9 maggio, ore 23.59. Mi arriva una notifica da YouTube: “Nuovo Video di Liberato II Official…”. Con una ritualità che ha qualcosa di sacrale, Liberato è tornato nel suo giorno, a festeggiare come un santo, la data della sua consacrazione. Quando si parla di un progetto così particolare è difficile parlare di aspettative. Liberato, in quella giornata, lo abbiamo cercato tutti, consapevoli del fatto che prima o poi avrebbe lanciato un segno: ma cosa aspettarsi e in che modo?
Ieri, a proposito di Privilegio Raro, l’ultimo progetto di Tutti i Fenomeni, abbiamo parlato dell’effetto che la distanza dell’artista dai suoi ascoltatori ha sul pubblico. Liberato in questo è stato maestro, facendo dell’assenza la sua più grande presenza, costruendo intorno al suo mistero un pubblico sempre più fidelizzato che incondizionatamente lo aspetterà.
E così abbiamo ricevuto Liberato II.
Mi diverte sempre leggere il modo in cui le piattaforme di streaming cerchino di identificare il genere degli album di questo artista. Leggo “Elettronica” sotto la copertina di Liberato II su Apple Music. Identificare Liberato, sfuggente in ogni sua manifestazione, è quanto mai coraggioso: ascoltare i 7 brani di Liberato II vuol dire attraversare la techno, l’house, il neomelodico, il reggaeton e la tarantella napoletana senza stupirsi di come generi musicali così distanti possano sposarsi alla perfezione. Tra il synth e la tammorra, infatti, scorrono secoli e secoli di differenza, stratificazioni musicali che diventano l’uno il perfetto continuo nell’altro in un prodotto unico, che trasuda identità. È in questo continuum che nasce Liberato.
In Liberato II gli estremi convivono e si fondono e Cicerenella ne è la massima esplicazione. L’origine del brano si perde nella notte dei tempi: scritta da autori ignoti alla fine del XVIII secolo, il canto popolare diventa uno dei più emblematici esempi di tarantella al punto da venir interpretata dai più grandi interpreti della canzone napoletana, da Murolo alla Nuova Compagnia di Canto Popolare. Liberato si infila nel solco della tradizione, ma la sua Cicerenella, la sua contadinotta, non batte più i piedi al ritmo del tamburello, ma della cassa dritta dell’house. A questo punto non deve stupire neppure il video di Partenope. Ambientato in un Settecentesco Palazzo Reale, l’aristocrazia partenopea balla un valzer dell’epoca, ma a dirigere l’orchestra c’è un misterioso pianista incappucciato, sulla cui tunica spiccano due rose: suona l’elettro – pop sul quale la sirena Partenope, figlia della tradizione, si trova perfettamente a suo agio.
In questa amalgama di spazi e tempi, Liberato azzera le distanze e se il canto popolare si incontra con l’elettronica, anche i luoghi si trasfigurano. Il Chiostro di Santa Chiara e il Parco della Rimembranza sfumano in una narrazione che offre appiglio anche a chi di questi luoghi non ha mai sentito parola. Il cantante misterioso come la sua musica è interamente stratificato: Liberato canta Napoli a chi Napoli la vive, ma crea Napoli per chi non l’ha mai vissuta e in questo modo dà vita ad un progetto che è inclusivo ed esclusivo contemporaneamente. Liberato II è il prodotto di un “folklore aperto” che include anche coloro che partenopei non lo sono di nascita. L’avanguardia delle sonorità, le contaminazioni musicali e l’universale godibilità dei brani rendono Liberato uno dei progetti più esportabile a livello internazionale, pur essendo contestualmente il fenomeno più localmente connotato del panorama italiano: Liberato non è solo di Napoli, è di tutti.
Ogni 9 Maggio passa, e, variando un proverbio, “passato il santo, passa anche la festa”. Ci potremmo aspettare un nuovo anno di silenzio, ma Liberato ha cantato e speriamo, non importa tra quanto, che canti ancora.
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