Non si può parlare di “Squallor” senza partire da qualche mese prima, da quello che è stato il più importante dissing della storia del rap italiano, oltre che per i nomi coinvolti anche per il contesto in cui tutta la faida è avvenuta.
Siamo nel 2014 e il mondo si sta rapidamente adattando ai nuovi mezzi di diffusione e alle possibilità offerte dai social network, e in questa situazione di capillarità le notizie viaggiano come non mai.
È il 18 marzo quando viene pubblicato “Dadaismo”, album del producer Deleterio che vede al suo interno la traccia “Zombie” con Fabri Fibra, il seme della discordia che da ufficialmente il via al dissing vero e proprio, uscita come terzo ed ultimo estratto un paio di settimane prima, precisamente il 4 marzo.
Nella terza strofa del brano, più nello specifico nelle ultime barre, c’è la risposta del rapper di Senigallia ad alcune dichiarazioni poco felici di Vacca in alcune interviste, in cui lo accusava di non essere più considerabile un rapper e di essersi dato alla musica pop; il più classico delle accuse al grido di “sei commerciale” che tanto andava di moda post 2010.
Fibra sceglie di fare nomi e cognomi giocando sugli scarsi risultati numerici del sardo e sul suo trasferimento in Giamaica:
“Fanno il mio nome per essere presi sul serio come se fossi Gesù
Deleterio, Fabri Fibra – Zombie (Dadaismo, 2014)
Nessuno ti conosce innominato
Non sei mai cresciuto sei un cartone animato
O la roba spacca
O l’artista scappa
Via da qui e sparisce tipo in Cecoslovacca”
Da qui seguiranno “Il Diavolo Non Esiste” il 7 marzo, risposta di Vacca e primo vero singolo che riguarda esclusivamente il diverbio tra i due, “Niente Di Personale” il 24 marzo, “Nella Fossa” il 3 aprile, “Fatti Da Parte” il 30 aprile e “Ritarducci”, il cui video ufficiale risulta irreperibile così come la sua data di uscita, ultimo episodio che di fatto pone fine al dissing.
In tutto ciò ci sono due aspetti che ci interessano per l’analisi di “Squallor”.
Innanzitutto è in “Niente Di Personale” che Fibra annuncia per la prima volta il disco – prima e unica vista la scelta di non schedulare alcun tipo di promozione -: una sorta di sciopero volto a denunciare le meccaniche troppo volte al risultato commerciale che riducono al minimo il contenuto e la valenza artistica dei dischi, ma anche a dimostrare che i risultati ottenuti fino a quel momento non sono merito della major, sono interamente riconducibili all’artista.
Dopotutto, se un disco pubblicato a sorpresa di cui nessuno sa nulla avesse raggiunto risultati commerciali importanti, sarebbe stata la dimostrazione definitiva che è l’etichetta ad aver bisogno del rapper, e non viceversa; dinamica non scontata in quegli anni.
Il secondo fattore di interesse è l’introduzione che troviamo a quelli che poi saranno gli argomenti cardine del disco.
Per tutto il dissing le tematiche vertono sì su aspetti personali dei due, con l’intento di umiliare l’avversario, ma (soprattutto lato Fibra) anche su aspetti lavorativi, come il successo numerico e monetario che l’uno ha riscosso rispetto all’altro, sulla qualità del rispettivo operato e sui rispettivi approcci alla scena rap, consci che quanto detto sulla vita privata, in assenza di prove, ha una valenza relativa.
Le immagini che ne risultano sono quelle del “raccomandato” dalla major che riscuote successo e fama anche grazie a dei compromessi, contrapposto al b-boy fedele all’hip-hop e ai suoi principi che è finito con l’essere vittima del suo stesso rigore.
Ma chi ha ragione tra i due? Capirete che è una zona grigia in cui divincolarsi risulta pressoché impossibile, soprattutto in quegli anni in cui le dinamiche del mercato musicale erano un mistero per il pubblico. Ed è qui che entra in gioco “Squallor”.
Vi abbiamo raccontato di come, finita la “trilogia” di Tradimento, Bugiardo e Controcultura, Fibra si trovasse smarrito dopo la chiusura di un ciclo, senza una chiara direzione da seguire, ricercata nei successivi due album in un tunnel di sperimentazione lirica e sonora non sempre apprezzata dai fan.
Ecco, qui invece la strada diventa di colpo chiara e un altro ciclo (quello degli esperimenti di “Rapstar” e “Guerra e Pace”) si chiude, raccogliendo i frutti di un percorso iniziato tre anni prima e gettando le basi per il proprio futuro. Se da un lato questo album mette a posto le cose con i fan riscattando i precedenti anni bui, dall’altro getta le basi che porteranno alla ricerca di se stesso degli album successivi.
La capacità di osservare il mondo intorno a sé è sempre stato forse il punto più forte del rapper di Senigallia: capace a più riprese di scovare i problemi e sollevare critiche spigliate, pungenti che permettessero all’ascoltatore di farsi delle domande prima sulla società (in “Bugiardo”), poi sulla classe dirigente, politica o imprenditoriale (in “Controcultura”), lasciando un solo settore ancora impunito, quello che gli permette di lavorare, quell’industria musicale che è stata sua croce e delizia per tutta la carriera, da rampa di lancio per uscire dalla provincia a marionettista senza scrupoli che lo allontana dal suo pubblico.
E “Squallor” nasce proprio da questo, dalla necessità di rivelare come funziona tutto l’enorme e allo stesso tempo impercettibile macchinario che lavora nell’ombra alle spalle degli artisti, che tesse le trame per spingere questo o quel cantante, per somministrare al pubblico i propri protetti a dosi alterne, in base a chi ha necessità di crescere o aspettare.
Lo stesso titolo riporta alla mente naturalmente la parola “squallore”, letteralmente “quanto induce un senso di desolante abbandono e tristezza” che riflette esattamente lo stato d’animo di Fibra mentre osserva il mondo della musica, fatto di “Troie in Porsche” in cerca di un “Playboy”, dove lui stesso si sente un “Alieno” laddove l’impegno che mette nella musica risulta inutile riducendolo a desiderare di essere “Come Vasco”, arrivando al punto di non doversi più preoccupare del contenuto ma solamente della forma e del franchising legato al suo nome, ma soprattutto dove ogni suo fan sembra accorgersi di tutto questo ma ci scende a patti facendolo esclamare “E Tu Ci Convivi”.
Potrei citarvi ogni brano, e da esso citare a sua volta porzioni di testo a sostegno della mia tesi, ma diverrebbe una disamina enciclopedica e inutilmente lunga, dopotutto basta ascoltare con attenzione il disco per rendersi conto di dove si va a parare. Anzi, basterebbe ascoltare quella che, a posteriori, è diventata la hit di “Squallor”, “Il Rap Nel Mio Paese”, che presenta anche il tanto chiacchierato dissing a Fedez, forse l’unica forma di promozione che questo album abbia visto. Ma quanto di più impattante è sicuramente il ritornello:
“Il rap nel mio paese
Fabri Fibra – Il Rap Nel Mio Paese (Squallor, 2015)
Non essere scortese
30 instore al mese
Vende il disco chi è in tele
Sotto stress l’ho capito a mie spese
Nessuno esiste se le telecamere non sono accese”
In sei barre Fibra è capace di sintetizzare quanto di marcio si è insediato nel rap dalla sua esplosione nel mainstream. Se questo non bastasse, nel brano precedente Fibra si concentra su ogni singolo aspetto di questa giostra malata, dall’incomprensione dei fan al senso di alienazione. La criptica “Cosa Avevi Capito?” andrebbe trascritta per intero per quanto rappresenta a pieno il concept del progetto, ma mi limiterò, come in precedenza, al ritornello:
“Punto al mito, tu cosa avevi capito?
Fabri Fibra – Cosa Avevi Capito? (Squallor, 2015)
Siamo qui per i soldi, tu cosa avevi capito?
Lo show è finito, tu cosa avevi capito?
Non sei il mio tipo, tu cosa avevi capito?”
Attorno a questo Fibra sceglie di ripetere in maniera ipnotica un mantra, diverso per ognuna delle tre strofe, che parla direttamente prima all’industria, poi al suo pubblico e infine a se stesso, accompagnato ad ogni barra da un particolare differente, una sfaccettatura che permetta a tutti di aprire gli occhi sul marcio ormai diffuso capillarmente, una vite del coperchio del vaso di Pandora.
Ma “Squallor” non è solo un’accusa, un puntare il dito. È anche un’occasione di mettere se stesso in primis sotto la lampada dell’interrogatorio, a chiedersi se non sia Fibra stesso parte del problema. Ce ne accorgiamo in “E.U.R.O.” con Clementino, dove il focus si sposta sulla permissività degli artisti alle richieste dall’alto, a fronte di compensi faraonici (per l’epoca) a cui nessuno di loro è abituato. Il Dio denaro attira tutti, e tutti prima o poi finiscono per scendere a compromessi:
“Ero un rapper onesto, prima dell’arrivo dell’euro
Fabri Fibra – E.U.R.O. feat. Clementino (Squallor, 2015)
Ero un rapper serio, prima del quarto zero
Prima del quarto zero
Prima del quarto zero
Ero un rapper serio, prima del quarto zero”
E lo stesso Clementino rimarca la dose scoprendo ancor di più le carte, mettendo ulteriormente in chiaro le cose:
“Sound ca caccia che i soldi
Fabri Fibra – E.U.R.O. feat. Clementino (Squallor, 2015)
Se lo fai per lavoro t’o cantamm ancora in coro
(Prima) ero un rapper onesto questo è garantito
(Ora) è una rapina organizzata mi hai sentito”
Con la presa di consapevolezza di questa colpa parziale che esso stesso porta sulle spalle arriva anche un senso di malinconia che accompagnerà Fibra per i dischi a venire “Fenomeno” e “Caos”, che forse per la prima volta lo spinge a fare i conti col suo passato, a chiudere i conti in sospeso, a fermarsi per la prima volta dopo oltre dieci anni di carriera con la consapevolezza di non aver più nulla da dimostrare e di aver finalmente la libertà di concentrarsi su se stesso.
È da questa nuova necessità che nasce l’unica traccia effettivamente introspettiva di “Squallor” che porterà poi a brani come “Stavo Pensando a Te” e “Il Tempo Vola”: “A Casa”. Un flusso di coscienza sulla sua carriera, la sua necessità di scrivere, il suo nascere in provincia per arrivare in città e, in generale, la sua vita e il suo percorso.
Anche qui, ancora una volta, lo spessore del testo mi imporrebbe di riportarlo per intero, ma mi limiterò a scegliere per voi quattro barre che riassumono bene la riflessione che ha portato a questo e che, successivamente, porterà alla nuova (e presumibilmente ultima) fase della carriera di Fabri Fibra:
“Troppo tempo che sono in viaggio, un saggio, un passaggio
Fabri Fibra – A Casa (Squallor, 2015)
Sto camminando solo nel deserto del linguaggio
Preso in pieno dal rap, tipo spara, colpito
Sono un treno di idee con sopra un graffito”
Ma come si suol dire non tutti i mali vengono per nuocere, e questa lunga e minuziosa riflessione porta agli occhi di Fibra anche aspetti del mercato che gli permetteranno di essere, ancora una volta, avanti a tutti, a partire dalla presenza di numerosi featuring tra i nomi più caldi della scena come Marracash, Guè, Salmo, Gemitaiz e Madman e la scelta di inserire un nome internazionale, il francese Youssoufa.
In più arriva la comprensione del dinamismo e della velocità a cui il mercato si muove e il costante abbassamento della sogli d’attenzione del pubblico, aspetto che non influirà sul suo modo di lavorare ma che sicuramente gli ha permesso di mantenere uno status da top anche abbassando i ritmi di pubblicazione.
Vorrei chiudere come lo stesso Fibra chiuse a suo tempo “Squallor”: ognuno di noi, nel 2015, si sarà detto “Voglio Sapere” quello che succede dietro le quinte, il perché determinate cose vanno in una o l’altra direzione nel rap game. Questo disco ci ha dato una quantità enorme di dati e informazioni, scoperchiando quello che all’epoca era a tutti gli effetti un vaso di Pandora, ma lasciandoci altrettanti dubbi.
Il tempo e l’evoluzione esponenziale del genere in Italia non ha fatto altro che dargli ragione, rivelandoci ancora una volta come la sua capacità di leggere in anticipo, interpretare e restituire a noi sotto forma di musica ogni particolare che lo circonda sia una dote realmente fuori dal comune.