appunto.
Fin qui abbiamo parlato soprattutto di musica ma l’influenza di Young Thug non si limita a questo. Giusto sottolinearlo perché l’operato di Jeffery Lamar Williams decostruisce come mai prima la dicotomia macho – rapper di strada e artista posato – canzoni d’amore. Questo in Young Thug non c’è o, meglio, c’è ma è fuso, è sottosopra, è visto da un’altra prospettiva, fregandosene prima di tutto del binarismo di genere e semplicemente essendo sé stesso.
Ciò che lo rende così originale è proprio il collante tra tutta la sua discografia, con qualità e iconicità impareggiabili. Sembra tutto perfettamente normale e acquisito ma farlo nello scorso decennio era avanguardia pura. Oggi ne vediamo i frutti non solo nella musica rap ma addirittura negli altri generi. La grandezza di Young Thug rispetto a tanti altri rapper è che non ha innovato solo un unico genere, ma è stato capace di influenzarne pure degli altri, oltre a creare una famiglia (la YSL) che si rifà alle sue premesse musicali.
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