Già dalla copertina “Don’t Get Too Close“, ultima fatica di Skrillex, uscita in coppia con “Quest For Fire”, non nasconde quel che è: un’opera che vive nell’ossimoro.
Tanto può sembrare tenero e dolce il cartoonesco riccio con gli occhioni presente sulla cover, quanto non riusciremo a non notare che le sue spine hanno del sangue sulla punta. Se si guarda con attenzione, quelle che abbiamo dato per scontato fossero spine, sono in realtà lame di coltelli. Anche qui, un vero e proprio ossimoro visivo.
L’ossimoro è infatti la figura retorica principale per comprendere questo lavoro, già dall’idea che un prodotto che deve vendere inviti a non avvicinarsi. Anche la stessa title track, nel cui video vediamo svegliarsi il gioioso animaletto della copertina per poi rattristarsi, è un manifesto di questo modo di narrare: il beat quasi low-fi unito alle voci calde ed alle risate di Bibi Bourelly e di Soony Moore (lo stesso Skrillex accreditato in modo diverso) sembrano volerci raccontare qualcosa di rassicurante, di confortevole, invece il testo è la narrazione di un’adolescenza difficile, di una persona che racconta la sua difficoltà a trovare un posto nel mondo, della sua depressione e che si sente felice solo quando trova la sua valvola di sfogo nella musica.
Questo racconto, scandito dalle risate e da stralci di conversazioni anticlimatiche col testo vero e proprio, riporta l’angoscia giovanile con aria nostalgica, accostando la paura degli adolescenti di rapportarsi con gli altri e di crescere (appunto il “don’t get too close” del titolo e del ritornello) a sentimenti completamente opposti. Il prodotto riesce ad inquadrare alla perfezione la confusione dei giovani e dei non più giovani che ricordano con amore un periodo forse più difficile di quel che sembrava e che ora torna alla mente epurato dalle scorie del passato.
Le altre tracce non si allontanano molto da questo tipo di narrazione, ma riescono a pieno a far trasparire emozioni e sensazioni che difficilmente lasciano indifferenti, ma la vera forza espressiva di Skrillex e degli artisti che lo hanno accompagnato in questo viaggio è quella di riuscire a trasmettere le medesime vibes pur muovendosi tra generi e stili diversissimi tra loro. Abbiamo già citato il lo-fi, ma abbiamo all’interno del disco momenti blues, gospel e funk, ma allo stesso tempo, techno, trap e house edm, il tutto con una forte matrice Hip Hop alla base, non a caso la maggior parte degli ospiti appartengono alla scena rap (se ti stessi chiedendo perché lo abbiamo recensito, ndr).
Volendo parlare degli ospiti sopracitati, non si può non nominare la già citata Bibi Bourelly, ma anche Swae Lee, Don Toliver, Bobby Raps, Young Lean e Bladee, solo per dirne alcuni dei più impattanti: tutti si comportano egregiamente nel loro spazio, componendo ognuno il tassello di un mosaico più ampio che ci viene scoperto man mano che il disco va avanti.
“Don’t Get Too Close” è un disco malinconico che colpisce forte, tra il “chilling” ed il divertimento arrivano, come nei migliori film della Troma, delle bordate emotive devastanti, che vanno tutte a segno. Skrillex ha sicuramente confezionato un’opera che vuole cullarci per ricordarci che la gioventù finirà ma che bisogna godercela nel bene e nel male, ma, su tutto, pregiudizi a parte, quella di Skrillex è un’opera che vale la pena ascoltare.
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