“Monster” è un termine che può assumere molti significati. Può essere l’entità oscura su cui s’incentra un film dell’orrore, un essere umano macchiatosi di azioni così impure da trascendere la stessa condizione di persona, può infine essere una condizione più profonda, inconscia, che a vari livelli è presente in ognuno di noi, il mostro interiore che si palesa sotto forma di cattivi pensieri, eccessi o sfoghi che condizionano la nostra esistenza.
Il quarto album di Noyz Narcos (quinto se consideriamo anche “La Calda Notte” con Cichoria) si può considerare una sorta di punto d’incontro tra tutte queste sfaccettature della stessa parola.
Coesistono la creatura figlia dell’horror, i crimini violenti e i cattivi pensieri. Se nei precedenti progetti queste figure sono state dominanti, qui assistiamo ad un dialogo con esse, la loro presenza è messa in secondo piano rispetto a quello che è effettivamente il protagonista del disco: l’artista stesso.
Noyz per la prima volta mette sul piatto una dose di introspezione atipica per quello che è stato il suo percorso, arrivando perfino a proporre una sua versione dei pezzi love rimanendo comunque truce nella personalissima “My Love Song”. La forza di questa nuova scelta espressiva, per la carriera di Noyz, sta nell’arrivare a veicolare quella rabbia che fino a quel momento era stata sfogo in una direzione più costruttiva, accettando di non essere più uno dei tanti ragazzi ai margini della società, ma di essere diventato per loro fonte d’ispirazione, la voce di quelli che fino a quel punto erano suoi pari.
Uno dei tanti apici disco è sicuramente “Attica”, uno dei brani più iconici di tutta la carriera del Noyz. Un brano riflessivo ma ugualmente segnato da quell’esperienza borderline e truce dei primi anni di carriera. Lo stesso rapper ormai trentaquattrenne si sente diverso e cambiato, inizia a provare nostalgia per quel “Monster” grottesco ma seducente.
“Volo a un palmo dall’asfalto co’ ‘ste Flight nuove
Noyz Narcos – Attica (Monster, 2013)
Tutte le ho provate buone, se morivo a ventinove
Se qualcuno ancora si commuove per questa generazione
Non c’ha chiaro il punto della situazione
Ritornasse il ’99, avessi Roma di quel tempo indietro
Vi prospetterei un futuro meno tetro
Spizzo nel retrovisore con la sensazione de essere seguito
Sempre a tavoletta quando guido”
L’anno è il 2013, sono passati tre anni da quel “Guilty” che gli ha permesso di essere riconosciuto come un rapper di caratura nazionale. In questo periodo sono arrivate collaborazioni importanti, la più famosa probabilmente è “Cocaina” con i Club Dogo, che aiutano a cementare nel pubblico la sua figura, creando aspettativa verso il nuovo progetto, utile far fare il passo successivo alla carriera di Noyz, il salto definitivo nel circuito dei nomi che contano, dei big del rap italiano.
L’accettazione del nuovo bagaglio di responsabilità porta il rapper romano a interrogarsi sul suo operato e sulla direzione da prendere per fare in modo che quella voce popolare che ha riscosso tanto consenso possa continuare la sua marcia trionfale anche al di fuori della sua città, quella Roma che ha raccontato in ogni suo sanpietrino. Si rende conto che l’ultraviolenza di kubrickiana memoria può essere un limite a questo punto, la narrazione deve cambiare pur non snaturando la sua scrittura e la sua capacità di parlare alla gente.
L’horror muta in noir, il sangue che cola dalle pareti diventa contorno di una narrazione sempre cupa, tetra, ma meno violenta. Lo splatter si trasforma in abile regia capace di inquadrare alla perfezione i mostri che popolano le strade, quell’orrore che finora era suscitato dalle sue parole rimane, ma ad opera dei protagonisti del suo racconto.
Ci sono due brani che credo raccontino al meglio questa transizione: il primo è “Game Over”, storytelling colmo di citazioni alla cultura cinematografica (e non solo) che ha formato l’immaginario di Noyz. L’Overlook Hotel di “Shining” diventa il paragone con gli ambienti frequentati dal rapper e la morte che ne impregna le assi di legno si palesa in quell’autodistruzione che i vizi della vita comportano.
Nonostante sia il brano più riconducibile ai dischi precedenti, mostra anch’esso un linguaggio più edulcorato, escludendo quindi la violenza e l’estremizzazione dalla scrittura in sé, ma arginandola alle immagini che si creano nella testa dell’ascoltatore.
“È notte fonda nell’albergo
Noyz Narcos – Game Over (Monster, 2013)
Quando varco il vetro che attraverso
Un occhio sull’ingresso da sotto i Persol
‘Sti corridoi strascicanti co’ i tappeti rossi da omicidio
Sul triciclo, sopra all’orlo di un suicidio
‘Sto mezzo litro di miscuglio dentro una bottiglia di Zubrowska
Sono al capolinea, ultima matrioska
Per il vostro affezionato
Cranio vivisezionato in parti pari
Back to the lab, doc Calligari”
Il secondo pezzo è “Via Con Me”, altrettanto crudo e tetro, ma in modo diametralmente opposto. Qui forse assistiamo al primo esempio del “secondo Noyz”, quello del futuro, che inizia ad accorgersi del percorso fatto e del tempo che passa, e guarda a quel racconto con malinconia. Se il primo era l’ansia e la corsa verso la morte di “Shining” qui ci troviamo di fronte ad un “L.A. Confidential” ambientato per le vie della capitale, laddove l’avvicinarsi della morte non risulta punto cardine ma motivo per riflettere.
“Ho una bottiglia, aspetto di svuotarla pe’ spaccarla al muro
Noyz Narcos – Via Con Me (Monster, 2013)
Sopra una panchina sotto questo cielo scuro
Sopra un tavolo da gioco gira la roulette
Nel tamburo del revolver il proiettile
Ritorni in bianco come al punto di partenza, girerà pazienza
Ci campavo mejo quando stavo senza
Staccherò le scarpe dal terreno, lascerò la terra
Fumandomi i miei problemi in questa canna d’erba”
È da questa riflessione parte il fulcro dell’intero progetto, il dialogo con quell’onnipresente “Monster” all’interno del rapper che l’ha guidato finora, croce e delizia della sua esistenza, capace di farne le fortune ma, allo stesso tempo, di portarlo all’autodistruzione.
Questo scontro si palesa alle orecchie dell’ascoltatore nella title track, dove la voce di Noyz si alterna perennemente con quella distorta che coesiste. Dr Jekyll e Mr Hyde che si alternano per la prima e unica volta, lo scontro finale per esorcizzare i propri demoni, che porterà inevitabilmente ad una presa di coscienza ed un mutamento.
È proprio dal brano “Monster” che avviene la trasformazione in un vero e proprio rapper, figura che prima non corrispondeva pienamente a Noyz. Le atmosfere metal si mitigano, inizia a percepirsi un’attenzione a quella competitività tipica del rap game che fino a quel momento non avevamo mai avvertito nei suoi pezzi.
Se prima era l’alternativa ai rapper canonici, era la figura di rottura a cavallo tra rap e metal che interessava più ai fruitori del secondo, ora si rende conto di non potersi sottrarre a questa identificazione, capisce di avere delle responsabilità verso chi ha creduto in lui e che l’hanno spinto fino a questo punto, e verso quelli che verranno. È da qui che iniziamo a vedere le prime tracce del Noyz Narcos che poi sentiremo in “Enemy” e “Virus”.
“Grondi blue blood, sempre cool mo, sempre true bloods
Noyz Narcos – Rome Calling (Monster, 2013)
Sembri la mia copia non sei Narcos, no
Kamikaze style, mejo wild boys, dai Duran Duran
Vuoi emozioni forti? cerca il TruceKlan
Undertop dall’Underground riconosci il sound Propaganda Narcos Noyz, Truceboys Banda”
L’odio per le istituzioni diventa denuncia sociale, le chitarre metal lasciano al posto a produzioni maggiormente rap. Il ribelle si eleva a portavoce, il male subito viene tramutato in possibile bene per gli altri. Il “Monster” protagonista viene messo ai margini, del progetto e della carriera, lasciando il posto al rapper, alla persona dietro ad esso. Con Roma onnipresente sullo sfondo Noyz Narcos si staglia sul campo deserto di una battaglia ormai vinta. È una nuova alba sulla città eterna, è un nuovo inizio per un big consacrato come tale.
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