“SXM” dei Sangue Misto è probabilmente il disco più iconico dell’intera storia del rap in Italia, considerato il capostipite del genere, quello che diede il via a tutto, la pietra miliare per eccellenza.
Nei giorni in cui scrivo questo articolo sono ufficialmente passati trent’anni dalla sua pubblicazione, la cui data precisa si è persa nelle pieghe del tempo trascorso, ma che viene ricondotta con più genericità al gennaio del 1994.
Parlare di quest’album è sempre molto difficile, un po’ perché l’attuale pubblico del genere, per la maggior parte, nemmeno era presente ai tempi dello svolgimento dei fatti (me compreso), un po’ perché il contesto, sia nel sistema musicale che nel mondo in generale, è cambiato completamente. Quindi è proprio da lì che voglio partire.
Naturalmente non dobbiamo concentrarci sul 1994, ma sul biennio appena precedente, per capire cosa spinse Neffa e Deda a scrivere quello che poi sarebbe stato considerato quasi un manuale sul come fare il rap in Italia. L’atmosfera è quella del cambiamento, della rivoluzione, gli anni sono quelli di Mani Pulite, di Bettino Craxi, delle stragi a stampo mafioso, dell’omicidio di Aldo Moro.
Il clima è quello di una guerra civile che colpisce tutti ma di cui nessuno sembra accorgersene, che tocca solo la politica, non direttamente i cittadini, se non attraverso il fallimento di quella stessa classe che sembra in guerra con le mafie. La sfiducia dei cittadini cresce, non ci si sente più rappresentati dal “governo ladro” che pensa ai propri tornaconti piuttosto che al popolo italiano, e la fame di rivoluzione, di cambiamento, cresce in tutti.
In questo clima Bologna già si presentava come una città fortemente politica e multiculturale, nella quale era difficile non elaborare delle proprie idee sul mondo, soprattutto se il tuo punto di vista è quello di un ragazzo che si sente abbandonato da tutti, isolato dal mondo e quasi rigettato da un sistema a cui non si percepisce appartenenza.
“Io sono il numero 0
Sangue Misto – Lo Straniero (SXM, 1994)
Facce diffidenti quando passa lo straniero in sclero, teso vero
Vesto scuro, picchio la mia testa contro il muro
Sono io l’amico di nessuno stai sicuro”
È con queste parole che Neffa apre “Lo straniero”, terza traccia del disco e probabilmente tra le più iconiche, divenuto inno per chi, come loro, si sente estraneo al mondo che lo circonda.
Quello dell’emancipazione è forse il tema principale su cui l’intero progetto si sostiene. La differenza che i tre protagonisti sentono nei confronti degli altri li porta a sentirsi isolati, non rappresentati, relegati ad un’esistenza vincolata dalle decisioni di altri con cui non condividono ideali e visioni.
“Resto fuori dalla moda e dallo stadio
Sangue Misto – Lo Straniero (SXM, 1994)
Fuori dai partiti e puoi giurarci, io non sono l’italiano medio”
Queste due barre sono probabilmente l’emblema della capacità dei Sangue Misto di riassumere in pochissime parole problemi di portata nazionale. Con queste due frasi Neffa parla direttamente a tutti i ragazzi come lui che percepiscono la politica come inutile e fallimentare dopo gli scandali degli anni precedenti.
Parla a quei ragazzi che come lui ascoltano hip-hop e credono in quegli ideali che dagli Stati Uniti si stanno affacciando ora all’Italia. Per far capire quanto il movimento fosse già importante negli States basti pensare che “Straight Outta Compton” degli N.W.A., all’epoca, contava già cinque primavere sulle spalle, e nei due anni prima di “SXM” rispettivamente uscivano “The Cronic” di Dr. Dre (1992) e “Enter the Wu-Tang” del Wu-Tang Clan (1993).
Finalmente anche qui i ragazzi che in queste figure vedevano dei portavoce, potevano avere qualcuno in cui rivedersi, e che soprattutto parlasse delle loro stesse problematiche nella loro stessa lingua. Perchè si, gli argomenti del rap in quegli anni erano tendenzialmente gli stessi sia oltreoceano che a Bologna, ma le declinazioni ovviamente erano differenti.
La politica veniva trattata in entrambi i paesi, ma se il centro dell’attenzione negli USA erano il razzismo e le gang, qua diventavano la classe politica ormai allo sbaraglio e le differenze di classe sociale.
La politica, ovviamente, non era l’unico proiettile nel caricatore dei Sangue Misto. Il linguaggio incisivo, diretto e le tematiche forti per l’epoca risultavano come un fulmine a ciel sereno nella musica italiana, in questo momento dedita a quella “musica leggera” che stava vivendo una nuova primavera grazie ai nuovi nomi in rampa di lancio, come Max Pezzali (ai tempi ancora 883) o Eros Ramazzotti, destinati a diventare veri e propri mostri sacri negli anni a venire.
In una musica quasi anestetizzata dalle ballate romantiche e dal rock leggero di Vasco Rossi, tre ragazzi che parlavano di quante porre fumassero e di come quest’abitudine fosse un qualcosa di collettivo, rappresentavano una vera e propria minaccia al sistema musicale, ancora pressochè “lobbystico” nell’approccio. Non a caso “La porra” e “Fattanza blu” sono tra i brani più ricordati di “SXM”.
Queste erano le componenti più d’impatto del disco se contestualizzato al periodo d’uscita, ma se lo prendiamo per la pietra miliare che è ci accorgiamo di come i propri lasciti ai posteri siano ancor più importanti del disco in sé, ovviamente inferiore per mezzi e qualità rispetto ai prodotti ad alto budget dei tempi correnti.
Grazie a “SXM” infatti, migliaia di giovani aprono gli occhi sulla possibilità d’importare quel suono americano e metabolizzarlo in una nuova forma. Grazie a questo disco i ragazzi pensano letteralmente “ah, ma allora si può fare anche in italiano” dando il via a innumerevoli sperimentazioni che hanno portato alla scena che oggi ci troviamo davanti agli occhi, con i suoi pro e contro.
Fin da subito Neffa e Deda hanno portato nell’immaginario collettivo concetti che ricorrono ancora oggi, seppur in modi diversi: la “ballotta” di cui cantavano è poi così diversa dalle trap house del 2016 e dalle trenches del 2024? Le porre non fungono la stessa funzione della lean per la trap, o della cocaina per i Club Dogo? I “cani sciolti” che di notte animavano le strade di Bologna nei racconti dei Sangue Misto sono così distanti dai concetti odierni di gang o di crew?
Naturalmente per ognuno di questi concetti e di queste similitudini ci si potrebbe fare un discorso ed un articolo a se (non è da escludere che ve lo proporremmo noi stessi, in futuro), qui la mia intenzione era semplicemente quella di rendere a pieno l’idea di quanto mastodontico sia il lascito di “SXM”.
Se ancora non è sufficiente vorrei ricordarvi di come i due artisti (tecnicamente quattro) più importanti per la diffusione del genere anche nelle classifiche, Fibra e i Club Dogo, abbiano citato palesemente questo disco in due dei loro pezzi più iconici. Nell’outro del brano “Applausi per Fibra” l’artista riprende due barre di “La porra”:
“La porra (bum bum cha, chico bum bum cha)
Sangue Misto – La Porra (SXM, 1994)
Bum bum cha, chico bum bum cha
E qui chi c’è? (qui chi c’è?), la N. E. la doppia F. A.”
che diventa
“Bum bum cha, Fibra, bum bum cha cha
Fabri Fibra – Applausi Per Fibra (Tradimento, 2006)
Applausi per la F-I, la B, la R-A”
I Club Dogo, addirittura, in “Penna Capitale” hanno riproposto l’intero brano “Cani Sciolti” secondo la loro personale visione.
Potremmo star qua a parlare di quanto questo disco sia stato iconico e di quante conseguenze visibili ancora oggi abbia comportato nella scena, ma non è il mio intento con questo articolo. La mia intenzione è di raccontare in maniera quanto più esaustiva perché questo disco, a distanza di trent’anni, andrebbe ascoltato da chiunque veramente innamorato di questa cultura, un po’ come a scuola viene studiata la storia per capire meglio il mondo che ci circonda.
Ecco, in un mondo hip-hop in cui gli ideali stanno scomparendo in favore del vile denaro, studiare le origini e capire perché siamo arrivati dove siamo, dovrebbe essere sacrosanto, e “SXM” dovrebbe essere, per tutti, la Bibbia del genere.
Nessun commento!