Il tre giugno è la data selezionata da Dani Faiv per il grande ritorno dopo un periodo che l’ha visto protagonista di grandi cambiamenti, a partire dalla sua separazione col brand Machete avvenuta ormai più di un anno fa, i cui motivi ora come ora ci interessano poco. Quello che ci interessa è dove è arrivato oggi, ovvero il suo nuovo disco “Faiv”.
Il disco è stato anticipato da quattro singoli, rispettivamente “Anno Zero”, datato undici mesi fa, “Luna nera”, “Facce vere” in collaborazione con Nayt e, infine, “Foto di noi” con Drast degli Psicologi. Questa serie di pubblicazioni va analizzata come un’entità propria, dal momento che, col senno di poi, ci racconta il percorso che ha portato l’artista da “rapper di Machete” alla nuova dimensione che troviamo nell’album come un diario autobiografico del periodo, un racconto, ma anche una cronostoria della sua evoluzione.
Il primo singolo è una sinfonia del risentimento, verso tutto e tutti, con qualche velata (ma non troppo) critica all’industria musicale e alla sua vecchia crew, sfogandosi dell’annata tremenda che lui – e noi tutti – abbiamo passato nel 2020, nel periodo peggiore della pandemia.
Due mesi dopo arriva “Luna Nera” un pezzo che rimanda molto al suo periodo d’esordio, con uno stile riconducibile a “The Waiter” e “Teoria del Contrario Mixtape” che l’hanno presentato al grande pubblico e ha fatto affezionare la prima ondata di fan alla sua musica. Un chiaro segnale che Dani stava scavando nel suo passato (aspetto che si può notare anche nelle tematiche di cui parla), alla ricerca del suo vero io che si era un po’ andato ad offuscare nel periodo di Fruit Joint a favore di un nuovo immaginario affine all’happy trap.
“Facce Vere” arriva dopo un periodo abbastanza lungo di pausa, circa sette mesi, presumibilmente il tempo di lavorazione dell’album, come prima vera anticipazione del nuovo stile che intende portarvi, con lo stile tecnico che ha da sempre contraddistinto il suo modo di scrivere accompagnato ad una nuova attitudine. Due mesi dopo chiude il cerchio con l’ultimo singolo, poche settimane prima del disco, che porta un pezzo inedito per Dani, nell’accezione stilistica del termine, che ce lo rende sereno e pronto per nuove sfide ed esplorazioni di nuovi stili.
E così giungiamo a “Faiv” il nuovo album, quello che viene considerato un po’ da tutti come la rinascita della fenice dalle ceneri scaturite dal rogo divampato dalla frizione tra lui e la sua vecchia crew, che all’ascolto rispecchia esattamente questo e quel percorso che ci ha anticipato.
Il progetto si apre con un intro che ha le vaghe sembianze e i tratti del colossal, con una sfarzosa grandiosità fatta di campioni lirici, violini, e una ricercatezza di suoni non indifferente, in un crescendo che accompagna la presentazione di Dani al suo nuovo io artistico, capace d’introdurre alla perfezione quello che verrà stimolando la curiosità, l’attenzione dell’ascoltatore e proponendosi come una vera e propria dichiarazione d’intenti.
Le restanti 15 tracce (45 sono i minuti totali) scorrono con estrema disinvoltura e piacevolezza; un fiume in piena di esperimenti riusciti che ci rimbalzano da un mood all’altro in un rollercoaster musicale che ci rende la varietà come punto focale del progetto. A questa base si accompagna un equilibrio persistente tra i brani, un livello costante che non ci da l’impressione che un pezzo sia meglio o peggio di un altro, non abbiamo la hit del disco che la maggioranza del pubblico al giorno d’oggi ricerca morbosamente. I pezzi sono tutti egualmente validi con l’attenzione del processo creativo che è condensata sul disco e non sulle singole canzoni, che dovrebbe essere la base nonché la normalità ma che, come purtroppo sappiamo, nel mercato odierno spesso viene meno a favore della ricerca, altrettanto maniacale, del singolo spacca-classifica da parte degli artisti tanto quanto gli ascoltatori. Qui invece l’album torna al centro dell’attenzione restituendoci un Dani Faiv maturo sotto il punto di vista artistico e umano, che lascia scorrere le richieste del mercato che si presentano quasi sotto forma di imposizioni concentrandosi su quello che importa a lui, scrivendo un disco a mente libera, che ci dimostra come questo possa essere la chiave per rilegare un lavoro di livello superiore alla media.
Come già detto, il rapper ligure si cimenta in diverse atmosfere, aiutato da un comparto sonoro di ottima fattura, grazie ai fedelissimi Strage e Kanesh che, producendo la quasi totalità dei beat, lo indirizzano senza prendersi il palcoscenico, permettendo al protagonista di interpretare come meglio crede, lasciando imprimere la sua impronta e la sua idea ad ogni aspetto; ne è un esempio la scelta dei featuring.
Gli ospiti sono “solo” sei (il virgolettato è d’obbligo, perchè come sappiamo la densità delle collaborazioni va contestualizzata), scelti accuratamente tra artisti dalla nomea consolidata e rapper meno mainstream, fino a Krishna, emergente ventenne originario di Bari, probabilmente sconosciuto ai più ma capace di non sfigurare al pari delle più blasonate apparizioni (come Emis Killa e Gemitaiz). Ognuno degli artisti presenti da un valore aggiunto che contribuisce a valorizzare il pezzo a cui partecipa, non oscurando mai l’ospitante anzi, bilanciandosi perfettamente con esso e con lo stile che sceglie di portare.
Per tutto l’arco del disco Dani sembra ricercare sé stesso, ripercorrendo il suo percorso e ripartendo da tutti i dettagli che sa fare meglio, ovvero scrivere con occhio critico arricchendo i testi grazie a delle ottime capacità tecniche, giochi di parole e punchline d’effetto. A queste basi utili a mettere a suo agio sé stesso ed il suo pubblico aggiunge una buona dose di evoluzione, con nuovi flow e linee vocali fino ad arrivare a veri e propri esperimenti come “Venezia”, forse l’unico pezzo che potrebbe elevarsi a “hit del disco” per il tipo di sonorità che porta, con una percentuale di cantato molto maggiore a quanto siamo stati abituati in passato da lui, e “How to”, pezzo che a primo impatto potrebbe sembrare quasi uno skit ma che in realtà è tra quelli dalla critica più forte, seppur per puri gusti personali lo ritengo quello musicalmente più debole e leggermente distaccato dal complesso.
In conclusione Dani Faiv è tornato rimettendo in chiaro tante cose che riguardano la sua carriera ma non solo, con un disco che ricorda, a chi se lo fosse dimenticato, perchè al momento dell’esordio questo ragazzo aveva tutti gli occhi puntati addosso. “Faiv” è un progetto che definisce le linee guida riguardo a come tornare in grande stile dopo un periodo di vicissitudini, e come fare un disco in generale. Perchè un disco completo come questo, che spicca coprendo una gamma così ampia di tipologie di traccia, in tempi recenti, è difficile trovare.
Quindi fermatevi un attimo, ripercorrete insieme a Dani il percorso che l’ha reso quello che è oggi e ascoltate quello che ha da dire, perché in un momento storico di musica fast food questo è un disco alla vecchia maniera, “da ristorante”, che richiede più ascolti per essere compreso nella sua interezza e che, a differenza di altri progetti di elementare comprensione, merita attenzione e metabolizzazione.
Nessun commento!