In una compagnia di ragazzi che abita in quartiere ci possono essere diversi tipi di personalità e quelli che palesano un carattere forte possono rivelarsi più sensibili ed emotivi di quanto si possa pensare. Tra questi, il classico ragazzo che si trova a suo agio con gli altri ma che in alcuni momenti di sconforto si isola per qualche tempo, esplorando luci ed ombre di sé stesso da solo, con le cuffiette alle orecchie e i problemi a fare da sfondo e, al contempo, da protagonisti.
Questo è il ritratto che si è costruito nella mia testa ascoltando “Giù” il nuovo EP di Neima Ezza, una delle figure di maggior spicco all’interno del collettivo Seven 7oo. Se tra i membri la maggior parte risulta fedele all’immagine cruda che nel tempo si sono costruiti, Neima non ha paura di mettersi a nudo per scavare più a fondo nella street life di cui parlano, con il fine di capire anche i problemi di natura personale, oltre che socioculturale. Costruita la propria identità su questo, è poi importante capire cosa il quartiere ti toglie, dopo aver preso coscienza di ciò che può dare.
Fin dal principio dell’ascolto c’è una chiara intenzione di indirizzare “Giù” (l’artista lo definisce EP, ma considerata la lunghezza è passibile della promozione a disco vero e proprio) che si apre con un intro anticlimatico rispetto all’usanza: una riedizione del singolo che anticipa (e chiude) il progetto, “Casa”, in una chiave acustica orientata alla malinconia, sapientemente stimolata da un crescendo di violini che arrotondano la semplicità del piano protagonista della produzione, col ritmo definito da dei timpani quasi cinematografici e dei rullanti in lontananza, capaci di infondere una sensazione cinematografica al complesso. L’artista riesce ad interpretare l’insieme di suoni riproponendo un testo che ricorda le problematiche legate agli affetti, amici o famiglia che rimangano, nonostante i grandi cambiamenti nella sua vita.
Da qui inizia un percorso di racconto della persona Neima che apre il suo cuore, per tutta la durata del disco, analizzando sé stesso ma spaziando su di una vasta gamma di atmosfere di forte ispirazione estera. La maturità sonora in “Giù” si manifesta in una nuova chiave rispetto a quanto siamo stati abituati dal collettivo di San Siro, sapientemente interpretata in buona parte da produttori del calibro di 2nd Roof, affiancato dal fido NKO e altri. In questo progetto infatti vengono temporaneamente abbandonati i toni drill – che da sempre li contraddistinguono – a favore di una forte sperimentazione verso altri generi, in particolare un pop di ispirazione weekendiana ed un rap più sinuoso ispirato alla Francia.
Un disco che mi è venuto in mente ascoltandolo, per fare un esempio, è “Persona non grata”, l’ultimo di Lacrim. Questo distaccamento dalla comfort zone lo reputo fondamentale, sia per lui ma sia per la stessa Seven; una vera e propria ventata di freschezza che richiama ancora una volta l’attenzione del pubblico dopo una serie di progetti che, causa una motivata omogeneità, avrebbero potuto affaticare l’orecchio di qualche ascoltatore più orientato alla varietà. Senza considerare che, complici delle produzioni più accessibili anche al pubblico più mainstream, questo progetto rappresenta un occasione d’oro per il suo creatore stesso, che può aumentare notevolmente i suoi numeri e la sua fama.
Andando più nel dettaglio, troviamo un ventaglio di questioni all’interno del disco che, a primo impatto, potrebbero risultare monotone, ma che in realtà sono ottimamente diversificate, e semplicemente attinenti allo stesso campo. Partiamo dalla consapevolezza dei momenti piatti, di noia, raccontati nella titletrack, contrapposti ad una produzione positiva ed energica a costruire un contrasto sottile ma d’impatto. Si prosegue con “Lei” con Rondodasosa, capace a sua volta di distaccarsi dalla drill per esplorare nuovi orizzonti e adattarsi ottimamente al pezzo, un classico pezzo love in bilico tra una donna e l’onnipresente strada.
A questo punto si torna ad un sound più rap ma comunque diverso dal solito con “Euro” e “Fedele al quartiere” con Vale Pain, accoppiata di tracce analizzabili come un corpo unico in quanto orientate nella stessa direzione: i sacrifici necessari per arrivare dove sono ora. Una trap costruita con suoni ricercati (come le chitarre nel secondo) su cui i due ragazzi si rendono conto di quanti legami si siano sciolti nel tempo, e quanto loro stessi siano cresciuti in fretta nel pur breve periodo dall’inizio della loro carriera.
Con un altro stravolgimento repentino si torna a ritmi più elevati e atmosfere più leggere, ma solo nei suoni, perché in “Basta” la tristezza che Neima trasmette ripensando a quanto male può fare alla mancanza di una persona amata e, infine, persa, può arrecare anche ai cuori più rodati. Clima che si mantiene anche nell’afrotrap nostalgica di “C’est pas facil”. Uno sguardo al percorso intrapreso, un ritorno agli argomenti più affini, ma raccontati da un nuovo punto di vista in linea con la direzione del disco.
A questo punto ci troviamo davanti a quella che, a mia opinione, è la sorpresa del disco: “Bebe” con Baby Gang, ultimo featuring del progetto, in cui i due si cimentano in un reggaeton estremamente soft, tanto da risultare triste, ma su cui dimostrano di essere a proprio agio. In questo brano troviamo anche una frase che ci spiega quella che è l’intenzione dell’intero lavoro:
“non faccio reggaeton-ton / Voglio sdrammatizare per questo un po’ ci provo / La mia voce malinconica è un carillon-on / Parlo con me stesso non riesco a restare sobrio/ Mi sento da solo”
Bebe – Neima Ezza feat. Baby Gang (2022)
Le ultime due tracce inedite sono “Anni 90” e “Aiuto”, la prima su un beat squisitamente anni 80, la seconda su una trap estremamente triste, a cui si contrappongono gli argomenti più usuali per il rapper nella prima e la presa di consapevolezza nella seconda che anche chi si crede più forte ed inattaccabile, in momenti di estremo sconforto, ha appunto bisogno d’aiuto, cercando di evitare di isolarsi come lui stesso dichiara di fare e cercando invece di trovare supporto nelle persone care.
Il progetto chiude il cerchio, come già detto, con “Casa”, il tanto agognato ritorno nel suo luogo sicuro, quel posto perimetrato da quattro mura amiche dove Neima può fermarsi a riflettere su quello che deve fare. Lo stesso posto dove plausibilmente è stato concepito “Giù”, quello che a tutti gli effetti è l’esordio da solista del rapper, che meglio di così non poteva andare. Ha dimostrato in 11 tracce tutte le sue capacità, dall’aprirsi al pubblico allo scavare in profondità nel suo animo giovane ma esperto, arrivando all’estro di sperimentare diversi generi ed influenze risultando sempre a suo agio.
Neima ora è a casa, a lavorare sui prossimi passi da fare, e noi dopo “Giù” siamo estremamente curiosi di scoprire quali saranno.
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